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Channel: Colpi di Scena
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TUTTI PAZZI PER LE WEB SERIES…

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Il mondo della web fiction appare sempre più effervescente, grazie a coraggiose produzioni che realizzano serie innovative che non hanno nulla da invidiare a quelle americane. INDIGO, INSIDE, BYMYSIDE E GRAGE PICTURES: APPROCCI DIVERSI AL WEB ENTERTAINMENT.

Iniziativa crossmediale che sembra mescolare realtà e fantasia, Una mamma perfettaè una serie in 25 episodi da 8 minuti ciascuno. A partire da aprile le puntate andranno in onda sul web, sul sito www.corriere.it, ed in seguito è previsto uno sfruttamento televisivo da parte di Raidue. La serie è ideata e diretta da Ivan Cotroneo, già autore delle fortunate serie Tutti pazzi per amore e Una grande famiglia, e sarà interpretata da Lucia Mascino, Fausto Sciarappa, Alessia Barela, Anna Ferzetti, Vanessa Compagnucci, Biagio Forestieri, Sergio Albelli e Luciano Scarpa. Dopo la produzione Kubrick di Magnolia, è la seconda volta che una produzione di alto livello si accosta all’universo delle web series. In questo caso è la Indigo Film di Nicola Giuliano a tentare l’esperimento con mezzi abbastanza importanti, 6 settimane di riprese e una distribuzione bene individuata, che gioca sia sul fronte di internet che su un secondo fronte televisivo. 
“Allora. Dunque. Mi chiamo Chiara Guerrieri, ho trentanove anni, vivo a Roma, ho un marito, due figli, un lavoro che mi piace, una casa.”, inizia a raccontarsi così la protagonista della serie. Ogni giorno, in 8 minuti, Chiara ci racconta la sua giornata. Il suo diario quotidiano segue gli impegni settimanali della donna: le riunioni al lavoro, le partite di calcetto del figlio, le lezioni di ginnastica ritmica della figlia, la richiesta dei figli di avere pane e uvetta, il cappuccino con le amiche dopo aver accompagnato i figli a scuola. Ogni giorno Chiara si rivolge allo spettatore, in modo meta-cinematografico, e racconta se stessa con ironia, il suo essere madre ed il suo essere moglie. Come si legge nelle note dell’autore, questa anti-eroina dà voce alle persone che si sentono in affanno, in comico equilibrio tra quello che ci viene richiesto e quello che invece riusciamo a essere. “La commedia quotidiana è virtualmente dedicata a tutte le persone che si sentono incomplete e che non sanno che nella loro incompletezza.”
Basata su un’idea che non è rivoluzionaria ed è lontana anni luce dal target dei cybernauti, Una mamma perfetta sconta la sua natura ibrida e appare strizzare l’occhio ad un pubblico televisivo adulto. Naturalmente saremmo felici che questa nostra prima impressione fosse smentita dai fatti, ma per il momento sottolineiamo che la tematica e l’approccio non esaltano la libertà anarchica dei prodotti nati per il web e legati ad un pubblico più giovane.

Che le web series non siano un semplice intrattenimento di nicchia ma un vero e proprio fenomeno mediale lo dimostrano i numeri impressionanti di utenti che attirano e i personaggi del mondo dello spettacolo che prestano i loro volti alla serializzazione on line.
Un nome tra tutti: l’ex gieffino Luca Argentero, con la società "Inside", che individua i suoi spettatori in una fetta di pubblico giovanile, offrendo prodotti targetizzati su una precisa fascia di utenza. Argentero è protagonista di una serie noir dai toni surreali, The Waiting, seguita in rete dalla bellezza di più di quattrocentomila spettatori, ma è anche produttore per il cinema dell’originale horror Evil Things - Cose cattive, girato in inglese con s106.000 euro di budget. I sei brevi ed intriganti episodi di The waiting, che parla di perdita d’identità e di diversi misteri, hanno trainato l’arrivo della Nuova Clio, la quarta generazione dell’auto francese. Si tratta quindi di un prodotto finanziato dalla Renault. Oltre al fascinoso Argentero, nel cast di The Waiting ci sono anche Silvio Castiglioni e Alice Torriani. Per vedere tutti i protagonisti della serie, i suoi contenuti speciali e le interviste ci si può registrare sul sito www.waiting4clio.it.

Tra i tanti titoli di serie in circolazione da segnalare Capatonda con il suo Babbala e il ragazzo idiota (visibile su Flop Tv) e Flep, che racconta con ironia la precarietà nel mondo del lavoro e il rapporto con le nuove tecnologie. E ancora: The Pills, sketch comedy al confine tra surreale e grottesco. The Last day, 5 puntate da 5 minuti, vede come protagonisti in un lussuoso loft sei giovani attori italiani: Matteo Branciamore, Nathalie Rapti Gomez, Andrea Moltovoli, Lucrezia Piaggio, Emanuele Propizio e Piero Cardano. G&T invece racconta le vicende di due ragazzi: Giulio, omosessuale, e Tommaso, eterosessuale, le cui vite si intrecciano per un amore quasi impossibile. Youtuber$ ha nel suo cast stellare giovani attori visti in tante fiction: Andrea De Rosa, Carlotta Tesconi, Tommaso Arnaldi, Brenno Placido, Federico Maria Galante, e guest star del calibro di Fiorello e di Max Giusti.
 A fare molto sul serio c’è un altro attore che si muove sotto il segno del web nudo e puro. Flavio Parenti (apparso anche in To Rome with love di Woody Allen e interprete di Un Matrimonio, fiction di Pupi Avati) ha creato la “Bymysidewebseries”, casa di produzione specializzata in format per il web, e da un paio di mesi ha debuttato su Youtube il suo Days: The Crossmovie che già fa discutere (http://www.youtube.com/watch?v=fnczQWnUM-8).
Sulla scia di serie tv abbastanza radicali come Evolution e Lost, la storia è ambientata in un scenario apocalittico ed offre una visione distopica del futuro: crollata l’economia di mercato, l’Italia è alla deriva. I quattro protagonisti (Matteo Alfonso, Pierluigi Pasino, Fiorenza Pieri e Eros Galbiati, quasi tutti provenienti da esperienze con il Teatro Stabile di Genova), un ex calciatore, una ragazza scapestrata e due giovani qualunque, cercano di capire cosa sia successo e a che cosa sia dovuto il crollo del sistema capitalistico. Tentano di ricevere messaggi su internet, fuggono dalle grandi città post-catastrofe e si ricostruiscono una nuova esistenza in un luogo isolato e suggestivo, rappresentato dalla fortezza settecentesca de La Cittadella di Alessandria.  
 Un budget dichiarato di 25 mila euro, Daysè un prodotto unico al mondo per la possibilità di fruirlo in infinite declinazioni, tante quante sono i suoi utenti e le loro selezioni virtuali. Infatti ogni spettatore può scegliere quale dei protagonisti seguire e quali svolte privilegiare della storia, in una sorta di riscrittura continua e di rimontaggio interattivo. Cliccando sui video on line si aprono le diverse piste narrative e si aprono le diverse scelte. Flavio Parenti ha il merito innegabile di evitare il prodotto ibrido, di aver scartato l’idea che una serie pensata per il web possa poi migrare sul piccolo schermo ed essere vista dal pubblico televisivo. Invece punta tutto sull’estetica del medium in cui si esprime. L’obiettivo è raggiungere le 100 mila visualizzazioni e coinvolgere gli sponsor, ai quali offrire la possibilità di entrare nel vivo della trama attraverso slot narrativi con un valore commerciale che va dai 10 fino a 10.000 euro.

Un ottimo esempio di società indipendente non “romano-centrica”, che si sta facendo le ossa nel settore del web entertainment, è la Grage Pictures, già attiva nel settore dei cortometraggi, degli spot e delle videoclip. Sul canale appositohttp://www.youtube.com/user/RobyvsJetli?feature=mhee si potranno visionare tutti i prodotti firmati dalla pugliese Grage Pictures, tra cui il fumettistico Scary Tales ed il potente e surreale Dylan Dog. Il trillo del diavolo, tratto dal celebre personaggio di Tiziano Sclavi. Finora la punta di diamante della produzione sembra essere A.Z.A.S. All Zombies Are Stupid, realizzata in collaborazione con la compagnia teatrale "Cicci Ti Santa", per la regia del tarantino Roberto D’Antona, classe 1982. Da cinque mesi presente sul canale youtube, AZAS si muove tra il genere comico e quello horror e non rinuncia a felici contaminazioni col genere gore, il trash, la parodia, il non sense e la commedia giovanilistica. Opera citazionista e di gusto cinefilo, viene sviluppata in 5 puntate da 15 minuti ciascuna (forse un po’ troppi per la fruizione su internet, ma scorrono in maniera godibile). La serie parla di morti viventi un po’ diversi da quelli della serie americana The Walking Dead, degli zombie orrorifici e di quelli romantici del campione d’incassi Warm Bodies
 Roberto D’Antona e Francesco Emulo, giovani sfaccendati che non sembrano sveglissimi, sono appassionati di videogiochi e di tutto ciò che ha a che fare con i morti viventi. Un dottore che è loro amico, Michele Friuli, scopre VIRUS T-ICK, un virus in grado di portare in vita i morti, ma quando ne viene a conoscenza il Sindaco Biagio Sampietro, darà l’ordine ai suoi "scagnozzi" di spargere il virus nel paese per costruirci un nuovo parco divertimenti, lo ZOMBIE PARK, così da poter diventare ricco. Ma la città presto viene infestata dagli zombies…  
Ultimo prodotto in cantiere alla Grage Pictures, ancora in fase di lavorazione, merita una menzione particolare Johnny, una serie thriller dalle sfumature psicologiche ideata per il web e sponsorizzata da RaiGulp e RaiMovie, che risulta essere per la factory delle Puglie il suo lavoro più impegnativo e ambizioso.


UN THRILLER AL CARDIOPALMA CHE RACCONTA LA LOTTA DELLA POLIZIA ALLA 'NDRANGHETA

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Intervista a Leopoldo Viscomi, autore de "La zona verde". Ambientato tra Calabria, Lazio e New York, il romanzo sembra avere assimilato la lezione della suspense fiction d’oltreoceano e la voce di Viscomi è libera del provincialismo da cui sono affetti molti scrittori nostrani, dosando bene gli ingredienti della realtà e quelli della finzione e alternando le azioni spettacolari alle pause riflessive dei personaggi. Così il bene si trasforma in male e non esiste più una netta distinzione tra buoni e cattivi.

VENERDI' 15 MARZO: PRESENTAZIONE DEL ROMANZO A PARTIRE DALLE ORE 18 ALLA LIBRERIA GREMESE IN VIA BELSIANA, 22


Dalla prefazione del romanzo:
Nel corso degli ultimi anni non sono mancati i saggi, come “Fratelli di sangue” , “La Mala pianta” e “La giustizia è una cosa seria”, che hanno scandagliato la realtà della ‘ndrangheta snocciolando cifre e numeri impressionanti: 155 cosche, 6.000 affiliati, ramificazioni in tutto il mondo, traffico di armi e di droga dal volume d’affari impressionante, un potere finanziario che quasi gareggia con quello di Wall Street. Mancava, però – fino all’apparizione di questo romanzo -, un’opera che raccontasse il fenomeno criminale che non è solo calabrese e la lotta alla ‘ndrangheta nella veste della grande letteratura di genere. 


Abbiamo incontrato Viscomi per farci raccontare qualcosa in più sul romanzo e sull'autore.

Come nasce il tuo esordio letterario? Raccontaci della genesi del romanzo. 
Durante il mio lavoro di autore televisivo ho avuto la possibilità di conoscere da vicino gli uomini e le donne della DIA. Da questo incontro iniziò a balenarmi in testa la possibilità di scrivere un racconto in grado di unire la dura realtà della criminalità organizzata con la sottile seduzione della finzione di un romanzo.
 Il protagonista è indubbiamente il maresciallo Lomanno, ma i suoi colleghi, con le loro storie personali, sono altrettanto protagonisti e rendono il racconto un interessante percorso in grado di mettere in luce le debolezze della natura umana.


Fuori dalla retorica, cosa ti ha colpito di più del lavoro della DIA? 
Le difficoltà burocratiche…


Ne “La zona verde” parli della ‘ndrangheta come di una potente holding finanziaria con ramificazioni anche all’estero. Come fanno le cosche calabresi ad operare in altri paesi ed a muovere un così ingente flusso di danaro? 
Come la maggior parte delle organizzazioni mafiose che operano sul territorio italiano, anche la ‘ndrangheta può contare su appoggi politici e nel caso specifico anche su legami di sangue che sono indissolubilmente più forti di qualsiasi accordo.


Pensi che l’organizzazione della ‘ndrangheta sia stata sottovalutata negli ultimi tempi? Le forze dell’ordine hanno strumenti sufficienti per contrastarla? 
Dal mio punto di vista, sarebbe necessario far confluire più risorse. A volte operazioni complesse, che richiedono maggiori disponibilità finanziarie, vengono rallentate per la mancanza di fondi e questo comporta, non una sottovalutazione del problema, ma una consapevolezza di non riuscire a fare tutto il necessario.


Quali sono i tuoi modelli letterari e gli scrittori che più hai apprezzato da semplice lettore? 
Ho sempre amato gli scrittori d’oltreoceano come Jeffery Deaver, Michael Connelly, Robert Crais, Tom Clancy, ma l’acutezza di Camilleri non si discute.


Alcuni campani e calabresi non amano sentir parlare troppo delle organizzazioni criminali della loro regione. Saviano e altriscrittori impegnati sono osteggiati per le loro opere di denuncia. Cosa ne pensi delle polemiche che talvolta sorgono sull’opportunità di “vendere” una faccia migliore della propria terra e ripulire un’immagine deteriorata dalla cronaca nera? 
Da calabrese doc, ti posso confessare che sentire la proprio terra d’origine associata alle organizzazioni mafiose che vi operano crea in me un certo dispiacere, ma ciò non toglie che nascondere il problema equivalga a farlo scomparire.

Perché il titolo “La zona verde”? Da dove deriva? 
A questa domanda posso solamente rispondere che per scoprirlo è necessario leggere il romanzo…

Credi che il romanzo poliziesco, o comunque la letteratura di genere, possa avere un valore civile, un senso più alto di testimonianza? 
Sicuramente la letteratura di genere serve a descrivere una realtà che ci circonda  e inevitabilmente ad aiutare le coscienze a riflettere su certi temi che se non approfonditi verrebbero del tutto ignorati.

Hai altri progetti nel cassetto, dopo la tua prima pubblicazione? 
Certo, se il romanzo farà breccia nei cuori dei lettori, sicuramente le indagini sul  crimine organizzato continueranno.

Il ritmo elevato della narrazione e alcune sue caratteristiche di fluida godibilità, così come il fatto che parte del tuo romanzo si svolga negli Stati Uniti, contribuiscono a dare a “La zona verde” una dimensione internazionale anche a livello letterario. Non hai mai avuto la sensazione che molti gialli che oggi si scrivono in Italia siano invece troppo provinciali e condannati alla marginalità nel moderno panorama editoriale? 
In un'era globalizzata come la nostra è quasi inevitabile non rapportarsi con ciò che accade nel resto del mondo, ho voluto non ignorare questa realtà ambientando parte del romanzo a New York e rendendo la linea che divide la finzione dalla realtà sempre più sottile. Sdoganare un racconto di questo genere al di fuori dei confini nazionali, era inevitabile.

200 MILIONI DI EURO? SI’ GRAZIE. VERRANNO REGALATI A REGISTI E PRODUTTORI CINEMATOGRAFICI A PARTIRE DAL 1 LUGLIO 2013

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Il decreto per l’investimento e la trasmissione dei film, salutato dalle associazioni di categoria come salvifico per l’industria dell’audiovisivo, farà piovere nelle casse dei produttori una grande quantità di soldi. 
Lo Stato assistenzialista è la risposta alla crisi strutturale del cinema italiano? Dare tanti soldi ai cinematografari serve a qualcosa? Aiuterà a rendere più esportabili i nostri film? Oppure i soliti privilegiati godranno immeritatamente di contributi pubblici?


 
 Se c’è una cosa che in Italia non ha mai funzionato, è l’assistenzialismo al cinema. Che tradotto nel linguaggio nostrano significa avere una torta da spartire in varie fette in modo che nessuno si accapigli, seguendo il criterio delle amicizie, del clientelarismo, dei favori incrociati e dei padrini politici, da parte di sedicenti produttori e di cosiddetti autori (quasi tutti rigorosamente di sinistra).
In tempi di crisi economica e di recessione il Ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, e il Ministro per i Beni e le Attività Culturali, Lorenzo Ornaghi, hanno creduto bene di regalare ben duecento milioni di euro alla “cricca” dell’ambiente cinematografico come ultimo atto del loro agonizzante governo, in barba al dilagare di corruzione, nepotismo e mancanza di meriti che flagellano il sistema a tutti i livelli.
La risposta ai numerosi problemi che assillano il cinema italiano è dare una pioggia di milioni a quegli stessi produttori e registi che hanno sfornato film mediocri o assai poco competitivi sul mercato internazionale. D’ora in poi RAI, MEDIASET e le altre emittenti saranno obbligate a dare il loro obolo per finanziare il cinema italiano e programmarlo nelle loro reti, non importa se in tarda serata o al mattino presto, non importa se per progetti di qualità o per idee proposte da persone inserite nel circuito.
Detto in soldoni, il pubblico televisivo dovrà sorbirsi più film italiani distribuiti nei palinsesti, anche se non sarà mai reso noto il criterio per cui è stato beneficiato un film piuttosto che un altro (come avviene in qualsiasi paese civile).
Torniamo al protezionismo in chiave autarchica, che abbiamo conosciuto durante il regime fascista. Certo, le parole “quote di investimento finanziario e di programmazione” sono molto più moderne ed eleganti e nascondono il sapore nostalgico dell’iniziativa.
Difendiamo l’industria dello spettacolo pompando dentro denaro delle emittenti pubbliche e private, in una sorta di spirale negativa che finirà per danneggiare anche le stesse reti televisive, come un virus che inoculato dal “cinema più brutto del mondo” renderà malati e brutti anche i network.
Ciò che in altri paesi può funzionare in Italia diventa un modo per accaparrarsi il finanziamento di turno. La corsa alle diligenze è già partita, quando il solo e unico modo per uscire dalla crisi sarebbe cambiare mentalità. Mi permetto di dire sommessamente che di soldi ce ne sono anche troppi per il reparto cinematografico. Mancano però criteri meritocratici di assegnazione dei finanziamenti. Se un film è brutto, è brutto e basta. Non va sostenuto finanziariamente, anche se sarà prodotto da un famoso produttore, diretto da un regista quotato e interpretato da un attore di grido. L’incompetenza e il pressappochismo di stampo italiota finora non hanno premiato. Occorre una piccola rivoluzione. Trasparenza, valore al merito ed equità nella selezione dei progetti dovrebbero essere gli imperativi di tutti i contributi statali.
Ma vediamo nel dettaglio l’osannato decreto Passera-Ornaghi.
Per quanto riguarda l'obbligo di investimento, il provvedimento stabilisce per la RAI che il 3,6% dei ricavi complessivi annui debba essere destinato a produzione, finanziamento, pre-acquisto e acquisto di opere cinematografiche italiane, mentre per le altre emittenti tale obbligo riguarda il 3,5% degli introiti netti. Per quanto riguarda l'obbligo di programmazione, il testo prevede per la RAI che sia dedicato a opere italiane l'1,3% del tempo di trasmissione per i palinsesti non tematici e il 4% di quelli tematici, mentre per le altre emittenti tale disposizione riguarda l'1% del tempo di diffusione per i palinsesti non tematici e il 3% per quelli tematici.
Naturalmente le associazioni di distributori, produttori, registi e sceneggiatori hanno applaudito all’iniziativa.
Ancora non si è formato un nuovo governo (ammesso che ci sarà) e già sono pronte a chiedere qualcos’altro, con la buona vecchia scusa che la cultura è la cultura.
Alla miopia delle categorie in questione, arroccate in posizioni di rendita, sfugge che bisogna ripartire dalle fondamenta, da una imprenditoria meno improvvisata e fragile, da storie dal respiro internazionale e da figure nuove che sappiano coniugare linguaggi più moderni e originali.
Altrimenti il vento del cambiamento che - con tutte le sue contraddizioni e la sua spinta rinnovatrice - ha investito la politica italiana prima o poi arriverà a soffiare anche sulle case di produzione e sugli Autori inseriti nel Sistema e potrebbe scuotere alle basi il vetusto mondo delle professioni e la ingessata fabbrica del cinema, ormai diventata autoreferenziale.    
 
Mi piacerebbe chiudere con i tre semplici punti che non sono in alcuna agenda italiana ma che sono emersi da un workshop dell’Ateliers du Cinéma Européen e di Israel Film Fund, una specie di programma che le migliori agenzie internazionali per il finanziamento all'industria cinematografica vorrebbero promuovere ma che le istituzioni italiane e i vari clan italici seguitano a snobbare.
1. Creare i presupposti al sostegno alla produzione di film, senza preclusione di generi, e adatti a raggiungere il più ampio pubblico internazionale.
2. Identificare nuove forme di finanziamento per ottimizzare la relazione fra distribuzione e circuito delle sale cinematografiche e per potenziare la diffusione on line dei film.
3. Riconoscere l'importanza culturale e sociale dei film e assicurare la loro diversità e personalità nel tentativo di catturare un pubblico di giovani e giovanissimi, e individuare nuove fonti di finanziamento per mettere i produttori indipendenti e gli istituti per la formazione in grado di far fronte alle proprie necessità.

PIU’ NERO DEL NERO. UNA SUPERBA SERIE TELEVISIVA TRATTA DA UNA TRILOGIA LETTERARIA DI GRANDISSIMO LIVELLO.

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CICLO LETTERARIO 
E ADATTAMENTI TELEVISIVI IMPERDIBILI. 
UNA MAGISTRALE LEZIONE DI NOIR 
PER TENTARE DI FERMARE LO SQUARTATORE DELLO YORKSHIRE... 
Dai romanzi dell'autore di culto David Peace è stata tratta una serie inglese che, una volta tanto, non delude e rappresenta un affresco storico potentissimo degli anni Settanta e Ottanta corrotti, violenti e folli. 

C’è qualcosa che fa apparire il Montalbano di Camilleri un romanzetto da educande e nello stesso tempo rende incommensurabilmente vecchie tutte le serie televisive poliziesche prodotte in Italia. Chi ha visto la miniserie inglese noir Red Ridingavrà provato la stessa sensazione spaesante e la stessa incazzatura del sottoscritto, che quando ha terminato la visione dei tre episodi da 100 minuti si è domandato perché in Italia non sia possibile vedere un prodotto simile.


«Ho scritto bugie come se fossero vere e la verità come se fossero bugie, e ci ho sempre creduto.»

Riduzione per il piccolo schermo dei romanzi dello scrittore David Peace, Red Ridingè stata trasmessa nel Regno Unito da Channel4 e venduta in tutto il mondo, nonché presentata con grande successo al festival della fiction a Roma nel 2009. 
Più che tre episodi televisivi sono praticamente tre film, opere mozzafiato di sapore cinematografico, autonomi per stile e per narrazione, capitoli di una saga nerissima che racconta gli anni Settanta e Ottanta di uno Yorkshire immerso nell’incubo di una caccia al serial killer, una regione piombato in una profonda crisi economica ed esistenziale da cui nessuno sembra avere la forza di rialzarsi.
I tre episodi che compongono la serie Red Riding raccontano la stessa storia poliziesca da prospettive e angolature differenti: l’indagine sullo Squartatore dello Yorkshire, che si connette in parallelo ai loschi affari generati dal boom edilizio e alla corruzione di poliziotti, palazzinari e colletti bianchi. La storia ha uno sviluppo che prevede tre protagonisti diversi e tre periodi storici (1974, 1980, 1983), ma permane in tutti gli episodi e anche nei quattro capitoli della saga letteraria l’ossessione di prendere il famigerato assassino che insanguina le periferie urbane e ruba le vite di innocenti ragazzine. Gli anni sono quelli della ristrutturazione economica imposta dalle politiche della leader conservatrice Margaret Thatcher (da poco passata a miglior vita). 

I protagonisti sonoun giovane, arrogante e ingenuo giornalista che indagando sulle bambine scomparse perde il sonno e non ha paura di minacce e ritorsioni (1974), un idealista detective della polizia di Manchester, mandato nel West Yorkshire per dirigere le indagini (1980), un pingue e impaurito avvocato che è anche figlio di un poliziotto e arriva a scoprire un circolo di pedofilia (1983).
Quello che colpisce di più nella serie antologica è la capacità di restituire immagini potentissime con una grande economia di mezzi, ma senza l’effetto povero di molte produzioni italiane. Se ad esempio salta in aria la casa di uno dei protagonisti, vediamo il bagliore del fuoco riflettersi sul vetro della sua automobile ma ci emozioniamo lo stesso e troviamo il tutto credibile.
Lo stile è quello sporco delle pagine di Peace. La pioggia cade sempre in maniera insistente negli episodi di Red Riding. La descrizione dei rapporti umani è lucida e senza veli. Gli uomini sono dominati da frustrazioni e dall’estrema violenza. Nessuno è innocente, nessuno è privo di colpe. Non c’è spazio per le speranze, in una visione nichilista che non concede aperture neppure all’amore. Anche il sesso è una menzogna e viene vissuto come sopraffazione dell’altro.La fotografia è livida e plumbea, la regia vola in iperboli oppure sta addosso alle persone, il cast appare dirompente e va da Sean Bean (Il signore degli anelli e Game of Thrones), a Rebecca Hall (Vicky Cristina Barcellona e The Town), Andrew Garfield (The Social Network e The Amazing Spider-Man), fino a Mark Addy (Full Monty e Game of Thrones).   

«Quattro fotografie di due persone in un parco.
Platt Fields Park, d’inverno.
Fotografie in bianco e nero di due persone. Un parco davanti a un laghetto.
Un laghetto grigio e freddo, un cane. Due persone in un parco...
Una delle due sono io

Il lavoro di adattamento dai romanzi è mirabile e gli aggiustamenti sono tutti sapientemente calibrati.
Il celebre Red Riding Quartet dello scrittore David Peace si compone di quattro romanzi che hanno come titolo l’anno di svolgimento delle vicende (1974, 1977, 1980 e 1983). Un periodo fondamentale per la storia britannica che lo scrittore ricostruisce grazie ad uno studio approfondito delle carte e dei documenti dell’epoca e attingendo dai propri ricordi personali, attraverso quattro punti di vista diversi.
Peace ha dichiarato in proposito: «Ovviamente sarebbe molto più semplice limitarsi a un romanzo solo, analizzare il problema e il periodo con una storia unica. Ma la realtà è che quando mi accingo ad analizzare un periodo storico, divento quasi ossessionato con il luogo e le tempistiche e quindi voglio approfondire in maniere molto più profonda e diretta il problema e parlarne in maniera molto diffusa ed è per questo che alla fine diventano più di un romanzo
Il linguaggio spesso scade nel turpiloquio (si contano 76 volte la parola “cazzo” solo nel primo romanzo del ciclo) e lo stile è così essiccato e scarno, a grado zero, che sembra non avere nessuna parvenza letteraria. Un mondo intriso di menzogne, che esplora la miseria umana di un distretto corrotto, operai pavidi, gente impaurita, emarginati abbrutiti, uomini ossessionati dal sesso e tormentati da rapporti infelici. Lo sguardo è paranoico e schizoide, come un ritmo punk. 

«Me ne restai lì seduto a cantare al suono del ‘Little drummer boy’, con i suoi giorni di grazia ormai lontani. Ad aspettare le luci blu e le sirene. A centoventi all’ora


Sul perché non sia possibile vedere un Red Riding italiano sul piccolo schermo, la prima risposta è che una simile serie noir cruda e spietata non può trovare spazio nell’attuale palinsesto di Rai e Mediaset, dominato da storie edificanti e a lieto fine. Red Riding sarebbe vista da pochissime persone e non è un caso che la televisione generalista ha individuato come proprio target di riferimento il pubblico anziano di scarsa cultura e alfabetizzazione. Nell’ultimo anno poi, in tempi di recessione, si preferisce andare sul sicuro e il piccolo schermo ha completamente rinunciato al tentativo di attrarre spettatori giovani e istruiti (quelli per intenderci che navigano su internet e si sintonizzano su Sky). Le poche serie poliziesche ansiogene, pur essendo più costose e adrenaliniche, si rivelano quasi sempre un flop. Basti pensare al Clan dei camorristi, che partito senza grande concorrenza con 4.986.000 spettatori ha toccato un deprimente 13% di share con 3.810.000 spettatori e mantenuto una media al di sotto delle aspettative della rete. Insomma, la denuncia sociale e la spettacolarità del poliziesco non pagano affatto. 


La seconda risposta per cui non sia possibile vedere un Red Riding italiano è che semplicemente non esiste un Red Riding nella nostra letteratura di genere.
Non esiste un’opera che indaghi così minuziosamente, e anche così ferocemente, l’Italia degli anni Settanta e Ottanta, in un’ottica rigorosamente poliziesca.
Se arrivasse a qualche casa editrice italiana un romanzo simile, privo di descrizioni e psicologie, mondato da quella "buccia" che tanto piace ai palati raffinati, verrebbe cestinato nella frazione di un secondo. Troppo cannibalesco, troppo frammentario, troppo dialogato, troppo concentrato sull’aspra polpa. “Questa non è letteratura”, direbbe un nostro editor, prima di liquidarlo.
Peace è sicuramente una lettura impegnativa. Si ama oppure si detesta. Riesce a creare un’atmosfera plumbea e sulfurea ed a distruggere il mito della polizia e del giornalismo d’inchiesta, ma può anche deludere laddove lascia l’azione incompiuta e nel finale non recupera i fili del discorso narrativo, affermando l’impossibilità a raggiungere un principio di ragione in un universo confuso e senza centro.
Negli Stati Uniti una operazione abbastanza vicina a quella di Peace nella mescolanza di finzione e realtà e nella ricostruzione di un passato violento e corrotto l’ha fatta James Ellroy e lo scrittore inglese non ha mai fatto misteri sulla sua ammirazione per il creatore della tetralogia di Los Angeles (La Dalia nera, Il grande nulla, L.A.: confidential report e White Jazz). In Peace come in Ellroy una vorticosa vicenda di sangue non dà sbocco alla giustizia degli uomini ed i colpevoli restano spesso impuniti.
A quando in Italia un’opera letteraria così infernale che non faccia sconti e metta al bando il buonismo dei commissari e dei preti di provincia, ma sappia compiere un viaggio nelle reali viscere del Belpaese?



LA CRISI DEL MERCATO EDITORIALE RIFLETTE UNA CRISI PIU' VASTA, DEL SISTEMA ECONOMICO, MA ANCHE UNA CRISI SOCIALE E MORALE

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Le librerie, forse gli unici veri presidi culturali dell'Italia di oggi, chiudono per la crisi. Gli editori sono confusi davanti al calo delle vendite ed ai cambiamenti del mercato e agonizzano come pesci fuor d’acqua. La lotta selvaggia dei prezzi e l’omologazione delle proposte. E poi ancora l’oligopolio dei colossi editoriali. La bufala dell’ebook e la rivoluzione digitale che non è mai partita. I tanti italiani che non mettono piede in una libreria. 
La fotografia di un paese che non ha mai creduto nella cultura umanistica e neppure in quella scientifica, e oggi non crede a niente di niente. 
 
   

CASE EDITRICI IN CRISI

Quando si parla di mercato librario siamo abituati ad una sequela di lamentazioni, ma mai come oggi i numeri sono stati così deprimenti. Nei soli primi otto mesi del 2012 c’è stato un calo del 9 per cento. Che tradotto in soldoni vuol dire 10 miliardi di euro in meno nelle casse. I fatturati dei grandi gruppi editoriali registrano cali vertiginosi. Difficoltà economiche per il gruppo RCS. Ma anche Feltrinelli e Giunti non se la passano bene. L’anno scorso il gruppo Giunti ha messo in cassa integrazione 200 dipendenti, tanto per capirci. Gli altri players, gli editori piccoli e medi, faticano a piazzare i loro prodotti e si vedono diminuire le prenotazioni delle proprie novità, perché le librerie sono più interessate ai libri dei vip, dei calciatori e dei presentatori televisivi. Hobby&Work ha ridotto drasticamente il numero dei romanzi in uscita bloccando titoli già previsti. Perdisa Pop limita le novità in pubblicazione. La Meridiano Zero è stata acquisita da Odoya. La Edizioni Laurus, storica casa editrice di Madone specializzata in libri per bambini, ha un rosso di sei milioni di euro ed è finita sotto curatore fallimentare. L’editore Ilisso, che opera da 27 anni a Nuoro, ha comunicato ai 20 dipendenti la dolorosa decisione di avviarli in cassa integrazione. Molti altri editori sono alla canna del gas e pensano alla chiusura.


ETERNO STAGISMO, PRECARIATO E SCRITTORI AL VERDE

Oggi, uno scrittore che esordisce con una importante casa editrice prende come anticipo la cifra vergognosa di 2000 euro, mentre molte case editrici indipendenti stipulano contratti con i loro autori di scuderia che non prevedono il minimo compenso e quasi si indignano se qualcuno prova a chiedere di essere pagato per il proprio lavoro. Per completare il bel quadretto, nell’industria culturale sono impiegati numerosi stagisti, che vengono sfruttati e buttati via al termine dell’incarico come carta straccia, e accanto a loro esiste un esercito di precari altamente specializzati che fanno gli editor, i redattori, i correttori di bozze, gli addetti all’ufficio stampa. Questi ultimi vengono pagati, se e quando lavorano, con uno stipendio medio di 1000 euro al mese.
Tutti i cosiddetti imprenditori del settore si infuriano se un politico dice “con la cultura non si mangia” e rivendicano l’importanza della loro funzione. Nei fatti però questi editori dimostrano di avere una bassissima considerazione dei loro scrittori e dei collaboratori redazionali e non sono disposti a investire sulla cultura e ad assumersi i relativi rischi di impresa. I rischi li pagano sulla loro pelle gli scrittori esordienti e chi lavora in redazione a tempo molto determinato.  


MORTE DEL LIBRAIO TRADIZIONALE

Le librerie di quartiere, quelle indipendenti e a conduzione familiare, sono costrette ad alzare bandiera bianca per far posto a banche, fast-food e negozi di biancheria, oppure passano sotto la protezione del franchising dei grandi gruppi, che pure dal canto loro non vanno così bene. E ad ogni chiusura di saracinesca, si perdono quote di lettori. Problemi li registrano la Fnac, in debito di ossigeno, e le librerie Feltrinelli, che fanno rivedere i contratti ai loro lavoratori. Chiudono a Palermo le due storiche librerie Flaccovio, frequentate da Tomasi di Lampedusa e da Leonardo Sciascia, e si avvia verso la cessazione di attività la Flaccovio sas, da settant'anni sul mercato dei libri. In cassa integrazione i 60 lavoratori della mitica libreria Hoepli, fondata a Milano nel 1870 e tempio della cultura a due passi da piazza Duomo, che con i suoi sei piani era la più grande della Lombardia. Stessa sorte per la libreria di Brera, la libreria Rovello e Utopia, in via Moscova, e la Sherlockiana. A Firenze sono da tempo chiuse Le Monnier, Porcellino e Martelli. La moria continua a Napoli, dove sono sparite in un batter di ciglio Guida Merliani, Libri&libri, De Simone e Marotta. Hanno fallito la Battei a Parma, la Ghelfi & Barbato a Verona, la Città ad Ancona, la Carducci a Udine, la Cultura a Catania, l'Agorà a Torino. La libreria Giannelli, un’istituzione nella Lucchesia, nata nel ‘36, si è dovuta arrendere. A Roma danno l’addio ai loro clienti la centralissima Remo Croce, la prestigiosa Bibli a Trastevere, Amore e Psiche a due passi dal Pantheon, la Mondadori a viale Marconi, e decine di altre.


FALLIMENTO DEL DIGITALE E RIVOLUZIONE MANCATA

«Il futuro è il multimediale. Il libro di carta diventerà un prodotto di nicchia per appassionati dell’oggetto-volume.» Quante volte avremo sentito dire questa frase, dal profeta di turno della rivoluzione digitale? Eppure i dati smentiscono l’avvento di una nuova era nel mondo dei libri. L’Italia è un paese vecchio, anagraficamente e non solo. Un paese di gente conservatrice, gente che non ama la tecnologia digitale. Secondo il Global Information Technology Report siamo dietro la Giordania e Panama nella capacità di sfruttare la tecnologia dell'informazione, al cinquantesimo posto nel mondo per l'uso di Internet e altri simpatici parametri. I supporti e-reader hanno fruttato il gruzzoletto di 131 milioni di euro, che è niente rispetto al giro di affari complessivo, mentre gli ebook non si vendono e gli unici ad essere acquistati sono quelli che stanno già in classifica perché vendono in libreria e sono firmati da autori stranoti. Fondamentalmente gli ebook hanno una bassissima capacità di penetrazione e non incidono sul mercato perché rappresentano una fetta insignificante, nonostante l'economia digitale nel resto del mondo produca da anni posti di lavoro.


OLIGOPOLIO, MANCANZA DI CONCORRENZA E VENDITE A COSTO ZERO

Per uscire dalla crisi la Newton Compton si è inventata i libri “super low cost” a 0,99 centesimi. Mossa dettata dalla disperazione, sembra però destinata a drogare il mercato ed a portarlo verso una spirale di negatività, perché abbatte la concorrenza in termini keynesiani e abbassa drasticamente il valore dell’oggetto libro e le percentuali di guadagno dell’editore e dell’autore. 
Fregata sul tempo dal diabolico Avanzini, la Mondadori ritira la sua idea di invadere gli scaffali con una collana economica di romanzi al prezzo di copertina di 2,99 euro. Sarebbero stati una decina di titoli per tastare il terreno. Nell’andamento schizofrenico dei tempi la Mondadori prepara nuove ed oscure strategie. Intanto, al pari di Minimum Fax, per non farsi mancare niente da Segrate lanciano un modello diverso di vendita. Il gruppo, che stampa più di un quarto dei libri in circolazione, prevede che in 320 punti vendita possano prenotare le novità dei loro marchi (Einaudi, Piemme, Sperling) e pagare solo le copie vendute. Secondo prassi infatti il libraio anticipa ogni volta la spesa per l’acquisto di un libro, al momento della sua prenotazione, e a fine anno restituisce le copie invendute all’editore e viene rimborsato del prezzo di copertina. Ebbene, la rivoluzione copernicana è che d’ora in poi le librerie potranno prendere libri Mondadori senza anticipare nulla e sborsare i soldi alla resa delle vendite. Naturalmente la Mondadori se lo può permettere perché ha la forza economica per esporsi finanziariamente e per venire incontro ai punti vendita. Gli editori che non hanno la stessa liquidità reggeranno a fatica la concorrenza del grande gruppo editoriale e le conseguenze, a lungo andare, saranno nefaste.
Alcuni dei giganti dell’editoria, che sono Mondadori, RCS, Gems, Mauri Spagnol, Giunti e Feltrinelli, possiedono, oltre alle case editrici, case di distribuzione e catene librarie. Anomalia tutta italiana, la Feltrinelli è allo stesso tempo editore, distributore e rivenditore, visto che  la Pde, attivissimo distributore nazionale, dal 2008 fa parte del gruppo. Ovviamente i distributori come Pde e Messaggerie, abilmente condizionati, favoriscono le case editrici che pubblicano con alta tiratura e quelle che sanno veicolare mediaticamente i loro successi commerciali, a prescindere dalla qualità dei contenuti, e non si sprecano a portare nelle catene poche copie di un romanzo di un piccolo editore. Infatti il libro del piccolo editore non è stato recensito, non lo conosce nessuno e magari alla fine resterà invenduto…
Secondo queste logiche quasi di cannibalismo, poche e solide realtà imprenditoriali hanno assunto il controllo della filiera e con il loro monopolio hanno distrutto la competizione, il pluralismo ed il concetto di libero mercato. Chi possiede i mezzi finanziari e mediatici impone il suo prodotto a vari livelli. Il potere economico permette a Mondadori, Mauri Spagnol, Giunti, Feltrinelli, RCS e Gems di vincere premi, di ottenere recensioni e interviste televisive, e poi di comparire in prima fila sugli scaffali dei supermercati e nelle vetrine delle librerie, mentre i romanzi dei piccoli editori sono esposti ai margini di uno scaffale impolverato, col dorso alla rovescia. Peggio, si fa sempre più strada la voce secondo cui nelle grandi catene (leggi Feltrinelli) viga l’ordine di nascondere la novità dell’indipendente e i commessi siano istruiti a mentire dicendo che il tal titolo non risulta disponibile, per ostacolare il competitor. Ma è solo una voce.


BEST SELLER E OMOLOGAZIONE

Il meccanismo del best seller (che prima funzionava in modo più equilibrato) adesso si rivolta contro i suoi stessi creatori e finisce per fare ulteriori danni: i lettori medi comprano in massa l’ultima boiata di Dan Brown o di Erika Leonard e trascurano completamente gli altri libri. Cinquanta sfumature di grigio vende una montagna di libri alta come l’Everest e dal secondo posto in poi della classifica si vendono solo mucchietti a livello di collinetta. Il best seller finisce per mangiarsi l’intero mercato e assorbire l’attenzione di tutte quelle persone, numerosissime in Italia, che entrano in libreria una sola volta o due in un anno.
C’è poi lo spinoso discorso dell’omologazione delle proposte. Va il thriller esoterico e allora tutti si buttano su quel genere. Scoppia la moda dell’erotismo e via ad una ridda di romanzi pruriginosi. Si assiste ad una generale scopiazzata dei successi commerciali, ad una rincorsa dell’esistente, che portano a standardizzare il valore della letteratura popolare (ammesso che sia letteratura) e ad escludere l’originalità e la qualità di opere più coraggiose. L'editore non valorizza la diversità ed anche i gusti del lettore forte si guastano. Si pubblica per consumatori impazienti, attirati dalle potenzialità di intrattenimento, dai contenuti letti con poco sforzo, dal brand del libro, dal sottogenere di riferimento. I libri finiscono per assomigliarsi, in una sorta di marmellata indistinta e insapore, e tutto sembra diventare eguale a se stesso, privo di idee e di contenuti.


L’ITALIANO MEDIO E’ UNA CAPRA E NON LEGGE

I dati del settore rispecchiano un crollo delle vendite spaventoso. Non basterà il Maggio dei Libri, la campagna promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, a rendere conto del valore sociale della lettura e a incrementare le vendite editoriali. Strappare 15-20 euro a un ragazzo è diventata un’impresa titanica. Ancora peggio per gli adulti sopra i 65 che non sono mai stati accaniti consumatori di romanzi. Il numero degli italiani che leggono, in tempi di vacche magre, è sempre più in calo. Ci sono migliaia di persone che non hanno mai creduto nell’importanza della cultura e nel potere di un nuovo umanesimo. Le donne che comprano un libro all’anno sono il 51,7%; gli uomini il 48,3%. L’italiano sta al libro come negli anni Quaranta un soldato del Partito Nazista stava alla pace.
Ne esce il quadro di un paese rozzo e ignorante, che non ama l’introspezione e preferisce vedere la televisione che ritirarsi a leggere un buon libro. E’ la fotografia impietosa di una Italia in profondo declino. Un declino che è morale, culturale ed economico. Un declino che dura da vent’anni ma che oggi è al suo punto massimo. Bill Emmott recentemente ha detto che siamo in coma. “Se state annegando in una crisi che definite senza precedenti è perché gli argini della società civile non hanno retto. In Italia si è verificato un collasso di tutti gli organi vitali della comunità. Non c’è istituzione salva, integra, degna. Alla fine, del vostro Paese resta il corpo scheletrito, ridotto alla fame. Lo scuoti ma non ricevi segnali di vita.” (Incoraggiante.)

IN RETE DAL 29 APRILE LA NUOVA SERIE WEB DI ROBERTO D'ANTONA

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Su YouTube, da Lunedì 29 Aprile il primo episodio della serie web/tv “Johnny”:
5 appuntamenti da non perdere, pensati per un format ed un medium che rappresentano il futuro dell’audiovisivo (ma anche, non si sa mai, per sbocchi televisivi).

Mentre nelle sale cinematografiche gli ingressi calano inesorabilmente (rispetto al 2011 il 10% in meno nel 2012 e il 15% in meno nel primo trimestre del 2013) e le presenze in sala dei film italiani diminuiscono del 36,23% rispetto al 2011, la nuova frontiera dell’audiovisivo sembra essere sempre di più il web. Maria De Filippi ha da poco aperto la sua Witty Tv e Simona Ventura inaugura Cooking Simo, web series tra la sit com e il programma di cucina. Ma in rete ci sono progetti che hanno anche una forte vocazione cinematografica e che si rivolgono a quei spettatori che disertano le sale – per il prezzo del biglietto troppo alto o per la scarsa qualità delle proposte dei “soliti noti”, non importa il motivo – e che paradossalmente nel piccolo schermo del computer cercano emozioni a buon mercato.
Di emozioni nella nuova web serie di Roberto D’Antona Johnny ce ne sono a volontà. La prima puntata scorre via con un ritmo adrenalinico e una suspense che ti fa chiedere ad ogni minuto cosa succederà. Non a caso l’episodio pilota è stato selezionato al "California Film Awards 2013", al "BiFF - Festival del Cinema e del Cortometraggio 2013" e al "FI-PI-LI Horror Festival 2013 di Livorno".
(Il trailer visionabile su: http://www.youtube.com/watch?v=sOuQIZEzKmo)

La vita di Daniele Cortesi, un uomo comune, viene sconvolta quando la sua amante viene assassinata. Accusato di omicidio, affronterà un lungo anno fra assistenti legali e sedute psichiatriche. Dimostrata la sua innocenza, per mancanza di prove, Daniele ritorna alla normalità. Pronto a ricominciare una nuova vita si lascia tutto alle spalle, ma l'incontro con un misterioso individuo turberà nuovamente la sua esistenza.  Come andrà a finire?

La storia riserva molte sorprese e, quando meno lo si aspetta, parte con brusche accelerazioni. I dialoghi, sempre tesi e brillanti, sembrano scritti da Tarantino e talvolta hanno un adorabile tocco surreale. La regia si apre ad immagini di grande effetto e, supportata da un’ottima colonna sonora e da un montaggio sapiente, regala primi piani intensi e si concentra nei dettagli (forse è nei dettagli che si coglie l’essenza della vita). La fattura del prodotto è veramente professionale e ci fa dimenticare di essere di fronte ad una web serie realizzata con il volontarismo e mezzi economici esigui. La vena thriller della serie e la sua componente giallistica si fondono perfettamente con il tono comico, con gli stilemi dell'horror e con la parte drammatica del plot, come in un concerto coinvolgente e puntuale dove non ci sono mai mai stonature. L’unico neo del progetto indipendente, se proprio vogliamo trovare in esso un difetto, è la recitazione di alcuni attori, che non sempre sono all’altezza o in certi contesti appaiono fuori ruolo. Ma poi, per fortuna, i misteri della storia e l’atmosfera intrigante ci rapiscono e seguitiamo a chiederci cosa diavolo nascondono i personaggi della serie. Sì, perché ogni personaggio cela qualcosa di se stesso. Forse non è quello che dice di essere. Forse è vicino al suo punto di rottura. Forse ha un suo lato torbido che tiene a freno. Ma per scoprirlo dovremo arrivare all’ultima puntata.


Lo slogan della serie è:                
NON SARA’ FACILE LIBERARVI DI “JOHNNY”
Ed ogni lunedì ogni regola verrà infranta: amore, odio, paura, violenza sconvolgeranno la rete...

A pochissimi mesi dal successo della prima serie web  italiana di zombie “A.Z.A.S. ALL ZOMBIES ARE STUPID” , vincitrice di ben 5 premi a "LA WEB SERIES FESTIVAL 2013" di LOS ANGELES  (Festival delle web series più importante al mondo) come miglior regia, produzione, colonna sonora e montaggio sonoro, ed effetti speciali, lo stesso team ha sfornato un altro progetto: più ambizioso, d’impatto e maturo: cinque episodi di 40 minuti che non mancheranno di stupire.
 “Johnny” è la prima serie TV/WEB thriller firmata Grage Pictures in collaborazione con IndieWorks, che ancora inedita ha già catturato l’attenzione di diverse emittenti televisive, tra cui la Rai che ne ha sponsorizzato l’uscita del trailer ufficiale, e la curiosità dei fan.

Inoltre ricordo che la  Grage Pictures ha organizzato alcuni eventi gratuiti nella provincia di Taranto, ai quali parteciperanno le autorità locali, la stampa, gli attori e tutti coloro i quali hanno reso possibile la realizzazione di quest’ambizioso progetto oltre che naturalmente  tutti I numerosissimi fan della GRAGE PICTURES che volessero godersi lo spettacolo sul grande schermo.
Le date stabilite ancora disponibili sono:
25 e 26 Aprile ore 20,30 presso  il Centro Culturale Comunale –  Monteparano;
27 Aprile ore 20,30 presso il Teatro Monticelli – Grottaglie;
28 Aprile ore 20,30 presso il Teatro Comunale – Carosino

Georges Simenon ci racconta gli abissi della perdizione umana

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IL FIDANZAMENTO DEL SIGNOR HIRE
A Villejuif, estrema periferia di Parigi, la polizia trova il corpo di una passeggiatrice orrendamente mutilato. Solo un mostro può aver commesso simile scempio. Nello stesso isolato vive il piccolo e grasso signor Hire. Tipo appartato,  preciso come un automa, che ha come unici svaghi il gioco del bowling e la frequentazione di una casa di appuntamenti. Il ritratto ideale dell’assassino. La goffaggine lo rende vittima dei lazzi dei bambini. La sua stanza è un blocco solido e uniforme di silenzio. Chi se non lui, “mostruoso” nell’aspetto e nel comportamento, può aver massacrato la prostituta dopo averla rapinata? Se ne convince la portinaia, che lo reputa un individuo pericoloso per le sue solitarie stranezze. Se ne persuade la polizia, che lo pedina e resta colpita dalle sue piccole manie che sono così lontane dalla normalità.
Come quella che ogni sera segue come un rigido cerimoniale. Hire spia al di là del cortile Alice, una giovane dai capelli ramati, morbida e sensuale. Fissa ossessivamente quella polpa ricca e piena di linfa. Sempre alla solita ora, sempre dalla sua finestra. Ormai è un rito per lui. La giovane si accorge di essere osservata, ma non si irrita, anzi, si spoglia civettuola e vaga nuda per la casa, lasciando che il suo corpo palpitante riempia la vuota esistenza di un uomo grottesco e commovente.
Mentre le indagini della polizia brancolano nel buio, Hire pedina Alice come un’ombra e la spia persino mentre fa l’amore col fidanzato, Emile. Alice sa che lo sguardo del vicino di casa è puntato su di lei, eppure non si sottrae al gioco di seduzione, permettendo che gli occhi di Hire violino la sua intimità.
Quando Alice bussa alla sua porta, il guardone per la prima volta acquista un lato umano e compassionevole. La ragazza è venuta per parlargli, e lui davanti a quel corpo cerca di resistere alla naturale forza di attrazione. Alice non ne può più di portarsi tutto dentro e di tacere sul delitto della prostituta. Gli occhi di Hire sembrano volerla giudicare. Lei sa bene che il dirimpettaio conosce la verità e si domanda perché non l’abbia detta alla polizia. In effetti la notte del crimine Hire ha visto Emile, il fidanzato della ragazza, entrare nell’appartamento di Alice sporco di sangue, nascondere sotto il materasso la borsetta rubata alla prostituta e scaricare la tensione con un amplesso brutale e selvaggio. I due hanno fatto sesso sotto gli occhi impassibili del vicino, quella maledetta sera. Ma lui, cosa davvero strana, non ha denunciato l’assassino per evitare di coinvolgere Alice come sua complice. Hire promette a Alice che continuerà a proteggerla, sperando nella sua riconoscenza. La ragazza non dovrà temere.
Chi ha più da perdere è Hire, però. La polizia brancola nel buio e cerca di mettere sotto pressione l'unico sospetto. Hire è interrogato duramente. La faccia del cane bastonato che si meraviglia della malvagità umana, risponde a monosillabi alla sfilza di domande. Ogni insignificante elemento della sua vita gli viene rimproverato e va ad aggiungersi ai tasselli di una tesi precostituita: le origini russe ed ebraiche di Hire, la voce che il padre fosse un usuraio, il fatto che Hire abbia cambiato tanti lavori, l’insufficienza cardiaca per cui l’hanno riformato, una denuncia per oscenità che il poveraccio ha preso al posto di un’altra persona. Tutto concorre a farne il mostro. Compresa la mancanza di un alibi per la sera del delitto. Hire spiega al commissario di sapere chi ha commesso l’assassinio, ma di non poterlo dire. Lo farà al tempo debito. Già, ma quando?
Tutto precipita e lui deve fare presto. Con un candore disarmante dichiara ad Alice la sua devozione per lei e la invita a seguirlo in Svizzera, nel suo chalet nei dintorni di Losanna. Non sarà granché, ma ha messo da parte ottantamila franchi a forza di risparmi. La base di un futuro da costruire con la ragazza che ama. Alice ride della sua ingenuità e poi dice che si sente sola e vorrebbe abbandonare Emile. Così si lascia convincere a partire. I due si danno appuntamento il giorno dopo alla stazione: prenderanno il treno per Losanna e, una volta lontani, informeranno la polizia della colpevolezza di Emile.
Con la consueta meticolosità il signor Hire si prepara a lasciare Parigi, la sua città. E’ convinto di essersi fidanzato con Alice. Una situazione per lui nuova ed esaltante che lo inebria! Compra i biglietti della partenza e attende impaziente, mentre la polizia lo bracca e gli abitanti di Villejuif lo accusano dell’assassinio... 
Ma Alice non si fa trovare al fatidico appuntamento e Hire pensa che forse qualcuno o qualcosa l’abbiano trattenuta. Ancora non immagina quello che è successo. Ignora che Alice ha nascosto nel suo appartamento la borsetta della prostituta per farlo incriminare. ignora di essere stato scelto come capro espiatorio. Hire torna verso casa e nota l’assembramento intorno alla sua palazzina. Una folla piena di rabbia grida al mostro e si avventa contro di lui. La gente lo prende a pugni e lo deride. I colpi sulla sua carne flaccida producono un suono strano. Hire sfugge al linciaggio e si rifugia sul tetto, dove scivola e resta attaccato alla grondaia. Ormai la situazione è chiara anche per lui, nera e disperata. Ha capito che Alice non lo ama e fin dall’inizio si  è lasciata corteggiare per incastrarlo. E ci è riuscita.
Sotto al palazzo, la polizia attende per arrestarlo. Sul marciapiede si forma una colonna di persone che fissano in alto Hire attaccato disperatamente al cornicione come un funambolo. Tra la folla di curiosi ci sono Emile, che si sloga il collo per guardare in aria, ed una gelida e indifferente Alice, che ha fatto di tutto per discolpare il fidanzato. Ma nessuno avrà la soddisfazione di vedere Hire in manette, perché quest’uomo, al tempo stesso buffo e tragico, muore di infarto.

NOVITA' DELL'OPERA

Quando in Francia esce Il fidanzamento del signor Hire (1933) provoca un vero terremoto nell’estetica e nella meccanica del genere giallo. Il patetico ometto che fa da vittima sacrificale per colpe altrui scuote dalle fondamenta la letteratura poliziesca. Prima di allora mai un romanzo ha reso centrale un individuo malato di passione e mai un'opera si è spinta a livelli così alti e ha assunto un tono così funesto e crudele. Mai un giallista è riuscito a trasformare i lettori in morbosi voyeurs, fermi dal loro freddo punto di osservazione a spiare la vita che si anima al di là di una finestra illuminata.

SUCCESSO MONDIALE DI SIMENON
Oggi la tiratura complessiva delle opere di Simenon supera i settecento milioni di copie. Il suo successo commerciale non fa arricciare il naso a nessuno. Simenon è l’unico caso al mondo di romanziere che opera dentro gli steccati di un genere e riscuote consensi trasversali. Miller, Pauhlan, Faulkner, Jung, Cocteau, Gide, Benjamin e Céline riconoscono in lui un maestro insuperabile e lo pongono alla vetta della letteratura francese.

MAIGRET
Qualche anno prima l’autore de Il fidanzamento del signor Hire ha già prodotto scosse telluriche nel panorama irrigidito e asfittico del giallo. La serie letteraria che ha come protagonista il commissario Maigret, a partire da Pietro il lettone (1929), risulta un compromesso tra i romanzi d’appendice e le opere impegnative, ma fornisce a Simenon il pretesto per distaccarsi dal modello del feuilleton
Il cane giallo (1931) e Il mistero del crocevia (1931), che vedonoMaigret indagare sul ferimento di un commerciante di vini e sulla morte di un ricettatore di diamanti, diventano subito popolari e suscitano l’interesse del cinema. Discostandosi dagli schemi classici dell’inchiesta, compiono una paziente ricostruzione della verità. Ed è questo lavoro di scavo che permette al commissario Maigret di arrivare all’antefatto che ha causato il crimine. Simenon rompe il prevedibile protocollo della scuola anglosassone, ritraendo vicende profondamente umane e descrivendo la piccolo-borghesia condannata a vivere ai margini della società. 

LE OPERE DA NON PERDERE
Lo scrittore belga raggiunge la piena maturità espressiva nei romanzi non seriali, quelli estranei al ciclo di Maigret. Qui entra con sicurezza sbalorditiva nella testa dei suoi antieroi, sprigiona atmosfere cariche di angoscia e malessere, arrivando a incidere in modo dirompente nella storia del poliziesco.
Ne Le finestre di fronte (1933), racconto ambientato nei primi anni del regime di Stalin, narra lo spaesamento del nuovo console turco a Bartum, cittadina sul Mar Nero. In uno scenario quasi kafkiano il protagonista capisce di essere controllato quotidianamente da qualcuno e si innamora proprio della donna che lo spia.
Da ricordare inoltre: L’uomo che guardava passare i treni (1938), l’avventura di un anonimo signore che passa dalla mania di guardare i treni che corrono nella notte alla drammatica fuga su uno di quei treni, braccato dalla polizia come omicida; Pioggia nera (1939), la storia di un adolescente che è persuaso di essere amico di un bambino con cui non ha mai parlato e sa dove il padre del bimbo si nasconde per sfuggire alla polizia, ma nasconde il segreto all’astiosa zia che vive con lui; Il viaggiatore del giorno dei morti(1941), il romanzo di formazione di Gilles, orfano che smette di girovagare quando diventa erede del favoloso patrimonio dello zio e tenta di inserirsi nella gretta provincia, salvo poi innamorarsi di una donna sospettata di avere avvelenato lo zio; La neve era sporca(1951), l’iniziazione alla vita di un ragazzo freddo, insolente e scostante che si dà come missione quella di uccidere qualcuno senza ragione, per saltare il fosso e non avere niente in comune con lo squallore che lo circonda.

LO STILE INCONFONDIBILE
Dal punto di vista stilistico la narrativa di Simenon appare di grande nitidezza e pulizia formale. Il magro vocabolario dei suoi romanzi non concede posto a finezze letterarie e descrizioni favolistiche. Eppure quella prosa tanto asciutta da sembrare sciatta ha una forza brutale, nella sua cruda trasparenza, e riesce a farsi emanazione diretta delle azioni e dei pensieri dei personaggi. La scrittura delinea dialoghi secchi e taglienti, ricrea atmosfere dense e avviluppanti in poche righe ed ha una capacità introspettiva sorprendente. L’esposizione è avara di notizie sui protagonisti, di cui concede un’ottica parziale, segue gli eventi aderendovi totalmente, distribuisce in una lenta e avvolgente progressione le informazioni fino a rivelarci, quando siamo già dentro la storia, chi sono davvero le creature con cui abbiamo familiarizzato. Le frasi sono coincise, come se fossero ridotte all’osso e scolpite nella pietra per cogliere l’essenza del “popolo nudo”, cioè l’umanità che viene alla luce dietro le sue maschere.
Georges Simenon avverte che la visione monolitica e fiduciosa del positivismo si sta sgretolando. Non crede ai dogmi di un’Agatha Christie, né all’infallibilità dei metodi scientifici. Offre un’immagine inedita della realtà, enigmatica e sfuggente, dominata da forze imponderabili che rischiano sempre di travolgerci. E d’altronde ha sperimentato lui stesso l’irragionevolezza dei sentimenti e delle pulsioni.

SIAMO TUTTI ASSASSINI
Con Simenon il racconto giallo abbandona l’armamentario del detective-stregone e si “borghesizza”: l'autore belga rappresenta uomini spersi nella metropoli o nella provincia, le cui anime vengono passate al setaccio, vivisezionate, analizzate sotto una lente d’ingrandimento. L’attenzione non è centrata sull’intreccio, sulla costruzione della detection. Invece appare fondamentale gettare luce sulla motivazione e psicologia dell’assassino. L’enigma appare secondario.
Perché ha ucciso? Cosa è successo nell’esistenza di una persona che a un certo punto l’ha portato a oltrepassare una soglia da cui non si torna indietro? La risposta è talmente sconvolgente da far perdere il senno ai lettori. L’assassino della porta accantoè un essere normale, esattamente come noi, che un bel giorno rimane avviluppato in qualcosa di ineludibile come una mosca in una ragnatela: questo è il colpo di scena del nuovo corso del giallo. I mostri non esistono: abitano dentro di noi. Vittima di un ingranaggio che lo stritola, un uomo comune, come tanti, routiniero e amante del quieto vivere, spezza il proprio sonnambulismo, entra in una spirale perversa e si ritrova con un coltello o una pistola in mano. E’ una figura al limite tra l’abiezione e una paradossale innocenza, su cui lo sguardo introspettivo di Simenon indulge amorevole e forse carico di invidia.
IL CAPOLAVORO
Lettera al mio giudice (1951), lunga confessione di un assassino che durante il suo processo scrive al proprio giudice nel tentativo di essere capito e di spiegare le proprie pulsioni, ci porta per mano nella vita ordinata e “perbene” di Charles Alavoine, medico di campagna coscienzioso e senza ombre, che per anni ha fatto tutto quello che gli altri si attendevano da lui. Charles non ha mai protestato, non si è reso conto neppure che gli stavano imponendo qualcosa. La madre iperprotettiva gli ha consigliato di sposarsi, e Charles ha trovato in Armande, donna generosa e leale, la moglie perfetta. Ma quando incontra in un bar la minuta e pallida Martine, arrampicata sui suoi tacchi alti, ragazza da copertina che vive solo per farsi notare, complice l’euforia dell’alcool Charles ci finisce a letto e fa l’amore con una foga che lo sgomenta. Da allora non riesce più a concepire la vita senza Martine e decide di mettere a rischio il suo matrimonio e la sua carriera pur di tenere vicino a sè quella ragazza facile e leggera, prima come domestica e poi come assistente nello studio medico. Charles comprende che la sua esistenza monotona e priva di passione lo rendeva – prima di Martine – una sorta di fantasma, ma al tempo stesso intuisce che la sua amante lo porterà all’autodistruzione. Non è in grado di gestire il delirio di amore e il desiderio di possesso, di controllare i suoi attacchi di gelosia e la doppia vita che si sta faticosamente costruendo, di marito rispettabile e amante segreto, così come gli risulta impossibile ribellarsi al vecchio sistema di valori a cui ha aderito. Prende a picchiare Martine perché non perdona alla donna il suo passato con altri uomini. Sente che la cattiva Martine, quella disinibita e provocante, si sta dileguando, ma tormentato dai dubbi si fa raccontare le storie sordide che lei ha avuto, fin nei particolari più umilianti. L’ansia rigenerante non dà requie a Charles e lo trascina a liberare Martine dalle sue colpe.
«Sono ricomparsi i fantasmi più orribili e immondi; era troppo tardi perché mi potessi difendere, e loro lo sapevano. Martine si era addormentata. A meno che facesse finta di dormire, per tranquillizzarmi. La mia mano è risalita lentamente lungo il suo fianco carezzandole la pelle morbida, così morbida, ha seguito la curva della vita e ha indugiato un poco sulla soda morbidezza di un seno. Visioni, sempre visioni di altre mani, di altre carezze… Sapevo già che era troppo tardi. Erano ricomparsi tutti i fantasmi, era ricomparsa l’altra Martine, quella che era stata insozzata da loro, da tutti loro, quella che si era fatta insozzare con una sorta di frenesia… Era giusto che la mia Martine, quella che il mattino stesso rideva ancora con tanta innocenza insieme alla domestica, dovesse soffrirne per sempre?»
Lo strangolamento di Martine, a cui la vittima pare abbandonarsi con voluttà, e la dannazione di Charles rappresentano l’unica via di uscita a uno stato d’animo intollerabile, l’atto definitivo di sollievo e di pietà concepito da chi ha amato troppo. 
Un po' come aveva fatto Simenon con la sua vita.  

  IRREQUIETUDINE E TORMENTI 
Artigiano della penna capace di scrivere di getto in una sola giornata ben ottanta pagine, Simenon pubblica a ritmo torrenziale 193 romanzi e un numero imprecisato di opere sotto pseudonimo. 
La tensione creativa lo consuma facendogli perdere peso e procurandogli un forte stress, consumato nello sforzo di entrare nella pelle di un personaggio, vivere per un periodo circoscritto con la sua creatura e poi rientrare in sé. Spinto dall’irrequietudine, lo scrittore è sempre in movimento. Cambia trentatre residenze tra Belgio, Francia, Canada, Stati Uniti e Svizzera. Si sposa due volte e ha numerose relazioni. Animato da una sessualità animalesca, frequenta assiduamente prostitute. Ma ogni volta segrete impellenze lo guidano a fare scelte irresolute, a scansare la depressione, a innamorarsi come un bambino, a battere più in fretta, sempre più in fretta, sulla macchina da scrivere, a dismettere i suoi affetti, a spostarsi di continuo, a conoscere nuove donne, a cercare disperatamente una ragione di vita vincendo la noia.   

PREMIATI I PEGGIORI FILM ITALIANI DELLA STAGIONE!

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Divertente e interessante iniziativa nel campo del cinema. Saranno insigniti dei Golia Awards gli autori e le opere che rappresentano il peggio della nostra cinematografia. Difficile valutare tra le tante pellicole che hanno affollato le sale nostrane, con scarsi risultati al botteghino e basso apprezzamento di pubblico. Scopriamo quali sono le storie più “tapirate”, gli attori feticcio e i film più ricorrenti nelle varie categorie su cui si è abbattuta l’ascia degli anti-David. 
Chi vincerà la manifestazione?

Dato che la comunità dello spettacolo si auto-elogia e celebra se stessa nei vari David, Nastri d'Argento, Ciak d'oro, è arrivata come un fulmine a ciel sereno l’idea di dare un premio al contrario. Sì, avete capito bene. Più che di argento o d’oro, un premio di latta, a quelli che hanno espresso il lato peggiore della Settima Arte. 
I Golia Awards saranno la risposta italiana ai celebri Razzies, gli anti Oscar americani.
Molti si chiedono se le persone insignite della (poco ambita) onorificenza staranno al gioco e se, come hanno fatto oltreoceano le star di Hollywood, andranno a ritirare i loro anti-David. I nostri divi avranno la stessa auto-ironia di Halle Berry e Sandra Bullock? Staremo a vedere come reagirà la comunità dello show biz. Intanto tra i film più gettonati ci sono pezzi da novanta come Venuto al mondo di SergioCastellitto e 11 settembre 1683 di Renzo Martinelli e big del calibro di Dario Argento con il suo Dracula 3D. Non mancano le pellicole da cui ci si sarebbe aspettato francamente più mordente, come Studio illegale e Amiche da morire.
La mia raccomandazione a chi legge questo post è di sbrigarsi a votare per il film che gli è meno piaciuto, dando il suo contributo alla manifestazione.
Dal comunicato stampa della redazione del premio:     
Si è concluso oggi lo spoglio delle preferenze preliminari per l’assegnazione dei Golia Awards, il concorso che premia il peggio della cinematografia nostrana.
Le cinquine rispecchiano le scelte di pubblico e addetti ai lavori che hanno votato all'indirizzo goliawards@gmail.com, e non hanno pretese di universalità. L'intento del premio era e resta goliardico: preghiamo quindi i nominati di prenderla con giusto spirito e sana leggerezza. Tutti, in fondo, possiamo sbagliare.
L'importante è non prenderci gusto.

Si ricorda a tutti i partecipanti che chiunque può esprimere il suo voto definitivo entro la mattina del 13 giugno 2013 inviando una email all'indirizzo goliawards@gmail.com
La votazione è rigorosamente anonima.

Concorrono ai Premi Golia tutti i film italiani usciti in Italia nel periodo 31 marzo 2012 - 26 aprile 2013, in almeno 5 città capozona, con una tenuta minima di 7 giorni con programmazione piena. Termine ultimo di uscita dei film nei circuiti commerciali 26 aprile 2013.

I vincitori del premio verranno comunicati nella giornata di venerdì 14 giugno 2013.
Ecco di seguito le cinquine:

Golia al peggior film

1) Premio Pierino alla peggior commedia:
Studio illegale di Umberto Carteni 
I 2 soliti idioti di Enrico Lando
Ci vuole un gran fisico di Sophie Chiarello
Sono un pirata, sono un signore di Eduardo Tartaglia
Amiche da morire di Giorgia Farina

2) Premio Blasetti al peggior dramma:
Venuto al mondo di Sergio Castellitto
E la chiamano estate di Paolo Franchi
Il comandante e la cicogna di Silvio Soldini
Bianca come il latte rossa come il sangue di Giacomo Campiotti
Acciaio di Stefano Mordini

3) Premio Milian al peggior film di genere:
11 settembre 1683 di Renzo Martinelli
Dracula 3D di Dario Argento
Cose cattive di Simone Gandolfo
Poker Generation di Gianluca Minigotto
L'isola dell'angelo caduto di Carlo Lucarelli

4) Premio Step al peggior film per teenager:
Outing - Fidanzati per sbaglio di Matteo Vicino 
Bianca come il latte rossa come il sangue di Giacomo Campiotti
Un giorno speciale di Francesca Comencini
Gladiatori di Roma di Iginio Straffi
Cose cattive di Simone Gandolfo

5) Gran Golia al flop:
Pazze di me di Fausto Brizzi
11 settembre 1683 di Renzo Martinelli
Dracula 3D di Dario Argento
Amori e tradimenti di Federico Moccia
Il volto di un’altra di Pappi Corsicato


Golia artistici

1) Golia all'Ego:
Sergio Castellitto
Michele Placido
Paolo Franchi
Renzo Martinelli
Fausto Brizzi

2) Golia al figlio d'arte:
Christian De Sica
Pietro Castellitto
Elisa Fuksas
Violante Placido
Brenno Placido

3) Golia al peggior uso di un attore straniero in un film italiano:
Penelope Cruz (Venuto al mondo)
Rutger Hauer (Dracula 3D)
F. Murray Abraham (11 settembre 1683)
Jean-Marc Barr (E la chiamano estate)
Charlotte Rampling (Tutto parla di te)

4) Golia all'attore più sopravvalutato:
Fabio Volo
Margherita Buy
Filippo Timi
Vittoria Puccini
Laura Morante

5) Golia all'attore più riciclato:
Toni Servillo
Pierfrancesco Favino
Margherita Buy
Claudio Bisio
Piera degli Esposti







Golia tecnici:

1) Golia del montatore sbronzo (peggior montaggio):
Cecilia Zanuso (Tutto tutto niente niente)
Alessio Doglione (E la chiamano estate)
Pietro Morana (I 2 soliti idioti)
Marco Spoletini (Ci vuole un gran fisico)
Antonio Siciliano (Sono un pirata, sono un signore)

2) Golia dell'attico ai Parioli (peggiore scenografia):
Rossella Guarna (11 settembre 1683)
Andrea Rosso (Studio Illegale)
Maria Stilde Ambruzzi (Pazze di me)
Claudio Cosentino (Dracula 3D)
Mauro Menicocci (Operazione Vacanze)

3) Golia della colonna sonora insonorizzata (peggiore musica):
Roberto Cacciapaglia (11 settembre 1683)
Andrea Guerra (Bianca come il latte rossa come il sangue)
A.A.V.V. (Outing Fidanzati per caso)
Claudio Simonetti (Dracula 3D)
Bruno Zambrini (Pazze di me)

4) Golia Pro Loco al peggior uso di una location:
Amiche da morire di Giorgia Farina
Mai Stati Uniti di Carlo Vanzina
Tutto tutto niente niente di Giulio Manfredonia
Sono un pirata, sono un signore di Eduardo Tartaglia
Il principe abusivo di Alessandro Siani

5) Golia al peggior product placement:
Ci Vuole Un Gran Fisico
Operazione Vacanze
Poker Generation
Mai Stati Uniti
Benvenuto Presidente

1) Golia al premio già assegnato a tavolino:
I premi che riceverà La migliore offerta
Il Marc’Aurelio d'Oro a E la chiamano estate
Il posto come candidato italiano all’Oscar
Il Nastro d’argento 2012 a Carlo Verdone,
Il Premio Mario Monicelli per il regista del miglior film a MarcoBellocchio (Bella Addormentata, Bif&st)

2) Golia al premio più inutile:
Italian Dvd Awards
David di Donatello
Golia Awards
Cavallo di Leonardo (Miff)
Ciak d'Oro

IL PRIMO VERO CONCORSO PER LE WEB-SERIES ITALIANE

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Con il patrocinio della RAI e del CSC, il già meritorio Festival di Cortinametragio apre una sezione interamente dedicata alla serialità on line. Dopo la rassegna nel romano Festival della Fiction, arriva un tributo ad un fenomeno in espansione. Youtubers e creativi affrettatevi a mandare le vostre webseries! 

Il Festival di Cortinametraggio, che ha appena concluso con successo la sua IV edizione nel mese di marzo, fa ancora parlare di sé. Ecco la grande novità per il 2014: una nuova sezione dedicata alle Webseries italiane che andrà ad affiancare lo storico concorso dei Corticomedy e la neonata competizione dei Booktrailer.

La Direzione Commerciale RAI e il Centro Sperimentale di Cinematografia hanno riconfermato la collaborazione con Cortinametraggio ed in particolare con queste due nuove sezioni, Booktrailer e WEBSERIES.

Cortinametraggio, che da sempre si caratterizza come Festival attento alle novità e aperto ai giovani talenti, dedica uno spazio del suo concorso alle WEBSERIES made in Italy: le serie italiane potranno partecipare ad un concorso nazionale, trasferendosi per qualche giorno sul grande schermo del cinema.
Potranno accedere al concorso le serie di fiction realizzate da autori italiani, che siano state messe on line, con almeno 3 episodi, dal 1 gennaio 2013 al 1 febbraio 2014, con la durata massima di 15 minuti per episodio. Una nuova opportunità per giovani artisti di mettersi in mostra con le loro produzioni, contendendosi i numerosi premi che saranno assegnati da una giuria tecnica: premio per la Miglior Web Serie, Miglior Regia, Miglior Attore, Migliore Attrice e Migliore Sceneggiatura.

A curare la nuova sezione WEBSERIES sarà Vincenzo Scuccimarra, già direttore artistico per il concorso Corticomedy nell’edizione passata e collaboratore del festival fin dalle prime edizioni.

Le Webseries, fenomeno interessante ed innovativo in continua espansione sul web, sono vere e proprie serie di fiction, caratterizzate da episodi di breve durata, spesso autoprodotte, diffuse on line grazie anche al passaparola dei social network.
Webseries come Freaks!, Lost in Google e The Pills, hanno ottenuto un enorme seguito di spettatori e riconoscimenti internazionali. Un format di facile fruibilità, sempre accessibile, che funge anche da trampolino di lancio per giovani produttori, scrittori, attori e registi.
Le Web Series entrano nel panorama italiano anche grazie alla nuova serie “Una mamma Imperfetta”, creata appositamente per il web, scritta e diretta da Ivan Cotroneo, disponibile a partire da maggio su Corriere.it e che in seguito verrà trasmessa da Rai 2.
Con questo nuovo progetto Cortinametraggio dimostra di aprire le porte alla cultura a 360° prima con la letteratura, con la sezione Booktrailer, e ora con il web attraverso il concorso WEBSERIES. Un festival sempre all’avanguardia e innovativo che riesce sempre a stupire.

Ufficio stampa Reef Comunicazione S.r.l.
Maddalena Mayneri|Margherita Madaro
Via Pozzo del Mare 1, 31427 Trieste
ufficiostampa@reefcomunicazione.it
tel +39 040 2464384

UNA WEB SERIE MOLTO… IMPERFETTA!

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La recensione della web fiction Una mamma imperfettadi Ivan Cotroneo.

Il primo prodotto “istituzionale” della Rai 2.0 al vaglio del Visionario e del giudizio degli internauti.



IL PLOT PERSO PER STRADA
Gli ingredienti per il successo di Una mamma imperfetta sembravano esserci tutti. Ivan Cotroneo, uno sceneggiatore che ha al suo attivo interessanti serialità e una delle poche voci originali nell’asfittico panorama televisivo; la produzione della Indigo Film, società cinematografica coraggiosa e debitamente inserita nel circuito nostrano; la partnership del sito del Corriere della Sera, da anni provato sul settore crossmediale; infine l’appoggio economico di “Mamma” RAI, disposta a mettere sul piatto un po’ di quattrini sperimentando in un campo nuovo (nuovo almeno per il network, spesso tacciato di elefantiasi e passatismo).

Eppure la serie su una mamma scoppiata e nevrotica che si arrabatta nella gestione familiare delude tutte le aspettative e, a mio personale giudizio, regala solo sbadigli.
Il suo maggiore difetto è rinunciare completamente al racconto. I webisode da 5-8 minuti de Una mamma imperfetta non contengono storie forti, non stimolano gli spettatori a chiedersi cosa succederà, non sviluppano un intreccio, ma sembrano una riflessione a cuore aperto sul ruolo della mamma nella società moderna. Sono un concept album di sequenze, confessioni e illuminazioni che pongono domande pragmatiche sulla vita dei personaggi e ruotano intorno ai grandi temi dell’istituzione familiare. Solleticano l’intelletto, ma ben poco la pancia e il cuore dell’utente. E dire che le web-series, per la natura del medium e per la brevità del format, dovrebbero essere un pugno nello stomaco degli spettatori, andare subito al dunque e… tac!, colpire con irruenza. 
 
OMERO SULLA RETE
Luciano Massa, producer della Show Reel, diceva poco tempo fa che la chiave del successo di Freaks sta nella età e freschezza di tutte le persone che hanno lavorato alla serie on-line. Quindi: prodotto giovane per pubblico giovane (20-35 anni).
Invece ne Una mamma imperfetta la targettizzazione del prodotto è stata spostata di un’asticina, sulla fascia di pubblico di 35-45 anni, e andando a restringere le quote sul pubblico femminile, preferibilmente di estrazione sociale medio-alta. Vedendo la serie mi sono detto ad alta voce “io non sono così”. Non solo non scatta l’identificazione con la protagonista, anzi dopo i primi minuti si comincia a detestarla, questa donna con bassissima autostima, frenesia nevrotica, intellettualismo d’accatto e vezzi radical chic. E si ha voglia di prenderla a schiaffi, lei e le sue amiche. Non sto qui a argomentare se questo spaccato di donne sull’orlo di una crisi di nervi sia realistico. Il guaio è che il mondo costruito dalla fiction non acchiappa. Il primo drammaturgo nella storia dell’umanità sosteneva che fosse meglio un impossibile verosimile che un possibile a cui è difficile credere. Cotroneo sembra parlare più alla sua pancia e alla sua gente. Gente della sua generazione. E non riesce a farsi architetto di un universo coinvolgente, distillando pensieri e brillanti divagazioni che non fanno storia.
Lucia Mascino, Anna Ferzetti, Vanessa Compagnucci, Alessia Barela, Fausto Sciarappa e Biagio Forestieri ce la mettono tutta con le loro interpretazioni per non apparire fuori luogo, ma hanno sempre l’aria spaesata di chi pensa “Oddio, dove sono finito”.
Un linguaggio sciolto, l’eliminazione della famosa “quinta parete”, la filosofia della famiglia declinata in divertenti regole e le tante invenzioni degna di nota (ad es. l’interazione col pc e la mamma che blocca la famiglia col telecomando) non bastano a riscattare una serie un po’ borghesuccia e poco plottistica che forse troverà la sua collocazione naturale in una fascia di seconda serata di Rai Due.

UN PRODOTTO CHE NON SCALDA
Per la prima volta in Italia abbiamo un prodotto digitale finanziato dalla RAI, un prodotto che esce dalla semi-amatorialità di tante web-series, ed è progettato per un forte impatto sulla rete. Ora, fonti imprecisate dicono che Una mamma imperfetta ha registrato 120.000 visualizzazioni nei primi 4 giorni. Non essendoci una controprova, diamo per buone queste cifre che sono state presentate da chi ha realizzato la serie.
La cosa che colpisce è il numero basso di commenti delle spettatrici, rispetto al numero di download. Sono una trentina di commenti a episodio, che in alcune puntate scende ad una dozzina. Se molti utenti non hanno voluto lasciare la loro opinione su ciò che hanno visto, si ricava la sensazione che la puntata li abbia lasciati un po’ freddini. Ed è l’impressione che ha fatto anche a me, di esercizio virtuosistico, divertito e a tratti anche divertente, ma sterile e fine a se stesso, senza l’urgenza e la forza d’urto di una Felicia Day o di altri casi-feticcio del mondo web-seriale.
Per fare un bilancio dell’accoglienza di Una mamma imperfettaè ancora troppo presto. Ma qui si può ricordare che un prodotto indipendente come Freaks ha totalizzato otto milioni di spettatori e, tanto per fare un paragone con una serie prodotta da una casa televisiva, la prima puntata di Kubrickha fatto il bottino di 180.000 visualizzazioni in quattro giorni e oggi sta a 690.000 visualizzazioni, con più di seicento commenti positivi.

CONCLUSIONI
L’auspicio è che Mamma RAI torni a investire sulle web-series, come ha già annunciato, e magari investa in quei giovani youtubers provati nel settore, in professionalità acquisite nel digitale e nella crossmedialità, senza pescare nel solito parco creativi over 40. Sarebbe fantastico vedere sul palcoscenico digitale una serie che abbia caratteristiche del medium, autori nativi che colgano i nessi con i social media e sfruttino le potenzialità di una piattaforma estendibile, storie che sappiano parlare alla platea internettiana, nuove tipologie di racconto in tempi di visione ristretti e nell’ubiquità della fruizione.
Per chiudere, con le parole di un esperto di mass media, «se si dimostreranno capaci di fare luce anche su quei temi fino ad ora marginali o trattati con molti pregiudizi, le  web series potrebbero non solo cominciare a dare filo da torcere alle narrazioni mediali “tradizionali”, ma anche cominciare a svolgere una vera e propria funzione di cambiamento culturale».
  

Il Visionario

Concorsi per aspiranti sceneggiatori e per professionisti della scrittura

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MANCA POCO ALLA SCADENZA DI TRE CONCORSI. 







CIASCUNO DIFFERENTE DALL’ALTRO. UNO ISTITUZIONALE PER LUNGOMETRAGGI, UN ALTRO LOCALE PER CORTI, E INFINE UN CONTEST PER SPOT…
CE NE SONO PER TUTTI I GUSTI!  



CONTEST PER SCENEGGIATORI CON VENA PUBBLICITARIA
Dal fashion al cinema il passo è breve.  A partire dal mese di maggio e fino a fine giugno, Slowear in partnership con Domus Academy, NABA e IULM  lancia  un concorso internazionale per aspiranti sceneggiatori sul tema dello “slow lifestyle”. Tutti coloro che hanno da sempre avuto una vera passione per il cinema, possono finalmente concretizzare il loro desiderio, iscrivendosi a www.slow-lifestyle.org: una semplicissima web application li guiderà nella creazione di una sceneggiatura passo-passo. Il breve concept da sviluppare potrà  raccontare momenti di vita Slow tratti da esperienze autobiografiche o interpretare idealmente un mondo che sappia godere del momento, agendo con più lentezza e riflessione.
I lavori verranno giudicati da una giuria internazionale di professionisti e la migliore sceneggiatura sarà il soggetto delle prossime campagne pubblicitarie dell’azienda veneta. Un progetto comune condiviso con i propri estimatori  per promuovere e raccontare  la filosofia slow in maniera semplice e innovativa. Il contest firmato da Slowear non richiede infatti alcuna competenza pregressa in tema di teatro, cinema o scrittura perché l’applicazione è davvero semplice e divertente. Sarà sufficiente infatti scegliere tra opzioni prestabilite o immagini di esempio e in tempi rapidi sarà possibile creare una reale sceneggiatura, scaricabile in formato pdf e condivisibile attraverso i social network. L’attenzione al dettaglio e alla qualità, il pensiero meditato e mai banale che sta dietro ogni scelta, la capacità di dare valore alle esperienze e di prendersi il tempo necessario per costruire capi davvero irripetibili. In altre parole, il rispetto per chi crea e per chi consuma: tutto questo è Slowear, un gruppo che affonda le sue radici in una realtà artigianale e che di questa conserva la meticolosità, la ricerca creativa e approfondita e, soprattutto, la volontà di costruire capi durevoli e senza tempo.
Scopri lo Slowear Lifestyle: www.slowear.com


FONDI MIBAC: CONTRIBUTO STATALE PER LO SVILUPPO DI SCENEGGIATURE DI LUNGOMETRAGGI

Ancora poche settimane per la scadenza del concorso per lo sviluppo delle sceneggiature organizzato dal Ministero per i Beni, le attività culturali e il turismo. I fondi corrispondono a 35.000 euro per opera. Non è necessario avere una sceneggiatura già sviluppata, ma basta avere nel cassetto un soggetto ed un trattamento per un film. Occorre però che la domanda sia presentata al ministero da una società con un rappresentante legale.
Mi permetto di suggerire sommessamente al neoministro Massimo Bray che in futuro si potrebbe privilegiare in graduatoria quelle società o quegli autori che presentano il loro progetto per la prima volta. Il cinema in Italia merita un aiuto, non solo in termini economici, ma soprattutto in termini sistemici e meritocratici.
Il 30 giugno è l’ultimo giorno per presentare la richiesta di contributo per lo sviluppo di progetti tratti da sceneggiature originali. La domanda va compilata on line, utilizzando lo Sportello Cinema, accessibile nel sito internet www.cinema.beniculturali.it. Due copie in formato cartaceo devono pervenire alla direzione generale per il Cinema. La documentazione da allegare e le informazioni sono indicate nell`apposita guida, disponibile nello stesso sito internet.
Per ottenere il contributo sono richiesti:
• Soggetto
• Trattamento da cui sviluppare il progetto o, in alternativa, Sceneggiatura da cui sviluppare il progetto
• Relazione sulle fasi dello sviluppo e sull'utilizzazione del contributo
• Curriculum dell'impresa
• Curriculum dell'autore/i del trattamento o della sceneggiatura
L'elenco dei progetti ammessi al finanziamento dalla commissione per la Cinematografia della Direzione Generale Cinema saranno consultabili nell’apposito link: http://www.cinema.beniculturali.it/


CONCORSO TEMATICO DI SCENEGGIATURE PER CORTOMETRAGGI: “PORTO, MOTORE, AZIONE”

Regolamento

Art.1: Oggetto generale del concorso
Autorità Portuale di Genova e Genova Film Festival bandiscono un concorso tematico per sceneggiature inedite per cortometraggi, che ha
come fine la realizzazione dell’opera vincitrice.
Il concorso “Porto, Motore, Azione” propone una riflessione sul valore e sul ruolo dello spazio portuale oggi.
Il concorso, nell’ambito delle iniziative connesse alla redazione del nuovo Piano Regolatore Portuale, è occasione di promozione culturale che richiami l’interesse collettivo sul significato dell’identità portuale.

Art. 2: Percorsi tematici
Il porto è accesso e luogo di transito di persone, merci e idee, dalla città al mondo e viceversa.
È una risorsa per il territorio dove si sperimentano quotidianamente l’apertura e lo sviluppo di relazioni e scambi su scala globale, un luogo
caratterizzato dalla coesistenza di innovazione e tradizione, cultura locale e cosmopolitismo, alta tecnologia in costante trasformazione e
pratiche radicate.
Luogo di vita quotidiana, di attività lavorative diversificate e molteplici, il porto svolge le sue funzioni divenendo teatro di relazioni -umane, commerciali e culturali– capaci di superare i confini materiali e immateriali caratterizzanti la realtà contemporanea.
L’obiettivo del concorso è quello di proporre attraverso le sceneggiature, la riscoperta e la rivalutazione degli aspetti che meglio esprimono il
carattere di apertura, di ricchezza, di incontro e scambio, propri del porto. L’opera sarà ambientata e girata nel Porto di Genova, che dovrà essere riconoscibile nelle sue caratteristiche essenziali.

Art.3: Modalità di partecipazione
L’iscrizione al concorso è gratuita. La scheda d’iscrizione va compilata on line sul sito www.genovafilmfestival.org. Al termine di questa operazione riceverete una e-mail di conferma. Questa non sarà considerata valida in caso l’iscrizione non pervenga via posta entro i termini previsti dal regolamento oppure in caso di non accettazione delle condizioni d’iscrizione (trattamento dati personali, ecc). Sono ammesse al concorso solo sceneggiature per cortometraggi, scritte in lingua italiana, firmate da uno o più autori. Possono partecipare al concorso unicamente sceneggiature inedite dalle quali non sia mai stata tratta opera cinematografica, teatrale, operistica, televisiva o di qualsiasi altra natura, scritte in lingua italiana, di piena ed esclusiva proprietà dell’autore che le presenta al concorso. Qualora le sceneggiature siano tratte o ispirate da soggetti di altri autori o da opere letterarie, teatrali o operistiche, l’autore dovrà dichiararne la fonte e attestare il regolare possesso dei diritti d’uso di tali opere, producendo idonea documentazione. Saranno ammesse al concorso le sceneggiature che affronteranno il tema oggetto degli articoli 1 e 2 di questo regolamento. Ogni autore può partecipare con più sceneggiature e per ognuna di queste è necessario compilare la scheda di iscrizione e inviare il materiale richiesto. L’autore della sceneggiatura vincitrice riceverà un compenso di Euro 600.

Art. 4: Materiale Richiesto
Una sceneggiatura in forma americana (con le descrizioni a tutta pagina e i dialoghi al centro) con scene, pagine e battute numerate di una lunghezza massima di 10 pagine (fogli formato A4, 1800 battute per cartella, carattere 12, esempio Courier o Arial). Le sceneggiature che non rispetteranno tale criterio formale non saranno ammesse al concorso. Le sceneggiature dovranno essere concepite e scritte per un cortometraggio a soggetto, della durata massima di 10 minuti, da realizzarsi con tecnologie digitali.
La sceneggiatura dovrà essere corredata di una sinossi su foglio formato A4, di lunghezza massima di una pagina o “cartella” di 30 righe per 60 battute.
Non saranno ammessi progetti non completi (mancanti della sceneggiatura e/o della sinossi).
Gli autori possono essere più persone. In questo caso la scheda di iscrizione al concorso dovrà essere firmata da tutti gli autori.

COME DIVENTARE SCRITTORI DI SUCCESSO... SENZA UNA CASA EDITRICE

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INCHIESTA SUL SELF-PUBLISHING – Parte Prima 
Il self publishing è la nuova via editoriale? Che proventi può dare? Quali sono le strade migliori per auto-pubblicarsi a costi zero? Quali piattaforme scegliere per un e-book di successo?
TUTTI GLI STRUMENTI PER PUBBLICARE IN PROPRIO  

Negli Stati Uniti il numero dei titoli autopubblicati è triplo rispetto ai titoli pubblicati dagli editori, che oramai hanno perso il monopolio del settore. Nel vastissimo mercato anglosassone non mancano i casi di straordinario successo di e-book, diventati veri e propri casi letterari senza mai arrivare in una libreria.
Hugh Howey, un ragazzone del North Carolina, commesso part-time, ha scritto un romanzo di fantascienza, Wool, e ben quattro sequel, vendendo più di mezzo milione di copie e guadagnando più di un milione di dollari. E non è tutto: Woolsbarcherà anche a Hollywood. Alla regia di Sua Maestà Ridley Scott.
L’uomo d’affari John Locke, autore di nove libri, ha scalato le classifiche Amazon e dal 2009 è riuscito a vendere un milione di copie, grazia alle avventure di Donovan Creed, uno 007 con la mania delle donne. Un personaggio che in altri tempi sarebbe stato protagonista di tascabili da edicola e oggi, invece, conquista il web.
E che dire di Amanda Hocking, ignota adolescente del Minnesota, che da quando ha reso disponibile su Kindle l’inedito Switched – Il segreto del regno perdutoha venduto 1,5 milioni di copie? Il suo exploit è stato così travolgente che ha siglato un accordo con un editore tradizionale, per una trilogia con la stessa eroina dell’esordio, ottenendo un anticipo di ben due milioni di dollari.
J.A. Konrath, un autore di medio livello, col self-publishing ci tira su lo stipendio mensile di un manager. Dal suo seguito blog compie la sua feroce analisi, profetizzando che gli editori non potranno sopravvivere alla rivoluzione in atto. «I grandi autori inizieranno a lottare per mantenere i diritti dell’edizione digitale. Possono ricavarci il 70% contro il 17,5% che ottengono passando attraverso un editore. Se Locke ha fatto questa richiesta, e i suoi numeri di vendita sono non dimostrati e a prova di speculazione, la stessa richiesta la faranno Stephen King e James Patterson.»


Siamo al cospetto di una rivoluzione copernicana, che ha messo all’angolo le case editrici e le ha costrette a rivedere le loro strategie imprenditoriali. E’ un po’ come quando fu inventato il rullo inchiostratore per la stampa. La tipografia, da allora, non è stata più la stessa. 
Nel 2030 esisteranno ancora le case editrici? Saranno necessarie per gli scrittori? O i futuri Dan Brown creeranno una sorta di catalogo personale sulla Rete e diventeranno esperti di marketing, sostituendo gli uffici stampa e cercando con le loro uniche forze di accrescere le vendite? Perché il bello del self-publishing è questo: che trasforma l’autore in un editore e in un distributore. L’editore e il distributore di se stesso.  
Certo, da noi le cose vanno più a rilento, ma negli ultimi mesi il self-publishing si sta professionalizzando e, stando al numero dei titoli usciti, oggi può essere considerato secondo le ultime stime come l’editore collettivo più importante.
Ci sono però limiti intrinseci al nostro paese. L’allergia alla lettura di una grossa fetta della popolazione. La bassa penetrazione tecnologica e lo scarso numero di e-reader venduti. L’utenza di lingua italiana che non è molto presente nel mondo. Dunque non ci potranno mai essere i numeri stratosferici degli autori di lingua inglese, che si rivolgono ad un pubblico molto ampio.

Qualche dato incoraggiante c’è. Esempi di scrittori che ce l’hanno fatta. L’edizione digitale de Il Cappotto della Macellaiadi Lilia Carlota Lorenzo ha venduto in 20 giorni ben 1000 copie e si è poi attestato al 1° posto nella vendita tra i gialli kindle e nei primi posti della classifica generale Amazon.
La cospirazione degli Illuminati, thriller auto-pubblicato da G. L. Barone, grazie al passaparola è stato per mesi nella top ten delle classifiche ebook, prima di essere opzionato da Newton Compton e di finire al 15° posto del catalogo della casa editrice romana e al 6° di quello digitale. E’ andata ancora meglio ad Anna Premoli, partita come self-publisher e poi promossa nelle librerie, sempre da Newton Compton, col suo interessante Ti prego, lasciati odiare, per qualche settimana rimasto nella top ten.
Il successo ottenuto da Emma Books, marchio digitalenato dalla collaborazione tra Bookrepublic e la nota agenzia letteraria Grandi&Associati, lascia intravedere enormi possibilità di crescita per l’e-book. Anche se Emma Books non ha nulla a che fare con l’auto-pubblicazione, ma raggruppa diverse collane (tra cui prevalgono quelle con venature rosa, hot, glamour e mystery), dirette dalla navigata Maria Paola Romeo, presenta titoli per lettrici forti, un target di donne aperte alle innovazioni, e condivide con le esperienze anglosassoni del self-publishing il desiderio di fare rete, lo spirito di comunity, tra autrici-lettrici ed il loro pubblico. “In e-book i risultati di vendita premiano, più di ogni altro genere editoriale la letteratura scritta dalle donne per le donne”, ha detto Maria Paolo Romeo.

Perché auto-pubblicarsi
Il self publishing offre innegabili vantaggi in termini di tempi di pubblicazione. Permette all’autore di gestire in totale autonomia tutta la filiera, dalla fase dell’editing alla scelta della copertina fino alla promozione, al marketing e alla distribuzione (eventualmente utilizzando i servizi messi a disposizione dal sito o improvvisandosi imprenditori e pubblicitari). Il controllo creativo è tutto nelle mani dello scrittore, che avrà una chance in più per emergere in un campo difficile e spesso miope, per farsi conoscere in pochi mesi dal pubblico dei social network, dei blog e della community, e  infine – cosa non trascurabile – per guadagnare direttamente dalle vendite del suo e-book. L’auto-pubblicazione infatti fornisce delle percentuali di guadagno, potenziali s’intende, che nessun editore si sognerebbe di offrire, a discapito della stessa sopravvivenza di una casa editrice: si va dal 30% all’80% del valore del libro. Che tradotto in cifre sono soldoni.
La quota più rilevante delle opere auto-pubblicate appartengono alla narrativa e alla poesia, e sicuramente la fa da padrone il genere urban fantasy, cliccatissimo. Anche la non-fiction, la saggistica di attualità e la saggistica professionale, sono di moda. Pubblicazioni scientifiche, saggi e ricerche in campi disparati, manuali di cucina, guide salutiste, abbecedari su come tagliare l’erba del giardino, fare yoga o rilassarsi in cinque minuti sono molto richiesti nel mercato digitale.
Pubblicare un e-book è un’ottima occasione per mostrare le proprie doti di scrittore, aggirare le lungaggini dell’editoria tradizionale, dribblare l’impenetrabilità dei grandi colossi editoriali, e saltare a piè pari la censura preventiva degli agenti e la cecità di editor e lettori un po’ frettolosi.
Diciamolo chiaramente: il 90% degli esordienti ha già proposto la sua opera all’editoria tradizionale, ha ricevuto una risposta negativa ed è stato cestinato oppure – nel caso più biasimevole – non è stato neppure preso in considerazione e valutato, e allora cerca la sua rivincita come il conte di Montecristo, guardando alle sterminate praterie virtuali e sognando di imitare John Locke.  
Ironia della sorte, capita, rare volte ma capita, che l’establishment editoriale che prima ti aveva rifiutato s’accorga del picco delle tue vendite on line e alla fine ti accolga a braccia aperte, come una ragazza volubile che per anni ti snobba e un giorno all’improvviso prende lei l’iniziativa e ti stampa un lungo bacio in bocca (e tu la guardi fissa negli occhi e pensi che è matta).


L’invasione degli ultra-corpi
I siti di self publishing permettono di accedere alla pubblicazione di un libro senza barriere, aumentando enormemente la platea di quanti possono pubblicare. Il libro diventa così una forma libera di espressione delle idee. Ci sono chiaramente dei limiti anche in un’operazione del genere. Se a costi quasi nulli si finisce nel mercato degli ebook e se non ci sono controlli sui contenuti, allora via a pile di manoscritti indigeribili e diamo la stura a un esercito di aspiranti autori, frustrati da motivati rifiuti editoriali, che suoneranno il passo di carica sommergendoci delle loro insulse opere esoteriche, dei loro romanzi di vampiri o dei tomi di fantascienza senza capo né coda.
La democratizzazione di un processo comunicativo porta all’appagamento dell’ego di persone poco dotate e ad una banalizzazione del mestiere di scrittore. Chi si autopubblica dice a se stesso di essere il migliore, non si pone domande sulla reale qualità del suo lavoro e non si chiede se questo potrà incontrare eventuali lettori disposti a perderci del tempo sopra (e a pagare per leggere). A premiare il narcisismo di una foltissima schiera di aspirati scrittori sprovvisti di talento già ci pensavano le case editrici a pagamento, le cosiddette vanity press. D’altro canto, con il fenomeno dell’auto-pubblicazione si può senz’altro celebrare la morte, o l’agonia, di quei furbetti che chiedevano somme ingenti a qualche spirito ingenuo per concedere loro di vedere il proprio nome stampato sulla brutta copertina di libri destinati a rimanere invenduti.
Col senno di poi, oggi c’è chi dice che occorrerebbe mettere dei freni, pensare ad una minima selezione delle opere, ad un vaglio dei contenuti proposti, perché il già fragile ecosistema culturale non sia sconvolto da una invasione di libri privi di senso e di logica. Già se ne vedono troppi simili nell’editoria tradizionale.
 
Cosa significa pubblicare senza un editore
L’autore crea il libro e lo mette in vendita partendo da un sito o da una piattaforma on line. In genere non ci sono costi, se non quelli relativi alle copie cartacee che si decidono di acquistare. Le vendite avvengono attraverso internet e, in alcuni casi, possono prevedere il coinvolgimento di punti vendita tradizionali, come le librerie, che raccolgono gli ordini e consegnano la copia ordinata al lettore. Ormai l’auto-pubblicazione non è più una cosa da sfigati, anche se in Italia non è stato ancora sdoganato culturalmente. Se si è convinti che quella sia la strada giusta e si sta lavorando ad un testo interessante, allora si può sfruttare la Rete per cercare dei beta-reader che diano consigli sull’editing, si affina la qualità dell'opera (che resta il vostro primo obiettivo), poi chiederete ad un creativo l’elaborazione del progetto grafico e compirete sotto la vostra direzione, in outsourcing, la parte migliore del processo editoriale.
Le imprese di self publishing adottano un sistema di web to print: permettono agli utenti di stampare un libro partendo da un sito web e riceverlo a casa stampato. L’evoluzione della tecnologia digitale permette di stampare un libro con ottima qualità, a basso prezzo e in un numero di copie limitato. E’ il libro on demand, fornito su richiesta, senza sostenere investimenti per produrre grandi quantitativi ed eliminando il costo dei magazzini e gli sprechi legati alla necessità di mandare al macero le copie invendute.
Ma la vera rivoluzione del self-publishing è quella di affidare il copyright e i diritti di sfruttamento commerciale all’autore. Nessuno scrittore cede, neanche temporaneamente, i diritti di sfruttamento commerciale di quanto pubblicato. L’opera appartiene al suo creatore al 100%. Gli viene data persino la facoltà di registrare un codice ISBN (il codice che consente l’ingresso nel catalogo ufficiale di quanto pubblicato) in modalità “author’s publishing”: così cade l’obbligo di indicare un editore come responsabile della pubblicazione e l’opera viene catalogata come “pubblicata da un autore”. Insomma, è finito il tempo delle vacche grasse per gli editori e, se possibile, si prevedono tempi ancora più bui per l’industria del libro.

[Nel prossimo post le soluzioni più convenienti per auto-pubblicarsi. Vi consiglierò le migliori piattaforme di self-publishing e ne spiegherò pregi e difetti.]

Crowdfunding. Il vero antidoto contro la crisi è la cultura del fare

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Due interessanti progetti che hanno bisogno del vostro aiuto per vedere la luce. Basta anche una piccola somma per finanziarli...
Il primo è il documentario “Una mappa per due”; il secondo è il lungometraggio “Censurado”, che sarà girato a Barcellona.
Date un'occhiata a queste due iniziative, che non mancano di coraggio! 

In una stagione travagliata e di gravissima difficoltà economica solo pochi produttori si spartiscono le briciole di un sistema in via di consunzione ed occupano palinsesti televisivi logori e sale cinematografiche sempre più vuote. 

Ho deciso così di segnalare l'iniziativa di chi non intende proporre storie massificate né passare per le strade produttive tradizionali, mettendosi in fila come passacarte negli uffici della RAI o del Mibac, aspettando i soliti tempi biblici (nella migliore delle ipotesi), ma si è rimboccato le maniche, si è messo in gioco e ha creduto bene di rivolgersi direttamente al pubblico con progetti di qualità.

Da una parte UNA MAPPA PER DUE, un documentario che esce dalle sacche del provincialismo e ci racconta il viaggio di due persone intorno al mondo, a cavallo di una moto, negli anni Cinquanta, attraverso 5 continenti e 35 paesi. Il progetto cerca sulla piattaforma Verkami i fondi per essere realizzato.

Dall'altra parte, i produttori del film CENSURADO, un dolente lungometraggio di amore, affetti traditi e di speranza, vanno a caccia di finanziamenti con metodi rigorosissimi su Produzioni dal Basso. Che con i suoi 305 progetti finanziati e la somma di 779.923,09 € (per transazioni eseguite tra utenti) si conferma come la piattaforma di crowdfunding più gettonata del momento.  

SOSTENETE I PROGETTI, PUBBLICIZZATELI O ALMENO LEGGETE PIU' AVANTI DI COSA SI TRATTA... 



IL DOCUMENTARIO  
“UNA MAPPA PER DUE”

E' partita da un po’ di giorni la raccolta di crowdfunding per il documentario "Una Mappa per Due" lo straordinario racconto di due giovani bolognesi che nel 1957 hanno fatto il giro del mondo in sella a due ducati 175, armati solo di una cinepresa 16 mm e di una mappa.
A lanciarlo è POPCult, casa di produzione indipendente che ha già esperienza nel crowdfunding, un processo di finanziamento dal basso col quale il pubblico può "investire" le proprie risorse nei progetti che sceglie direttamente, attraverso piattaforme online dedicate.
L'anno scorso per il precedente progetto "Subbuteopia" POPCult ha raccolto 15.750 euro.
Oggi c’è la stessa formula come un anno fa: 40 giorni questa volta per raccogliere 10.000 euro, se non si raggiunge l'obiettivo fra 40 giorni, la produzione non riceverà nessun sostegno. Questo il link per sostenere il progetto http://www.verkami.com/projects/5519.

Cos'è il crowdfunding?
Per il pubblico è la possibilità di scegliere e supportare i progetti che più gli piacciono e per gli autori la possibilità di mettersi in contatto diretto col proprio pubblico.
Come funziona?
Ci sono a disposizione 40 giorni per effettuare i versamenti e raggiungere la quota di 10.000 euro. Se non la si raggiunge non si prende nulla neppure dei versamenti effettuati fino a quel momento.
Ci si reca sulla piattaforma all'indirizzo http://www.verkami.com/projects/5519 e si fa un versamento corrispondente alle proprie disponibilità e desideri. In cambio si ricevono delle ricompense, qui a disposizione per questo progetto ci sono placche vintage, modellini in resina di motociclette, gemelli a forma di motocicletta, le magliette e molto altro...
Perchè farlo?
Perchè è un progetto del quale si può andare orgogliosi di far parte.



IL LUNGOMETRAGGIO
 “CENSURADO”

Il film sarà girato tra Novembre e Dicembre 2013 a Barcellona e per vedere la luce ha bisogno del sostegno del maggior numero possibile di persone.

PER INFO SUL FILM ANDATE SUL SITO: www.censurado.it

SINOSSI
Vigilia di Natale. E’ da poco passata la mezzanotte. Riccardo Trudi è seduto sul divano adiacente il grande albero di Natale che campeggia maestoso sul salone in stile moderno. Addobbi, luci, colori.
Lisa, la figlia di 4 anni, è intenta ad aprire regali di ogni genere. E’ felice, sorridente. La moglie, Giulia, entra ed esce di campo. Una vigilia di Natale come tante altre. Il Natale: l’importanza della sua celebrazione attraverso tanti piccoli, grandi gesti. Tale armonia è solo il preludio al caos.

Info ulteriori:
Il film nasce da un'idea di fondo: la destabilizzazione dell'individuo attraverso un evento irrevocabile ed imminente. Comincia così lo script del film ambientato durante uno dei giorni più gioiosi e festosi dell'anno.
"CENSURADO" non è una commedia romantica ma una drammatica storia d'amore intrisa di violenza e coincidenze. Non è di certo una storia per perbenisti o conservatori ma vuole essere un film di un "realismo spietato". Un realismo figlio del mondo in cui viviamo.
La violenza nel cinema esiste sin dai primordi. Non tutti capiscono, o perlomeno non vogliono capire che, una scena violenta è prima di tutto una scena drammatica, con un'anima.
Destabilizzare per sensibilizzare. Sensibilizzare per far riflettere. Una meravigliosa riflessione sull'amore, sul dolore e sul destino.

OBIETTIVI:
Il film verrà distribuito per partecipare alla selezione di festival internazionali, per la vendita a specifici canali televisivi e su internet. Vogliamo raggiungere un gran numero di persone affinchè il film possa dire ciò che ha da dire. E, ovviamente, vogliamo dirlo bene. Vogliamo ottenere un buon risultato e lo vogliamo anche per noi stessi! Il film è un prodotto indipendente CHE DESIDERA "URLARE" la propria passione per l'arte!

SOSTIENI LA PRODUZIONE DEL FILM “CENSURADO, NO ES TIEMPO PARA EL AMOR": DIVENTA CO-PRODUTTORE GRAZIE ALL'ACQUISTO DELLE QUOTE ONLINE.

PROCEDURA GUIDATA PRENOTAZIONE E ACQUISTO QUOTE “ON-LINE”:
(durante questa fase si tratta solo ed esclusivamente di una PROMESSA di acquisto. Una vera e propria prenotazione)
1. Cliccate sul tasto “SOSTIENI” alla sinistra del vostro schermo;
2. Inserite il numero di quote che volete prenotare. Ogni quota costa 20,00 Euro;
3. Effettuate dunque la registrazione al sito. E’ necessario inserire un indirizzo EMAIL valido da voi controllato, un “USER NAME” ovvero un nome che vi identifichi e una password a vostra scelta che dovrete inserire due volte. Ricordatevi di “spuntare” l’adesione ai dati personali sotto il campo “PASSWORD”;
4. Inserite poi i vostri dati: nome, cognome, indirizzo, città, stato e C.A.P.;
5. Premete il tasto “INVIA”;
6. Riceverete una mail di conferma della prenotazione delle QUOTE. SE NON VEDETE LA MAIL, GUARDATE NELLO "SPAM". A mail ricevuta, dovrete cliccare sul link presente nella stessa per confermare la vostra prenotazione;
7. Solo quando tutte le 3.500 quote saranno prenotate, vi sarà automaticamente inviata una mail al vostro indirizzo con le coordinate per il versamento delle vostre quote (nb. è possibile acquistare le quote anche con Postepay o Paypal);
8. Vi sarà dunque spedito via e-mail il contratto (che tra l'altro potete già visionare al fondo di questa pagina in formato PDF) con EXAMPLE srl, dove verrà formalizzato l’accordo produttivo in modo da tutelare le parti. Il contratto andrà compilato con i vostri dati e rispedito a EXAMPLE srl sempre via e-mail;

LE QUOTE:
Sono 3.500 le quote che possono essere acquistate. Ogni quota costa 20 Euro e dà diritto a allo 0,0155 % degli incassi cinematografici totali del film. E' ovviamente possibile acquistare più quote, al fine di incrementare la propria percentuale sugli introiti provenienti dai botteghini. Acquistando dunque una quota del film, si diventa a tutti gli effetti PRODUTTORI associati del film e pertanto sarà stipulato, con chiunque acquisti almeno una quota, un contratto con EXAMPLE srl con quanto qui espresso, al fine di tutelare entrambe le parti. Per qualsiasi info non esitate a contattarci via Email: info@censurado.it
Una volta acquistata una o più quote vi verrà inviato il contratto che dovrete restituire firmato e con i vostri dati, dove sarà sancita la "cessione" di una percentuale degli incassi (variabile a seconda del numero di quote prese) con ciascun sottoscrittore.
1 quota (20 Euro) 0,0155%
2 quote (40 Euro) 0,0155% x 2
3 quote (60 Euro) 0,0155% x 3
e così via, a crescere a seconda delle quote acquistate.
NB. Chi prenota almeno n° 2 quote: 2 x 20 Euro, avrà la possibilità di partecipare ad un'estrazione finale. Il vincitore di tale estrazione potrà presenziare per alcuni giorni sul set di Barcellona a nostre spese. Vitto e alloggio compreso.
Inoltre tutti i SOSTENITORI saranno citati nei titoli di coda del film come Produttori associati.

BUDGET NECESSARIO:
La richiesta di 70 MILA euro è solo una parte del budget necessario. Dobbiamo girare a Barcellona e dintorni per numerosi giorni e abbiamo delle complessità logistiche in termini di location, permessi, illuminazione, costumi e comparse. Abbiamo già avuto dei finanziamenti da enti e privati, ma abbiamo bisogno di voi. Per questo motivo il nostro obiettivo è di 70 mila euro con Produzionidalbasso.
Di seguito illustriamo brevemente come saranno spesi:
-preparazione (pasti, pernotti, benzina, telefono, stampe, fotocopie)
-produzione (pasti, pernotti, benzina, pickup e van, telefono, fotocopie, stampe)
-assicurazione e permessi (materiale tecnico, location, troupe, attori, comparse, minori)
-telecamera, obiettivi, luci, materiale tecnico
-affitto location, arredamento, fabbisogni
-costumi
-registrazione diritti d'autore
-post produzione
-DCP*
-distribuzione
*Il DCP è il formato digitale per la distribuzione cinematografica di un' opera audiovisiva che consente di preservare la qualità iniziale del prodotto per la proiezione su grande schermo.
Il DCP può contenere l'opera in più lingue e con diversi flussi di sottotitoli (analogamente ai DVD e Blu-ray).
Il DCP è a tutt'oggi uno strumento imprescindibile per tutti quei registi indipendenti che intendono proporre le proprie opere a concorsi nazionali e internazionali, preservando la massima qualità possibile del lavoro.

ALTRI MODI PER AIUTARCI:
Se in questo momento non potete darci una mano attraverso una piccola donazione, potete aiutarci nei modi seguenti:
-Condividete questa campagna di produzionidalbasso tramite facebook, twitter e altri social media
-Mandate email ad amici e familiari e chiunque possa essere interessato a supportare un film
-Qualunque cosa vi venga in mente per divulgare… divulgare… divulgare la nostra campagna...
Grazie mille a tutti!!! 

IL DELITTO E' SERVITO: IL MISTERO DELLA CAMERA CHIUSA

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UN CLASSICO DEL GIALLO DELLE ORIGINI, L'ENIGMA PIU' DIFFICILE DA RISOLVERE PER L'INVESTIGATORE: 
IL LOCKED ROOM MURDER - DALLA FINE DELL'OTTOCENTO AGLI ANNI '40 - LA STORIA DI UN SOTTOGENERE POLIZIESCO DI INDUBBIA EFFICACIA 

Qual è l’omicidio che si presenta a prima vista “impossibile” da risolvere? Quale è il crimine che la polizia non sa spiegarsi, per le condizioni stesse in cui è stato realizzato? 
Gli appassionati del genere giallo risponderebbero che stiamo parlando di un crimine commesso in una stanza chiusa dall’interno. Dove nessuno è entrato. A parte la vittima, che però non parla perché è passata nel regno dei morti.
Perché l’assassino non ha lasciato tracce del suo passaggio? In che modo è penetrato nella camera se era sigillata e la porta non presenta segni di scasso? Un essere umano può passare attraverso le pareti e svanire nel nulla? Siamo in presenza di un fenomeno paranormale? Chi ci dice come sono andate le cose? 
“Naturalmente io so chi è l’assassino, mon ami”, affermerebbe Hercule Poirot. E infatti l’eroe, il solito immancabile detective dal proverbiale fiuto, ha un genio talmente smodato da scoprire che non ci sono elementi inspiegabili, da scartare l’ipotesi che l’assassino appartenga al mondo immateriale degli spiriti e ricondurre i fatti ad un’origine meschinamente umana.
La situazione del “delitto della camera chiusa”, cioè del vile assassinio che avviene dentro una stanza impenetrabile, costituisce un genere nel genere e, secondo il volume di Adey Locked Room Murders and Other Impossible Crimes, è uno stratagemma adottato da duemila romanzi e racconti. 
Questo sottogenere viene considerato da molti l’espressione matura del poliziesco, molto di più di un semplice indovinello, perché lascia il lettore incerto sino alla fine sulla veridicità e sulla consistenza dei fatti che gli sono stati raccontati. Durante lo sviluppo del “giallo della camera chiusa” serpeggia un clima di incredulità, che nelle ultime pagine si tramuta in un netto rifiuto del soprannaturale a favore della razionalità con cui l’investigatore ricostruisce gli eventi.

Se tralasciamo il racconto di Le Fanu Passage in the Secret History of an Irish Countess, il primo mistero della stanza chiusa coincide con la nascita del giallo. 
Con parole dense di tragicità Edgar Poedescrive il momento della scoperta dei corpi in un appartamento ermeticamente serrato: «Arrivati in una grande stanza la cui porta, chiusa dall’interno, dovette essere forzata, agli occhi dei presenti si offrì uno spettacolo tale da agghiacciarli». Ne Gli assassinii della Rue Morgue il colpevole insospettabile è una scimmia dotata di una forza prodigiosa, e la conclusione non rende giustizia all’atmosfera iniziale pregna di effetti sinistri.   
Il vero artefice del successo del sottogenere è senza dubbio Israel Zangwill con Il grande mistero di Bow. Intellettuale inglese di origini russe, Zangwill ha un destino curioso. Inizia a scrivere la sua opera con l’intenzione di parodiare le convenzioni del genere, ma dopo che nel 1892 esce a puntate riscuotendo una popolarità immensa, entra nella storia del giallo grazie al suo unico romanzo.
Siamo in un quartiere povero di Londra. Il signor Constant ha un mal di denti e va a letto, chiedendo alla proprietaria di casa, la signora Drabdump, di essere svegliato presto. Questa, alle sei e quarantacinque del mattino di una nebbiosa giornata, bussa alla porta, ma non ottiene risposta, pertanto si reca in cucina a preparare la colazione. Alle sette e mezzo l’inquilino non è ancora sveglio, quindi la Drabdump ribussa. Anche questa volta non riceve risposta. La signora pensa che abbia deciso di dormire un po’ di più. Quando si son fatte le otto e trenta, un presentimento si insinua nella mente della donna, che decide di chiedere aiuto a Grodman, un investigatore oramai in pensione, che abita dall’altro lato della strada. Giunti davanti alla porta, il detective prova a girare la maniglia, ma è chiusa, e l’unica cosa da fare, a questo punto, è forzarla. La stanza appare silenziosa e solo un filo di luce entra dalle finestre sbarrate. Improvvisamente la macabra scoperta: Constant giace nel letto con la gola tagliata. L’ipotesi di un suicidio viene subito scartata, ma anche quella di omicidio è improbabile. La stanza era sprangata dall’interno, con un camino troppo piccolo per farvi passare una persona.
Così inizia la trama del romanzo di Zangwill. E il leggendario finale ci regala un colpo da ko, spiegando come il povero Constant sia stato drogato e la sua uccisione sia avvenuta soltanto dopo che la porta era stata buttata giù. Il delitto è stato consumato quando la stanza chiusa è stata violata. In realtà a piantare un ago avvelenato nel corpo di Constant è stata la signora Drabdump mentre fingeva di soccorrerlo.

Conan Doyle, nel racconto La banda maculata(1892), presenta il suo enigma a porte chiuse. Il patrigno di due ignare ragazze non esita a servirsi di un velenosissimo serpente che fa entrare dal condotto di aerazione per togliere di mezzo le figliastre allo scopo di sottrarre loro l’eredità lasciata dalla defunta moglie.

Il Mistero della camera gialla (1908) di Gaston Leroux fornisce un esempio fra i più celebri di “camera chiusa”. Qui una serie di sfortunati incidenti concorrono a creare l’illusione che sia avvenuto un omicidio. Ma non è così.
Nel racconto Il pugnale d’alluminio (1909) di Freeman l’omicidio sembra commesso dentro la stanza. Poi scopriamo che l’arma del delitto, il pugnale del titolo, è stato sparato con un fucile dall’esterno ed è passato nella camera attraverso una sorta di feritoia.

Edgar Wallace ne L’enigma dello spillo(1929) elabora un metodo sconcertante per far commettere un omicidio. L’assassino uccide un uomo in una stanza. Poi con calma piazza uno spillo robusto al centro del tavolo. Lega alla capocchia dello spillo un filo che passa nell’occhio di una chiave e fa attraversare una griglia dell’aerazione. Esce dalla stanza e dall’esterno tira la chiave, legata al filo, per infilarla nella serratura. Sempre grazie a questo arzigogolato sistema fa scivolare la chiave sul tavolo, infine esercita un piccolo strattone e stacca lo spillo.   

Inconsueta è invece la soluzione di S.S. Van Dine ne Il mistero della canarina assassinata (1930). Le circostanze dell’omicidio gettano i tutori della legge in uno stato di scoraggiante oscurità e confusione, rivelando «molti recessi bui della misteriosa natura umana» e «la strana, satanica sottigliezza di una mente resa acuta da una disperazione tragica». Ma si vedrà che la camera è solo apparentemente chiusa dal di dentro e l’assassino ha “truccato” la porta con l’intento di farla sembrare serrata e l’ha aperta attraverso un complesso sistema di spilli e cordoncini che fanno leva sul paletto e lo costringono a scorrere. 

David Dannay e Manfred Bennington Lee spingono sul pedale dell’inventiva sino al limite massimo consentito, sfidando ogni plausibilità, quando in Delitto alla rovescia (1934) fanno trovare il cadavere di uno sconosciuto in una stanza la cui unica porta aperta è stata sempre sorvegliata, e al cui interno tutto è rinvenuto capovolto, dai quadri alle pareti fino ai vestiti dell’uomo ucciso, giacca, scarpe, calze, pantaloni, indossati alla rovescia. Ellery Queen scopre che il morto è un prete e l’assassino ha invertito l’arredamento della stanza e tutti gli abiti della vittima per coprire l’unico capo che un sacerdote porta alla rovescia, cioè il colletto. Che siamo all’interno di un gioco squisitamente intellettuale, lo ribadisce il protagonista detective, Queen, che non esita a interrompere la storia per avvertire il lettore che può considerarsi in possesso delle stesse informazioni che ha lui ed espone la sua filosofia investigativa con spensierata lucidità. «Il mio lavoro è fatto non con esseri umani, ma con simboli… mi sono sempre rifiutato di cogliere l’aspetto umano del problema, lo tratto solo come una questione di Matematica».

Sulla base di un recente referendum di critici, il capolavoro della camera chiusa è considerato in modo unanime il romanzo Le tre bare(1935), di John Dickson Carr, che contiene, nel secondo capitolo, una vera e propria trattazione sull’argomento.
« – Ora vi farò una conferenza – ripeté inesorabilmente il dottor Fell sulla meccanica generale e lo svolgimento della situazione nota, nelle storie poliziesche, come “la camera chiusa”.
        Uhm. Tutti quelli che si rifiutano possono saltare a pie’ pari questo capitolo».
Il brillante Fell, protagonista del romanzo, prima ancora di cominciare le indagini, si lancia in una ardita disquisizione teorica. Carr gioca apertamente con il lettore, invitandolo a sciogliere il rebus prima di Fell. L’inventore dell’enigma sollecita il suo pubblico a leggere il romanzo con attenzione e a cogliere ogni indizio, provando a indovinare la cervellotica soluzione. Ormai il sottogenere è diventato scuola compositiva, basata su precise atmosfere e ingredienti, e si appella ad una curiosa “interattività”, un patto di complicità con chi legge. Questa cristallizzazione del topos narrativo vale una lunga digressione che ha un sapore autocelebrativo e che non esclude discussioni letterarie.
« – Ma se volete analizzare situazioni impossibili perché parlare di romanzi polizieschi?
        Perché – rispose tranquillamente il dottore – siamo in una storia poliziesca e non dobbiamo ingannare il lettore fingendo di non esserci. Non dobbiamo inventare scuse elaborate per tirar dentro una discussione sui romanzi polizieschi».
Ma di cosa tratta precisamente Le tre bare? Durante una serata nevosa, Charles Grimaud, esperto di fantasmi e illusionismo, viene ucciso nel suo studio da uno sconosciuto che indossa una maschera. Alcune persone vedono entrare l’uomo mascherato ma, dopo aver sentito lo sparo, non vedono uscire nessuno. Inutile dire che la stanza viene trovata chiusa dall’interno, con Charles agonizzante e nessuna impronta sulla neve fresca intorno alla casa... Da dove è fuggito l’assassino? Un’altra persona viene uccisa, apparentemente nello stesso istante del primo omicidio, in una via londinese imbiancata dalla neve, ed anche in questo caso non ci sono tracce sulla neve che riveste la città come un sepolcro. Sarà Fell dopo un tour de force investigativo a dipanare i meccanismi usati dall’assassino per portare a termine la sua opera. Non sveleremo il mistero, per non rovinare la sorpresa, ma basti sapere che Le tre barefornisce la soluzione più brillante di tutto il genere.


COME AUTO-PUBBLICARSI SU INTERNET. LA PIATTAFORMA DI MONDADORI o QUELLA DI NEWTON COMPTON?

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INCHIESTA SUL SELF-PUBLISHING – Parte Seconda
 
Non spendere soldi per fotocopiare il tuo manoscritto e inviarlo a editori che non ti risponderanno mai. Pubblica la tua opera in formato digitale e scegli tra YouCanPrint, Narcissus, Writing Life, Libromania, e molte altre realtà on line (che diventano sempre più agguerrite).
Una panoramica su quali sono le piattaforme per creare un e-book e le soluzioni migliori per auto-pubblicarsi.
Mentre il mondo della carta stampata si prepara al funerale degli editori tradizionali e sempre più librerie chiudono le saracinesche, Mondadori e Newton Compton si affrontano ad armi pari sul digitale e lanciano iniziative destinate a scoppiare come bombe a orologeria.


Vantaggi della transizione al digitale
Per la prima volta in Italia un autore vende più e-book che copie cartacee, e non stiamo parlando di uno scrittore qualsiasi, ma di Dan Brown, uno degli autori più venduti (e, sigh!, sopravvalutati) al mondo. Oggi la Rete è diventata uno strumento di distribuzione e di fruizione decisivo. I device e i nuovi strumenti di comunicazione quali ereader, tablet e smartphone offrono a tutti la possibilità di avvicinarsi ad un libro in forma digitale. Gli ebook sono per forza di cose i nuovi protagonisti del mercato editoriale. Non solo romanzi ma anche fumetti, guide, ricettari e libri accademici. Ecco perché le nuove tecnologie ti permettono di pubblicare con facilità tutti i generi e di vedere in pochi minuti, sotto ai tuoi stessi occhi, la nascita della tua opera. Parallelamente si afferma un nuovo modello di vendita che punta su una politica di prezzi più bassi in grado di migliorare la diffusione dell’e-book. Tieni a mente che, in media, nella top 100 di Amazon, il 20% dei titoli costa 99 centesimi e che l’editoria digitale può rilevare immediatamente il riscontro del pubblico e ha una grande flessibilità. Per far circolare la tua opera, puoi essere molto aggressivo sui prezzi, abbassandoli quando le vendite calano e alzandoli quando le vendite crescono.
Inoltre puoi contare su una distribuzione del prodotto sempre più capillare ed in circuiti già apprezzati dagli appassionati (IBS, Libreria Universitaria, Bol.it e molti altri sono siti).

Per lo scrittore esordiente, ma anche per l’autore già rodato, stanco di guadagnare percentuali basse e di aspettare i pagamenti eternamente rinviati dalle case editrici, il self-publishing resta una corsia preferenziale, in quanto permette di mantenere una buona percentuale sul prezzo di copertina. Con l’auto-pubblicazione ti spettano di diritto royalties alte, con pagamenti mensili che ti garantiscono flussi di danaro regolari. Inoltre puoi gestire il processo di pubblicazione in tempi molto più celeri dei canonici 12 mesi degli editori tradizionali (che adesso stanno diventando 18 se non 20). Ma c’è un elemento ancora più importante: il controllo totale dell’opera. Puoi decidere da solo la copertina, le strategie di marketing, il target del libro, i lanci per le recensioni. Insomma, diventi un vero e proprio editore.



Le migliori soluzioni per auto-pubblicarsi
Per chi si accosta per la prima volta all’auto-pubblicazione si presenta un mondo variegato e liquido, forse anche troppo caotico, fatto di molteplici alternative. Si va dalla piattaforma supportata dalla Mondadori, Writing Life, alla recente risposta fornita dalla partnership De Agostini-Newton Compton. A chi rivolgersi? Su Internet c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Dovrai tenere conto dei possibili profitti, degli eventuali costi dell’e-book, della distribuzione, del formato, della possibilità di avere copie cartacee, e di diversi fattori che ti faranno propendere per una o per l’altra soluzione.
E’ bene dire che alcune piattaforme ti fanno pagare a parte il codice ISBN; altre invece ti mettono sul conto la conversione del file word in formato e-pub (in quest’ultimo caso, ci sono programmi gratuiti per procedere; consulta anche http://www.scriveresuivetri.it/blog-scrittura/come-convertire-word-in-epub).

Vediamo insieme le piattaforme che sono oggi a disposizione dell’utente per fare un po’ di ordine e qualche semplice calcolo di convenienza.     


1. YouCanPrint  www.youcanprint.it
Nel panorama del self-publishing italiano Youcanprint è sicuramente la soluzione più completa sia in termini di offerta editoriale che di opportunità di vendita e di distribuzione. La royalty è abbastanza elevata, cioè il 50% sul prezzo di copertina, e YouCanPrint prevede dei costi minimi per pubblicare in ePub il tuo e-book, ma riesce ad esporlo sulle vetrine virtuali di Amazon, IBS, Libreria Universitaria, Bol, iBook, LaFeltrinelli.Inoltre offre diversi servizi aggiuntivi, tutti a pagamento, come Editing, Correzione Bozze, Grafica Illustrata, Traduzione, Blogging e Booktrailer. Di recente ha aumentato il numero di librerie fisiche presso le quali è possibile ordinare i libri, includendo un brand importante come le Librerie Feltrinelli (104 punti vendita in tutta Italia). A differenza di altri servizi di self-publishing il servizio di reperibilità della propria opera presso le Librerie Feltrinelli non ha costi aggiuntivi per l'autore ed è incluso nel servizio di distribuzione.
Con la nascita di Mazy.it, uno store ebook generalista di proprietà Youcanprint, sono distribuiti oltre 40.000 ebook della maggior parte degli editori italiani. Mazy.it è l’unico ebook store italiano che ha una sezione interamente dedicata al self-publishing e in particolare alle opere pubblicate con la piattaforma di Youcanprint.it.

2. Writing Life di Kobo  www.kobobooks.it
Oltre a produrre e-reader, la società nippo-canadese Kobo ha creato una piattaforma per l’auto-pubblicazione di romanzi, brandizzata “Kobo Writing Life“. Questa piattaforma naturalmente ha un occhio di riguardo verso i possessori di e-reader Kobo, ma si rivolge anche a tutti gli altri device.
 Il fatto che Kobo sia venduto nelle librerie Mondadori, ha creato un po’ di confusione anche tra gli addetti ai lavori, ma non si tratta di una iniziativa da riportare in maniera diretta alla casa di Segrate. Apertura, semplicità e ricche royalties servono ad attrarre gli scrittori che si auto-pubblicano con Writing Life. Una delle cose più interessanti della piattaforma è che non esiste un prezzo minimo: il libro può anche essere regalato, il che potrebbe costituire una differenziazione non da poco con gli altri agguerriti concorrenti americani. Altro lato forte è la socialità. Sulla connessione tra l’autore ed il lettore Kobo ha puntato molto già in passato, e ora – grazie al know-how raggranellato con il programma Author Notes – collegare le due estremità del mondo letterario diventerà ancora più cruciale. Per quanto riguarda l’aspetto economico, sono offerte royalties più elevate del 10% rispetto alla concorrenza.

3. Libromania  www.libromania.net
Ultima arrivata, derivata da De Agostini Libri e Newton Compton, rappresenta un modello misto, a metà tra auto-pubblicazione ed editore digitale. Nasce infatti per scoprire nuovi talenti e portarli velocemente e gratuitamente alla pubblicazione in e-book, con l'ausilio di uno staff editoriale esterno che segue l’autore in tutte le fasi (non è chiaro per ora se l’editing sarà a pagamento o gratuito). Chiunque può caricare sul sito il proprio testo. Un team professionale lo valuta, apportando all’occorrenza revisioni e aggiustamenti; una volta che il testo è stato accettato spetta all’autore approvare le condizioni di pubblicazione e da quel momento LibroMania focalizzerà i suoi sforzi nella promozione e massimizzazione delle vendite dell’e-book. 
Libromania consiglia di non superare i 600.000 caratteri, spazi inclusi, e di non inserire immagini nel testo. Cerca “autori di talento, storie in grado di emozionare; opere che sappiano raccontare la realtà; testi che soddisfino la curiosità e gli interessi dei lettori.” Valuterà tutte le proposte ricevute e comunicherà l'esito della valutazione entro 60 giorni dall'invio del file. In caso di sovraccarico di richieste, Libromania comunicherà un'estensione dei termini per il completamento della valutazione. In caso di esito favorevole della valutazione potrà comunicare all'Autore gli interventi migliorativi di revisione che intende apportare all'opera e le eventuali modifiche di editing e le proposte per il publishing finale (titolo, copertina, prezzo, etc.). A differenza di ciò che avviene nel self-publishing puro, LibroMania opera una prima scrematura dei testi che arrivano alla redazione. Poi offre agli utenti che sono stati accettati un supporto nella preparazione del testo, con tempi certi in merito alla pubblicazione, e dà il suo prezioso aiuto nelle azioni di marketing. Elemento non trascurabile: sono garantite royalty del 50% all’autore, che sarà informato delle vendite attraverso un puntuale report. “Cerchiamo di dare un contributo diretto alla qualità dei testi per aumentare la percentuale di successo rispetto ai libri pubblicati”, ha dichiarato Stefano Bordigoni, Direttore Generale di De Agostini Libri. L’evoluzione successiva alla della creazione di un e-book, ma solo per i titoli più interessanti, sarà quella di trovare una casa editrice tradizionale che pubblicherà il libro su carta.

Uno dei siti di self-publishing all’italiana più usati, in partnership col gruppo editoriale del giornale Repubblica, annovera dalla sua nascita oltre 20.000 autori che hanno creato più di 63.000 diversi titoli. La piattaforma si caratterizza per la semplicità d’uso, i ridotti tempi di produzione e spedizione dei libri ed infine la presenza di una community vivace che, secondo le stime, dovrebbe raggiungere i 200.000 utenti registrati entro l’anno. E’ possibile inoltre che nel 2013 l’insieme delle opere pubblicate dagli autori con codice isbn superi il totale delle opere pubblicate dalla Mondadori. Una cifra inaudita!
La gettonatissima writing community si divide tra saggistica, narrativa e poesia. La saggistica di ambito umanistico, tecnico e scientifico, raggiunge il 30% dell’intero catalogo. Sono in vendita sul sito oltre 6.000 testi specialistici, manuali e approfondimenti di ogni genere: dall’attualità alla storia, dalla matematica alla politica, dallo sport alla cucina, dall’economia al diritto. Il catalogo di poesia corrisponde a circa il 15% del totale, con oltre 3.000 titoli. La narrativa però continua a fare la parte del leone con il 55% dei titoli: romanzi e racconti di ogni genere e sottogenere letterario (la fantascienza, i gialli, l’editoria per ragazzi, l’umorismo, la narrativa di viaggio, i romanzi rosa).
E’ possibile sfruttare anche presente un meccanismo di finanziamento basato sul crowd-sourcing – grazie alla collaborazione con il sito produzionidalbasso - che permette di identificare alcuni dei libri più interessanti della piattaforma. Tutto si basa sui risultati di vendita, sui commenti dei lettori, sulle recensioni degli utenti nelle vesti di talent scout. E poi, per quanto riguarda la narrativa e la poesia, c’è ilmioesordio, concorso annuale con la partecipazione delle redazioni professionali di Scuola Holden e di Festival di Poesia.

5. Narcissus  www.narcissus.me
Quasi duemila titoli pubblicati in un anno, e più di 500 in lista d'attesa con un e-book in lavorazione, Narcissus vede il suo trend in crescita esponenziale: solo nel mese di marzo 2013 vanta 300 nuovi autori. Oggi Narcissus permette a migliaia di autori di vendere i propri ebook in tutte le maggiori librerie online, da Kindle Store di Amazon ad iBooks Store di Apple, Kobo, Barnes&Noble, UltimaBooks e molti altri ebook store nazionali. Inoltre, grazie alla tecnologia di Print on Demand, Narcissus stampa i tuoi e-book nel caso in cui tu voglia raggiungere un pubblico più vasto e tradizionale.
Narcissus Self Publishing è una piattaforma di autopubblicazione che ti permette di distribuire le tue opere a livello globale. E’ dedicata a tutti quegli autori che vogliono auto-pubblicarsi “sul serio”, proponendo al mercato degli ebook di livello professionale attraverso una molteplicità di canali di vendita, dal Kindle Store di Amazon al Kindle Store di Apple, ed in tutti gli ebook store nazionali come LaFeltrinelli, IBS, Mediaworld, UltimaBooks (ecco l’elenco completo). 
Con Narcissus non devi sostenere nessuna spesa diretta per la pubblicazione delle tue opere. Narcissus trattiene il 40% del prezzo di copertina sulle vendite effettuate, senza nessun vincolo sul prezzo di copertina, sulle dimensioni dei file (fino a 40MB) e sulle librerie di vendita. Puoi scegliere liberamente il prezzo di copertina e variarlo in qualsiasi momento. Con questo 40% Narcissus provvederà a pagare le singole librerie online (che chiedono mediamente il 25-30%), trattenendo il 10% per compensare il servizio di distribuzione. A te liquiderà periodicamente, sulla base di un dettagliato report delle vendite effettuate in ogni singola libreria, il 60% delle vendite. Inoltre, Narcissus ti consente di acquistare dei servizi opzionali: il codice ISBN, al costo di 4€ IVA inclusa, che è necessario per la pubblicazione nelle librerie online; la conversione in formato EPub di un manoscritto in formato Word, al costo di 0,60€ IVA inclusa per ogni cartella editoriale.

6. Libridaleggere    www.libridaleggere.com
Nata nel 2010 come libreria online e piattaforma eBook Vanilla, poi progetto editoriale più maturo, libridaleggere è orientato a far incontrare lettori e autori, rendere disponibili le ultime notizie dal mondo editoriale e naturalmente vendere libri corredati di recensioni. Il libro può essere pubblicato sia in formato digitale che in formato cartaceo secondo la formula book-on-demand. L’autore può decidere non solo l'aspetto grafico ma anche il prezzo del libro. Le percentuali di ricavo proposte sono tra le più alte possibili. Libridaleggere offre la possibilità di ottenere il 100% di guadagno dalla versione cartacea (al netto delle spese di stampa) e il 50% di guadagno dalla versione digitale. Gli eBooks sono distribuiti su oltre 40 librerie online. Il sito dà la possibilità agli utenti di commentare, recensire e lasciare dei feedback sui vari lavori digitali e, grazie al pannello di controllo, uno scrittore può seguire tranquillamente l'andamento delle vendite del suo e-book.
LibriDaLeggere è in grado di offrire ai suoi clienti, se lo desiderano, anche un servizio editoriale tradizionale. Le linee editoriali seguite sono quelle di Writer's Dream, She Noir, Bookaholic e Stardust ed abbracciano diversi generi letterari.

7. Bookolico    www.bookolico.com
Progetto valido ed ambizioso che punta al mercato digitale con un approccio molto originale, Bookolico pubblica il tuo e-book dandogli un prezzo simbolico di 0.99 euro. Si concentra solo ed esclusivamente su questo settore e cerca di risolvere tutti gli aspetti che ancora rimangono punti dolenti del mercato. L’intento è quello di porre al centro dell’attività on line problemi come quello del prezzo, della condivisione, della libera pubblicazione, della retribuzione e della diffusione dei libri in formato elettronico. La web app di vendita si rivolge a tutti gli scrittori che decidono di auto-pubblicarsi abbandonando la consueta strada editoriale, per testare un metodo di pubblicazione con sistemi di vendita e distribuzione che permettano ad ogni libro di raggiungere i propri lettori ed il valore economico che merita. Il meccanismo è semplice: gli utenti scaricano l’e-book e il prezzo di copertina sale, aumentando la tua royalty. I libri hanno un prezzo di partenza basso per incentivarne la diffusione. In modo proporzionale al gradimento, il prezzo dell’opera cresce e rivela il valore che i lettori di quell’autore sono disposti a pagare. Il sistema prevede che gli autori possano distribuire le proprie opere attraverso due modalità, gratuita o vendita. Gratuita: il libro è accessibile in modalità free da chiunque. Vendita: i libri pubblicati partono dal prezzo base di 0,99€ indipendentemente dal titolo o dall’autore dell’opera. Più un libro è scaricato, abbiamo detto, più il prezzo dell’opera cresce, per arrivare ad un massimo di 6,99€ (prezzo raggiunto raramente, solo dai libri più apprezzati).
Bookolico condivide le informazioni con la community offrendo strumenti che permettano all’autore di essere individuato dal proprio pubblico. Attraverso il profilo utente e dati statistici, lo scrittore avrà l’opportunità di “conoscere” i lettori che a loro volta potranno individuare immediatamente l’opera che più rispecchia i generi preferiti. L’aumento di notorietà dell’autore è reso possibile grazie alle innovative funzionalità del market place, grazie alla interazione diretta tra autore e lettore; alle numerose categorizzazioni degli eBook ed alla ricerca potente ed intuitiva del sito.

8. Lulu
Lulu è stata la prima piattaforma per pubblicare e-book, ed è molto semplice da usare. Lulu non prevede costi per vendere il libro e offre gratis il codice ISBN.Puoi usare delle copertine di default (c’è un’ampia scelta), oppure caricare la tua creazione. Lulu è uno dei pochi strumenti che non ti fa pagare per pubblicare l’e-book, ma applica una commissione del 25% sulle vendite. L’e-book viene distribuito su Amazon e sul sito di Lulu e tu otterrai l’80% dei ricavi del tuo libro. Il contenuto ti appartiene ed hai collegamenti con le reti/forum di pubblicazione. Naturalmente lo store italiano è limitato e la distribuzione globale e le derivazioni che arrivano fino a Barnes & Noble sono utili più che altro per gli scrittori anglofoni che contano sul mercato di lingua inglese.

9. Kindle Direct Publishing di Amazon
Amazon ha la sua piattaforma per pubblicare e-book, ma è poco conosciuta. In compenso accetta molti formati: TXT, DOC, PDF, ePUB, ecc. L’e-book viene pubblicato in Mobi per il Kindle. La distribuzione passa solo da Amazon. Kindle Direct Publishing ha un forum di supporto per gli utenti e una pagina di video-tutorial per iniziare a pubblicare. Un aspetto accattivante del Kindle Direct Publishing è la ripartizione delle royalty. Il guadagno per l’autore si attesta intorno al 70% del prezzo di copertina, IVA esclusa. Una cifra altissima, soprattutto se confrontata con il guadagno di un autore (dal 4% al 10%, per i più fortunati) che pubblica con casa editrice su testo cartaceo – un tipo di pubblicazione soggetta ovviamente a spese molto più elevate. Ma Amazon va oltre: i lettori (e potenziali acquirenti di eBook) sono incentivati in ogni modo. Per esempio, c’è la possibilità di sfogliare qualunque eBook direttamente sul sito, così il potenziale acquirente può farsi un’idea del testo a cui è interessato. Altra bella opportunità: poter “restituire” il libro elettronico di cui non si è soddisfatti ed essere rimborsati.



Nella Terza Parte: le tecniche del mondo digitale per avere successo senza ricorrere ad un editore. 
Ti saranno svelati tutti i trucchi per vendere ebook in Italia.  
Alla prossima puntata!

SENSAZIONALE: L'UOMO PIPISTRELLO CONCEDE LA SUA PRIMA INTERVISTA SUL WEB

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Il Cavaliere Oscuro getta la maschera. Ho incontrato per voi uno degli autori di INSIDE BATMAN e abbiamo parlato insieme di tecnologie digitali, di super-eroi, di web-fiction e di progetti cross-mediali. E naturalmente della geniale serie mockumentary che sta scuotendo il mondo di internet. Giunta al suo terzo episodio.  


INSIDE BATMAN non è solo una webserie con una messa in scena originale le cui prime puntate potete vedere su YouTube (http://www.youtube.com/user/InsideBatman). E' un mockumentary seriale, un falso documentario sulla vita di uno dei super-eroi più amati del mondo dei fumetti, del piccolo e grande schermo. INSIDE BATMAN è anche e soprattutto un esempio di "transmedia storytelling", ossia suddivisione della storia su più mezzi e su più piattaforme al fine di rendere la fruizione del contenuto una vera e propria esperienza. Attualmente infatti INSIDE BATMAN è composta, oltre che dai video messi on line, da: 
- Una rete di social network che tengono in vita e spingono il progetto: Facebook (https://www.facebook.com/InsideBatman ) e Twitter (https://twitter.com/InsideBatman) 
- Un blog gestito dallo stesso Batman che fa satira sociale (e quindi in linea anche con la stessa narrazione della webserie) chiamato CAVE BATTY (http://insidebatman.wordpress.com
- Una pagina di Scoop.it utile per aggregare contenuti affini e identificare gli autori quindi come rappresentanti di un genere (http://www.scoop.it/t/inside-batman ) 
- Un profilo Linkedin (Il Cavaliere Oscuro) creato con lo scopo di estendere la narrazione, renderla più credibile, e allo stesso tempo trovare nuovo pubblico o nuovi interlocutori.

Bene, basta con le presentazioni e rompiamo gli indugi. Iniziamo con l'intervista. 

1. Quale è stata la genesi del progetto Inside Batman e di cosa racconta la vostra web-serie? Avete previsto un “arco di trasformazione” per i vostri personaggi?

Inside Batman nasce da un gruppo di ragazzi con la comune passione per il Cavaliere Oscuro e un’esperienza in Rai chiamata RAI LAB, un laboratorio sperimentale per le risorse artistiche della Rai che ha visto coinvolti 40 giovani tra autori, comici, conduttori, e filmaker per ben sei mesi (da Maggio a Ottobre 2012). Quando uscì nelle sale il terzo film di Nolan, uno dei comici di RAI LAB, Peppe Coco, cominciò ad imitare il personaggio e spronò alcuni di noi a portare avanti un’idea, quella di creare una parodia del Cavaliere Oscuro. Il primo risultato di quel lavoro fu una semplice sketch comedy che girammo, ma con risultati da tutti reputati insoddisfacenti. Volevamo andare oltre. E fu in quel momento che venne in mente l’idea di utilizzare lo stile del falso documentario (il mockumentary) per raccontare la storia di un Batman trasferitosi a Roma e costretto a confrontarsi con una criminalità lontana dai sociopatici alla Joker: evasori fiscali, trasgressori del bollo auto, politici di dubbia moralità. Il tutto, alternando momenti di intervista diretta ai personaggi della serie con uno stile da “reportage” in cui Batman e i suoi colleghi vengono seguiti di giorno in giorno da una troupe audiovisiva. 

Per quanto riguarda l’arco di trasformazione dei singoli personaggi, abbiamo pensato ad una messa in scena che evidenzia i cambiamenti già avvenuti nei personaggi stessi e quelli che sembra non avverranno mai. Mi spiego. Temporalmente, Inside Batman si colloca due anni dopo la sconfitta di Bane. Batman si è trasferito da poco a Roma, mentre Gordon e Blake sono venuti nella Capitale molto prima. Il Gordon che abbiamo davanti in questa serie non è più un commissario “casa e chiesa” con ideali e valori forti, ma un Gordon più “corrotto”, un Gordon che si perde il distintivo che dice di amare, che scatta in piedi per la macchinetta del caffè guasta. Batman invece, essendo appena arrivato, non solo non viene corrotto dai mali e dai malcostumi italiani che cerchiamo sottilmente di denunciare con Inside Batman, ma appare anche incorruttibile, il che lo rende un personaggio sui generis all’interno del contesto nel quale si ritrova ad agire. Non ci sembrava il caso di modificare radicalmente archi di trasformazione di personaggi che sono già ben delineati, abbiamo preferito la strada della “reazione” al nuovo contesto nel quale si ritrovano inseriti.

2. Con che mezzi avete girato le puntate di Inside Batman ed in che tempi?

In puro stile “web series”, Inside Batmanè stato girato con una Canon 5d e poche luci (in parte per una questione economica, in parte per una scelta registica, considerando che si trattava pur sempre di un falso documentario dove l’attività di reportage non è “costruita” ma “ripresa dalla realtà”). Per quanto riguarda i tempi, stiamo girando “di puntata in puntata”, pubblicando l’episodio nuovo ogni due settimane circa.

3. Scomparsi il Dr. Sartorius, mandati in pensione criminali come Joker e il Pinguino, viene proprio da dirlo che il peggior nemico dell’Uomo Pipistrello sia lui stesso. La vostra opera di decostruzione del "media franchise", la satira del marchio di Batman  nasconde un rovello interiore del personaggio?

In parte. Sicuramente la decontestualizzazione di Batman trasforma il suo giustizialismo in estremismo, definendo in maniera piuttosto evidente delle problematiche interiori che abbiamo anche ben delineato nella terza puntata, quando Batman si ritrova a fare i conti con la propria psichiatra. Ma, d’altra parte la scelta di giocare su una chiave tanto satirica quanto parodistica di Batman nasce anche dall’obbligo di poter raccontare la storia del Cavaliere Oscuro solo in questa chiave, visti e considerati i diritti d’autore connessi al brand.  Infatti parodia e satira sono le uniche chiavi di letture attraverso le quali è possibile mettere in piedi una fan fiction senza scopo di lucro come la nostra e che non ci costringe, in quanto tale, a chiedere permessi e autorizzazioni. Grazie a Dio, il diritto di satira e il diritto di parodia connesso al diritto d’autore ci viene incontro in questo contesto.

4. Quali sono i registi e le opere, cinematografiche o televisive, che più vi hanno influenzato e che hanno contribuito alla vostra formazione di sceneggiatori e videomaker?

Siamo tutti molto diversi in questo gruppo, ed ognuno ha avuto influenze differenti, alcune delle quali anche diametralmente opposte le une dalle altre. Personalmente, io rappresento io di quei figli della serialità americana, soprattutto dei racconti in chiave ironica e parodistica alla “Modern Family” e “The Office”, e prima di questi “Malcolm”, “Scrubs” ed “How I met your mother”, tutti modelli di un genere comedy molto lontano dal modello italiano, e difficile forse per la nostra stessa cultura, da mettere in scena.

5. Oggi si fa un gran parlare di progetti cross-mediali, si insegna all’università il ruolo di internet in un sistema “partecipativo”, ma poi, sigh, concretamente, nessun player nel mondo dell’audiovisivo lavora su un asset tecnologico adeguato e competitivo. Come si fa a creare modalità di racconto ancorate al linguaggio e alle caratteristiche tecniche di ciascun medium? Quanto conta in una narrazione polimorfa instaurare con i propri fruitori un legame più diretto? E’ davvero così importante coinvolgere le audience a dare opinioni sul prodotto e farle interagire con gli autori sulle diverse piattaforme?

In realtà dire che conta non basta. È assolutamente inevitabile. Innanzitutto ci tengo a precisare un mio punto di vista. È vero, si fa un gran parlare di progetti crossmediali, di transmedia storytelling e di creazione di racconti esperienziali. Tuttavia la cosa non dovrebbe apparire sorprendente per due ordini di motivi. Primo fra tutti, il fatto che questo genere di attività non sono una novità ma sono solo state vestite di contemporaneità. Ditemi, che differenza c’è tra un racconto crossmediale e una trasposizione dal teatro al cinema o dal cinema alla televisione? E che differenza c’è tra la creazione un progetto di transmedia storytelling è l’esperienza produttiva della Marvel dalla sua nascita ai giorni nostri? 
Crossmedia e transmedia altro non sono che la terminologia moderna che indica i buon vecchi “remake” e “spin off”. Il secondo motivo invece riguarda l’inevitabile approccio delle grandi imprese, dei grandi produttori e dei grandi network non tanto ad un modello di racconto complesso e articolato, quanto piuttosto ad un modello di business. Se dal film ricavo una serie tv, e dalla serie tv creo uno spin off che va sul web, e dallo spin off estrapolo un personaggio e lo ripropongo come gestore di un blog, e dal blog estrapolo una parte dei suoi racconti per creare un app per smartphone scaricabile gratuitamente (con pubblicità) o a pagamento (senza pubblicità), ho solo raccontato una storia oppure ho anche moltiplicato il mio pubblico e i miei introiti? 

Tralasciando questi aspetti (inutili da affrontare con osservazioni o critiche poiché assolutamente plausibili), il motivo per il quale non esistono ancora dei veri e propri modelli partecipativi “efficaci” probabilmente attiene all’inesperienza di saper ragionare in termini multipiattaforma. Solo recentemente si sta assistendo alla “commistione di ruoli”, alla capacità di saper gestire più piattaforme contemporaneamente, o comunque alla capacità di saper approcciare a più modelli comunicativi (apripista di questo trend sicuramente i “filmaker”, autori, registi e montatori, tutto insieme) e quindi solo recentemente stanno nascendo professionalità in grado di sapersi muovere su più piattaforme, in grado di sviluppare una sensibilità tale da individuare immediatamente una storia e il suo risvolto crossmediale, perché effettivamente “padrone” di più modelli comunicativi. Infine per quanto riguarda la questione partecipativa… beh, che dire… era ora! Siamo davanti al definitivo abbattimento della classe intellettuale di nicchia che si racconta quanto sono stati bravi a fare quello che hanno fatto, a prescindere che effettivamente piaccia o meno. La partecipazione del pubblico abbatte le barriere e crea una vicinanza che non è mai distruttiva (perché un complimento fa sempre piacere e una critica va vista sempre in termini costruttivi) e aumenta il grado di interesse del pubblico perché offre loro non solo una storia ma una vera e propria esperienza.


6.Wu Ming 4 ne L' Eroe imperfetto ragiona sulla crisi dell’eroe classico, sul suo “lato oscuro” e nondimeno sulla sua necessità. Secondo voi hanno ancora senso nella nostra contemporaneità gli elementi classici in base ai quali la mitologia ha identificato il profilo dell’eroe? E’ possibile oggi avere una visione epica e corale dell’agire collettivo? C’è spazio per un supereroe nella storia dell’audiovisivo italiano?, oppure dobbiamo rassegnarci alla sua parodia?

Cinicamente mi viene da dire “no”. Il supereroismo appartiene ad un’altra culturale, una di quelle che, plausibilmente o meno, sposano la causa del benessere collettivo e si auto-investono di valori e responsabilità per il bene di tutti. La cultura americana tenta di essere questo quando il suo supereroismo non si riflette nella sfera degli interessi di natura capitalistica. E non è un caso quindi che quella cultura abbia sviluppato l’immagine contemporanea dei supereroi alla “Capitan America”, “Hulk” o “Ironman”. In Italia la nostra cultura ha sviluppato l’eroe ridicolo, il buono ma fesso e il furbetto (da Fantozzi a Pieraccioni passando per Alberto Sordi), da una parte, mentre dall’altra ha dato forma (soprattutto partendo dalla cronaca) alla figura dell’eroe martire (il Commissario Cattani per intenderci), l’uomo che aspira all’eroismo, tocca il limite del supereroismo perché migliore degli altri uomini i qualcosa (il più delle volte “migliore ideologicamente”) ma che poi muore, cade e scompare per far sì che la sua forza diventi un esempio per un futuro aspirante supereroe, che però, mi duole ammetterlo non è ancora arrivato. D’altra parte, se è vero che siamo ancora lontani da un supereroismo italiano, dall’altro (citando anche il nostro Batman e il Batman di Nolan) “la gente ha bisogno di credere che la giustizia possa trionfare” e “c’è bisogno di un eroe”. Cosa assolutamente incarnata e identificabile nel fenomeno del “Batman di Isernia” che ha letteralmente spopolato sul web. Insomma, che dire… la speranza è l’ultima a morire.

7. Negli ultimi mesi si sono registrate delle timide aperture verso la web-fiction, ma c’è ancora una grande arretratezza tecnologica da parte dei produttori e dei network, che non hanno mai pensato di sfruttare in modo intensivo il web. Internet è un alleato della televisione e del cinema oppure rappresenta un loro nemico giurato? Come vi spiegate la sottovalutazione della Rete da parte delle nostre case di produzioni? Perché c’è una bassa penetrazione del fenomeno delle web-series (a parte rari casi di successo come Freaks)?

Internet e Tv non sono alleati, sono semplicemente due modelli di fruizione e di esperienza mediale differente. Tra l’altro, la web/tv da una parte e la smart/Tv dall’altra dimostrano un progressivo processo di convergenza che porterà alla scomparsa di entrambi e alla nascita di un nuovo modello di fruizione, misto, che non permetterà di creare alcun termine di paragone. Tra pochissimo, chiedersi quale rapporto c’è tra l’audiovisivo (televisivo o cinematografico)  e il web avrà lo stesso valore di chiedersi quale rapporto c’è tra un libro e la scrittura. L’approccio delle reti televisive e delle case di produzione al mondo del web e alle sue potenzialità dimostra solo una cosa: timore. Paura di non essere in grado di trovare i punti di contatto tra i due modelli e di non riuscire a capire in cosa consisterà il riposizionamento. Ma questa paura non solo è priva di fondamento, ma anche anacronistica. Oggi se una Rete televisiva non crea un pagina fan di Facebook del proprio programma, ci pensa un utente appassionato. Non voler fare i conti col web significa non voler evolvere. E Darwin è stato abbastanza chiaro sull’evoluzione… per quanto riguarda la bassa penetrazione delle web series, beh, io non credo che sia vero. Negli ultimi tempi in molti si stanno aprendo a questo nuovo modello di comunicazione, dai piccoli (come noi) che si mettono in gioco, alle associazioni che organizzano festival interamente dedicati alle web series, e persino grandi broadcaster (Rai Fiction con “Una mamma imperfetta”) e grandi case di produzione (Magnolia con “Kubrick. Una storia porno”) hanno provato i primi avvicinamenti. Siamo ancora comunque in una vera e propria fase di sperimentazione, e in quanto tale è tutto da vedere.

8. Avete altri progetti nel cassetto?


Diversi. Ma attualmente preferiamo rimanere criptici in merito. Il nostro primo obiettivo è quello di concludere al meglio Inside Batman.

LA CRITICA ON LINE – Le migliori recensioni, i migliori critici - Parte 1

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C’è uno spazio sul web dove trovare una analisi pertinente di un film appena uscito in sala? Il cinema è ancora una passione, il nostro primo amore? Oggi la critica cinematografica ha qualcosa da dirci? 
Direi di sì, a giudicare dall’intervista ad uno degli instancabili animatori del blog collettivo “I cinemaniaci”, che dal 2006  recensisce lungometraggi e dedica approfondimenti su cinema di genere e d'autore.


“I cinemaniaci” (www.icinemaniaci.blogspot.it ) è un blog che visito spesso, sia prima di andare a vedere un film in sala, per capire se è la scelta giusta, sia per i ricchi reportage che la redazione fornisce sulla fabbrica delle immagini. E’ un blog che trasuda competenza e passione.
Per questo sono lieto di proporre in esclusiva l’intervista a Fabrizio Luperto, una delle penne più acuminate del blog, amante del poliziottesco e autore del libro "Cinema calibro 9" (Manni Editore), per fare il punto su che cosa significa oggi essere un critico cinematografico ed esercitare questo difficile mestiere su internet.


Partiamo dal blog de “I cinemaniaci”. Com’è nata l’idea del blog? Controllate il numero giornaliero dei visitatori? Il vostro blog ha portato fortuna e/o visibilità ai suoi estensori? Che bilancio trarresti dalla tua lunga attività di blogger?
L’idea del blog nasce dalla voglia di un gruppo di amici, amanti del cinema, di mettersi alla prova. Sin da subito però ci siamo dati una struttura simile ad una vera redazione, con compiti ben precisi. Il nostro piccolo successo è merito del nostro entusiasmo e, permettimi, anche della nostra professionalità. Da subito abbiamo cercato di “coprire” alcuni  festival come il TFF di Torino che ormai è per noi un appuntamento fisso, da qualche anno siamo presenti anche a quello di Roma e in alcune occasioni siamo riusciti anche a coprire il Noir Festival di Courmayeur e il GLBT di Torino. Anche d’estate, quando le uscite in sala sono rarissime, non abbandoniamo i nostri lettori, potenziando le rubriche riguardanti il cinema di genere anni ’70, o quella denominata “film telecomandati” che si occupa di recensire e fornire curiosità sui film trasmessi in tv.
Inoltre abbiamo una sezione dedicata al voto assegnato ai film, dove ogni redattore esprime il proprio voto e quindi il lettore può confrontare le diverse valutazioni/idee dei redattori.
Scorrendo la pagina si può anche facilmente notare che copriamo gran parte delle uscite in sala, con una percentuale elevatissima, difficilmente raggiungibile per un blog.
Personalmente ogni tanto controllo il numero dei visitatori, ma c’è chi è delegato a farlo.
Comunque, dai dati in nostro possesso emerge che I Cinemaniaci ha più seguito tra gli addetti ai lavori che tra i normali utenti di blog che trattano la materia cinematografica.
Si, alla lunga la qualità dei nostri scritti ha pagato, alcuni di noi hanno acquisito una piccola notorietà che si è tradotta in interviste e articoli su quotidiani nazionali, ospitate in programmi radiofonici, richieste di collaborazioni varie, tutte cose che fanno molto piacere ma alle quali non pensavamo minimamente quando, ormai sette anni fa, abbiamo cominciato.
Un bilancio positivo ovviamente. Mi sono divertito e mi diverto ancora, se poi vengono anche dei riconoscimenti vuol dire che impegno e  passione sono stati premiati.


Ti capita mai di litigare con un tuo collega per una valutazione diversa dello stesso film, come tifosi di squadre avversarie? 
Litigare no, discutere animatamente si. Ricordo che all’uscita di Mine Vaganti nel 2010, ognuno di noi aveva una visione diversa del film.



Il web, in cui il sapere circola senza barriere e inibizioni, ha portato trasformazioni  nel rapporto tra spettatori e cinema? La rivoluzione digitale ha cambiato il panorama della critica?

La più grande trasformazione che ha portato il web consiste nel fatto che purtroppo oggi i film si scaricano. Ha comunque senza dubbio aumentato l’offerta di critica cinematografica e credo abbia soddisfatto le esigenze di chi vuole ancora leggere critica in un certo modo, visto che i grandi quotidiani ormai si limitano ad assegnare pallini e stellette e niente altro.
I festival sono pieni di critici della carta stampata, ma poi, escluso rare occasioni, sui quotidiani non si legge quasi nulla, si parla quasi esclusivamente del vestito o dell’acconciatura della star di turno. Ed ecco, infatti, che anche critici affermati aprono il loro blog.
E poi ci sono altri aspetti, ci sono blog specializzatti che trattano esclusivamente un certo cinema, quelli dal tono satirico ecc..Importante per l'utente è capire dove c'è qualità, visto che l'entusiasmo da solo non basta, ogni anno nascono e muoiono centinaia di blog sul cinema.

Quali sono gli strumenti che il critico ha a disposizione per analizzare un film? Ci sono griglie o modelli per svolgere bene il suo compito?   
Ognuno ha i propri parametri, le proprie griglie e i propri modelli. Personalmente, nel giudicare un film, prima di passare ad un esame di testa,  lo valuto con la “pancia”.
"svolgere bene il suo compito" per me significa essere onesti con se stessi. 


Spesso viene rimproverato ai nostri critici un atteggiamento quasi compassionevole, di indiretto incoraggiamento, verso film italiani che sono invisibili nei festival, ignorati a livello internazionale, disertati dal pubblico di casa e incapaci di ripianare il budget della produzione. Ho notato che nel blog icinemaniaci non mancano plausi a Io viaggio da sola, Amiche da morireo Miele e addirittura si parla del cervellotico La grande bellezza come di un capolavoro sfiorato (che però è rimasto a bocca asciutta a Cannes). Non c’è una certa indulgenza della critica ufficiale verso le pellicole italiane? Non trovi, al contrario, che a voler essere rigorosi, esista un eccesso di intellettualismo nel cinema d’autore che lo rende freddo, virtuosistico e sempre più spesso impopolare tra le masse?

Rimanere a bocca asciutta a Cannes non credo sia da valutare in senso negativo. Già il fatto di essere ammessi nella selezione ufficiale è sinonimo di qualità, anche se so benissimo che il nome di Sorrentino e i soldi francesi della produzione probabilmente hanno influito nella scelta. Comunque la recensione apparsa sul blog non era mia, che ho un' idea leggermente differente del film, ma di un collega romano (Nickoftime), vista la materia trattata ci è sembrato logico affidare a lui la recensione. 
Per quanto riguarda l'indulgenza di cui parli, forse può essere presente nei programmi televisivi o nella pubblicità mascherata da critica cinematografica. La tecnica è sempre la stessa; si crea l’attesa, si organizzano interviste dove l’intervistatore si genuflette dinanzi al regista o produttore di turno e poi quando il film si rivela mal riuscito o più semplicemente brutto si smette di parlarne dimenticandosi di quanto scritto o detto in precedenza.
Non credo sia il nostro caso; posso affermare che nel nostro blog vi è onestà intellettuale, sicuramente comune ad altri, ma purtroppo sconosciuta  a molti.  Che poi è il motivo per cui  il cinefilo legge molto più volentieri blog e siti liberi e indipendenti piuttosto che quotidiani o riviste la cui proprietà spesso è  legata da vincoli economici a produttori, distributori, attori, registi.
Detto questo, anche noi possiamo sbagliare e i nostri lettori hanno la possibilità di farcelo notare con i loro interventi.
Poi dipende anche dal tipo di film, se ci si trova dinanzi ad un piccolo film dal budget ridotto, che però ha una bella idea ed una buona sceneggiatura e che per questioni economiche non è interpretato da attori di grande esperienza oppure la fotografia lascia a desiderare trovo quasi normale essere indulgenti.
Differente è il discorso riguardante grandi produzioni che lasciano parecchio a desiderare.  
Masse? Esistono ancora? E se esistono, vanno a guardare un film o semplicemente vanno al cinema, cose molto differenti fra loro. Credo che il termine “massa”, in molti casi possa essere sostituito con pubblico televisivo, che determina il successo commerciale di un film riempiendo i multisala in occasione dell’uscita di film aventi come protagonisti volti noti della tv.
Del resto basta guardare il risultato del box office per vedere quali sono i film italiani che incassano di più, cioè quelli con un cast televisivo.  


Segui testate specializzate del settore? On line o cartacee? Da lettore, preferisci una critica divulgativa, di orientamento al consumo, oppure una critica più impegnativa, che mescoli diversi saperi ed abbia una maggiore impronta analitica?

 Ci sono alcuni critici che leggo volentieri, indifferentemente se scrivono on line o su riviste cartacee; dovendo fare un nome, leggo volentieri Valerio Caprara.
Preferisco una critica che mescoli diversi saperi e che sia facilmente comprensibile.

 Qual è il film che consiglieresti di vedere nell’ultima stagione cinematografica, una perla rara che a tuo giudizio è passata inosservata al grande pubblico? E quale il film peggiore che ti è capitato di vedere, quello da cui saresti voluto scappare?

Molti film passano inosservati al grande pubblico perché, come ho detto prima, il grande pubblico non esiste. Semplificando possiamo dire che esiste il pubblico televisivo che si sposta al cinema e gonfia l’incasso di un determinato film, poi esistono gli incassi stratosferici dei cartoni, drogati dall’equazione bambino + genitori + biglietto maggiorato per il 3D che fanno gridare al capolavoro.
Un film che balla tra uno e due milioni di incasso non significa che non è arrivato al grande pubblico, significa che è un film che interessa lo spettatore abituale di cinema e che non è arrivato a quella porzione di pubblico pigro, che probabilmente non lo  guarderebbe neanche se gli venisse proiettato nel soggiorno di casa.
La dimostrazione pratica di quello che affermo è data dal fatto che, in questo periodo di crisi, a subire maggiormente l'emorragia di spettatori sono i multisala che programmano film leggeri, blockbuster ecc... e che hanno un pubblico per il quale non fa differenza vedere un film in sala o guardare il dvd "pirata" comodamente seduto sul divano di casa. Le sale che puntano sulla qualità non perdono spettatori, perché chi ama il cinema continua a frequentere le sale. 
Basta prendere come esempio Amour di Haneke che, nonostante la vittoria a Cannes e l’Oscar, si è fermato a 1 milione e 500 mila euro di incasso.
Ma non è quest'ultimo a determinare la grandezza di un film o di un regista, come ha recentemente scritto Mereghetti, nella classifica degli incassi di tutti i tempi, 2001: Odissea nello spazio si trova al 1416° posto eppure tutti conoscono Kubrick.
E poi c’è da tener presente il numero di copie che vengono distribuite, un discorso è uscire con 600 copie, un altro con 30.
Poi ci sono film che in Italia non vengono distribuiti o peggio ancora vengono acquistati e non distribuiti; potrei fare un elenco lunghissimo, ma mi limito ad un esempio clamoroso che riguarda il regista Sion Sono, le sue retrospettive in Italia e in Europa riempiono le sale, ma da noi il suo cinema è praticamente sconosciuto. 
Di solito sono restio nel dare consigli, però  Come pietra paziente di Rahimi è rimasto sotto i 200 mila euro di incasso e quindi è stato visto da pochissimi. A mio avviso merita la visione.
Le delusioni degli ultimi periodi invece sono state e Magnifica Presenza, Le Belve e Contagion, giusto per citare i primi film che mi vengono in mente.

Gianni Canova ha scritto: “è venuto il momento di parlare male della cinefilia”. Sei d’accordo con l’opinione dell’illustre critico secondo cui la malattia di molti cinefili è la rinuncia a pensare un altro cinema, la rassegnazione alla scomparsa di ogni possibile altrove, ogni pensabile alterità?

La cosa mi tocca marginalmente, visto che da sempre mi occupo di cinema cosiddetto minore e quindi abituato a guardare ad "altro cinema" e certamente non sono tra quelli che nel film devono trovare ad ogni costo il messaggio o la pedagogia o il virtuosismo tecnico.
E’ vero però che sarebbe opportuno smetterla di filosofeggiare su tutto.
Occupandomi di cinema di genere, qualche anno fa durante una presentazione del mio libro, ebbi a dire che la rovina del cinema di genere anni '60-'70 erano quei critici o quegli appassionati che incensavano anche film scadenti o erigevano al rango di “maestro” registi che in realtà erano onesti artigiani che conoscevano il proprio mestiere. Apriti cielo. Mi difesi citando uno dei grandi del cinema di genere italiano, Mario Bava che nel 1979 rilasciò un'intervista dove sbeffeggiava i critici dei "Cahiers du cinèma" che nel film Sei donne per l'assassino vedevano cose come connessioni, passaggi, richiami, ecc.. che lui non si era mai neanche sognato di inserire mentre girava il film.

A tuo parere oggi la critica cinematografica riesce ad orientare il pubblico nella scelta dei film da vedere? Ha un suo potere di influenza? Svolge un ruolo nel consolidamento di determinate poetiche o nell’affermazione di scuole cinematografiche?
Domanda difficile. Spero di riuscire ad essere chiaro. La pubblicità mascherata da critica cinematografica riesce ad orientare il pubblico, perché invade i teleschermi nei giorni che precedono l’uscita in sala del film, ma si tratta di pubblico occasionale, distratto.
Quella seria e fatta in maniera disinteressata, influisce meno sul pubblico, perché raggiunge meno lettori/spettatori visti i canali tramite i quali è fruibile, e quindi "arriva tardi", non per colpa sua, ma semplicemente perché ormai i film restano in sala pochissimo, ma contribuisce ad allungare la vita del film che magari viene ripescato in dvd o visto durante il passaggio televisivo.   

Poi c'è la cosa più triste. In Italia, ancora oggi, molti critici leggono il film in base alle loro idee politiche e allora ecco che  film davvero brutti o addirittura involontariamente comici come Il mercante di pietre di Martinelli viene osannato dai critici di destra, che contemporaneamente stroncano buoni lavori dal respiro europeo come il Vallanzasca di Placido, un po' come succedeva a metà degli anni '70 quando i film del filone poliziottesco, per i critici di sinistra, erano per forza reazionari e fascisti; come si fa a dare del fascista ad un  regista come Umberto Lenzi, qualcuno ancora non è riuscito a spiegarmelo. Sarebbe ora di smetterla e cercare di valutare un film per quello che è, attenendosi al testo cinematografico, senza lasciarsi influenzare dalle proprie idee politiche.

STORIA DI UN SOTTOGENERE POLIZIESCO: IL MISTERO DELLA CAMERA CHIUSA

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I delitti perfetti? Boucher e Talbot ne sanno qualcosa. 
Il looked room mistery come esercizio di illusionismo. 
Quando il giallo confina con il fantastico e diventa una categoria mentale. 


Non si può cominciare una disquisizione sul tema dei gialli senza fare un sincero plauso al grande lavoro editoriale che Marco Polillo ha fatto in questi anni. Resta davvero mitica la collana "I Bassotti", con le sue inconfondibili copertine rosso sangue, per la selezione accurata di testi della golden age e la grande cura nelle traduzioni (www.polilloeditore.it). 

Passiamo a parlare dei "delitti nella camera chiusa", le cui pietre  miliari sono quasi tutte ristampate nella collana di Marco Polillo. 
Il sottogenere ha un grande sviluppo fin dagli albori del giallo ma è soprattutto negli anni Trenta che trova la sua consacrazione. 

Ne I sette del calvario (1937) e Nove volte nove (1940) di Anthony Boucher i “delitti impossibili” sono sviscerati da una acuta monaca, suor Ursula. Nel primo romanzo un intero capitolo è dedicato ad una nuova trattazione sul tema della camera chiusa, che fa il paio con quella di Dickson Carr. Nel secondo cogliamo un approccio diverso, più naturalistico. Un detective che collabora con suor Ursula esprime il suo dolore sgomento per la morte delle vittime e sembra voler tirare le orecchie ai colleghi snob alla Ellery Queen che trattano gli esseri umani come pedine su una scacchiera. «A volte sono quasi sconcertato dalla frivolezza con la quale guardiamo a questi delitti. A noi sembrano parti di un divertente gioco intellettuale. Eppure degli uomini sono stati crudelmente assassinati».     

L’orlo dell’abisso (1944) di Hake Talbot, romanzo pubblicato in paperback sul “Thrilling Mystery Novel” e inserito più tardi al secondo posto nella classifica dei delitti impossibili, ha un inizio mozzafiato: «Sono venuto quassù per convincere un morto a cambiare parere». Lo stesso Carr, maestro insuperabile del filone, definisce il romanzo una magnificenza e lo elogia: «Fin dal primo periodo: ci vediamo precipitare nei regni dell’incubo. Miracoli incombono ed esplodono. Un morto ritorna… o forse non ritorna affatto. Un fantasma volante scende apparentemente in picchiata e va all’attacco. Non angeli, ma demoni e stregoni sembrano danzare sulla punta di quest’ago». Ed in effetti l’opera godrà di una certa fama, non immeritata, tra gli esperti del settore.
Padrone di vasti territori nel Quebec canadese, Grimaud Désanat è morto in circostanze misteriose da oltre dieci anni. Luke Latham, ricco proprietario di segherie, tenta di convincere la vedova di Grimaud a vendergli i boschi. Restia a disattendere le volontà del marito, la moglie si diletta a fare la medium ed intende evocare il morto per sentire la sua opinione in merito. La seduta spiritica avviene in un casino di caccia sperduto. Vi partecipano Rogan Kincaid, detective con una vita movimentata alle spalle, lo stesso Latham, Ogden, un socio di Latham, e un mago sotto mentite spoglie, Svetozar Vok, che vorrebbe svelare i trucchi della medium. Durante la seduta la voce della medium cambia, assumendo un timbro maschile. Poi appare la faccia di Grimaud Désanat, sospesa a mezz’aria. Subito dopo, lo spettro svanisce rifugiandosi al piano superiore e la moglie sviene. Stranamente non viene trovata traccia sulla neve fresca che provi l’arrivo di un estraneo. A questo punto accade l’inimmaginabile: la medium viene uccisa dal windigo, lo spirito malvagio in cui si è trasformato Désanat.
Rogan Kincaid è scettico sull’esistenza di morti viventi o di «esseri malefici capaci di volare, il peggior genere di fantasma che si può incontrare». Considera le cose in modo logico e pensa che tutto sommato era già balorda la premessa della storia. «Evocare i morti per chiarire un problema di affari equivale a offrire un tappeto magico di seconda mano come anticipo sul prezzo di una Ford». Kincaid è un ex giocatore d’azzardo, e quindi avvezzo ai bluff ed alle partite truccate. Risolverà l’arcano riuscendo a dimostrare che non c’entrano nulla i Windigo, ma la matrice degli omicidi è comunemente terrena.

Il dubbio, il fascino dell’impossibile, l’inquietudine di fronte a eventi straordinari, sono alla base della narrativa popolare. Non avviene tutti i giorni che un tizio venga accoltellato o sia sparato dentro una stanza chiusa a chiave. E’ stata un’apparizione fantasmatica o una persona in carne ed ossa ad ammazzarlo? 
"Il fantastico dura soltanto il tempo di un’esitazione: esitazione comune al lettore e al personaggio, i quali debbono decidere se ciò che percepiscono fa parte o meno del campo della “realtà” quale essa esiste per l’opinione comune. Alla fine della storia, il lettore, se non il personaggio, prende comunque una decisione, opta per l’una e l’altra soluzione e quindi, in tal modo, evade dal fantastico." (Tzvetan Todorov, La letteratura fantastica, Milano, Garzanti, 1991, p. 28)
Un luogo inaccessibile comunica la sensazione che il crimine sia opera di forze sconosciute che tramano contro la vita reale. Perché solo violando i principi della fisica e del senso comune qualcuno può introdursi in una stanza chiusa senza forzarla. Siamo nei paraggi della letteratura sovrannaturale, dove, ha scritto Lovecraft, viene espressa «una maligna e peculiare sospensione o sconfitta di quelle immutabili leggi di Natura che costituiscono la nostra sola difesa contro gli assalti del caos e dei demoni dello spazio insondabile». Questa strada narrativa implica l’arcano, i fantasmi, o peggio ancora persone invisibili che passano attraverso i muri, o di chissà quale altra stregoneria. Ma il metro di valutazione essenziale per stabilire l’appartenenza di un racconto al fantastico è la sua apertura finale al “meraviglioso”. Esito che non viene rispettato in nessuno dei testi che stiamo prendendo in considerazione.

Un'altra ipotesi di scioglimento è che il crimine nella stanza chiusa sia stato un numero di magia, un virtuosismo dell’assassino, una sua invenzione terrena ma efficacissima. Per quanto macchinosa, la soluzione del giallo dovrà apparire realistica e ricondurre la strabiliante premessa sul terreno più prosaico del quotidiano. L’enigma si chiude con un rigetto delle prove a favore del fantastico ed un ritorno alle consuete leggi di natura, che permettono di spiegare i fenomeni descritti come verosimili.  

In questa prospettiva, a ben guardare, l’elemento più intrigante dei gialli è scoprire in termini razionali come l’assassino sia penetrato nella stanza e ne sia uscito lasciando il campo sgombro di indizi. La questione non è tanto trovare l’identità del colpevole, che risulta esercizio banale per l’investigatore, ma risolvere un problema intellettuale che costituisce un evidente paradosso. Se la vittima era chiusa dentro una stanza, come ha fatto il criminale a ucciderla facendosi beffe di tutti? Quale piano diabolico è stato messo in atto per scavalcare gli impedimenti fisici e gravitazionali opposti da una porta blindata? L’autore sfida il lettore a scoprire il suo teorema, i meccanismi che stanno dietro al delitto. L’intelligenza del lettore si misura sul terreno degli artifici, poiché lo scrittore che ha ingaggiato con lui un duello fornisce dati col contagocce, camuffa le informazioni e nasconde in minuzie apparentemente insignificanti la sorpresa finale.

Parafrasando il commento di Borges sulla differenza tra Poe e Chesterton, il primo affabulatore di «puro orrore fantastico» e il secondo giallista in possesso di dogmi sicuri, si può dire che il filone della camera chiusa sposa questa seconda tendenza e difende la sua fede nel mondo conosciuto. E’ una letteratura che parte da una impostazione paradossale e arriva a un esito di tipo realistico. Non varca la linea di confine e non opera stravolgimenti. Il detective conquista una verità intellegibile che spiattella al lettore. L’apertura da incubo si rovescia in un epilogo spiazzante che fornisce una interpretazione diversa che ci fa tornare con i piedi per terra. Invece nei racconti fantastici di Poe, ed in tutta la letteratura del sogno o “del dubbio”, avviene l’esatto contrario: la realtà iniziale si trasforma in materia onirica e del tutto irreale, lasciandoci in una vertigine profonda e assoluta.

L'autore dei locked room murders assomiglia ad un falsario, o meglio ad un mago, e l’apparenza del racconto è fasulla, una clamorosa patacca che il detective ha il compito di smascherare. Le spiegazioni demoniache proposte in apertura sono sostituite da un’inoppugnabile razionalità. Il delitto impossibile non è un evento governato da leggi ignote. Si tratta di un prodotto dell’immaginazione che ha traviato i sensi del pubblico, e in tal caso le leggi del mondo rimangono così come le conosciamo. Dopo un incipit sparato e di grandissimo effetto, l’autore dice ai suoi lettori creduloni “ci siete caduti”, e tutto torna come prima. La frattura viene ricomposta in modo rassicurante, senza lacerazioni.

Nel corso dei decenni le soluzioni rompicapo si arricchiscono di estrose varianti. Gilbert Keith Chesterton, Clayton Rowson, Daly King, Alan Green, Agatha Christie, Edmund Crispin, Edward Hoch, Winslow & Quirk, Derek Smith, i francesi Pierre Boileau e Paul Halter scatenano la loro fantasia nel trovare meccanismi ingegnosi. L’arma del delitto può essere un veleno, un apparecchio telefonico che nasconde la canna di un revolver, il ghiacciolo dalla punta acuminata che poi si scioglie, un gas mortale introdotto dal buco della serratura, una pistola legata ad un contrappeso che la fa sparire, oppure azionata da un congegno meccanico. O ancora l’assassino può aver ipnotizzato la vittima costringendola ad uccidersi, essersi travestito come la vittima quando era già morta da tempo e varcato la scena del crimine incrinando la tempistica dell’omicidio. L’importante è tenere il lettore sulle corde, impedirgli di risolvere il puzzle e nel finale fargli gettare lo sguardo oltre la fumosa cortina di apparenze.

Il filone del mistero della camera chiusa si esaurisce a poco a poco, perché suggerisce una forma distaccata, quasi ludica, di lettura. L’armamentario delle sorprese è  saccheggiato e non c’è incantesimo che regga, nessun giallista disposto a raschiare il fondo del barile delle trovate. Il pubblico non ha più voglia di prendere per buono un contesto artificiale né di divertirsi a scoprire il trucco. La scomparsa progressiva del locked room mystery scorre parallela a quella del giallo canonico, che nella seconda metà del Novecento ne canta l’epitaffio.
Da un certo punto in poi l’illusionismo della camera chiusa sembra superato, come un numero vecchio e balordo che gli spettatori sono in grado di riconoscere e smascherare dalla platea. La massa si accorge della vistosa falsità, ha fame di reale e chiede con insistenza di essere coinvolta nella storia, dentro l’azione, non si accontenta del mero piacere intellettuale. Da questo momento il lettore desidera che l’evasione somigli al suo universo. E nascerà la moda di altri sottogeneri. 

LA CRITICA ON LINE – Le migliori recensioni, i migliori critici - Parte 2

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UNO SPAZIO WEB DOVE TROVARE RECENSIONI INTERESSANTI, ARTICOLI SUL CINEMA DEL PASSATO, E UNA RIVISTA DIGITALE GRATUITA...   
Maurizio Macchi, uno dei pilastri del gruppo di critici cinematografici di "Pellicola scaduta", ci racconta del suo blog - punto di riferimento di molti cinefili - e di cosa significa oggi recensire film e appassionarsi alla Settima Arte. L'amore per pellicole internazionali, i consigli per scrivere una buona recensione, la crisi del cinema italiano, le delusioni in sala: sono molti i temi affrontati nell'intervista.

Che cos'è "Pellicola scaduta" (www.pellicolascaduta.it) ce lo racconta uno dei suoi fondatori. Gli abbiamo rivolto alcune domande sulla sua attività di critico on-line.

Come nasce l’idea del vostro blog e da che deriva il nome “pellicola scaduta”? Perché produrre delle riviste digitali autonome, come il “pellicola scaduta bites”? 
La nascita di Pellicola Scaduta è stata una cosa per nulla programmata e molto istintiva. Noi, un gruppo di amici con in comune la passione per il cinema, non avevamo nessun obiettivo, nessun traguardo, nessuna ambizione, ma volevamo solo parlare di ciò che amavamo (e che tutt'ora amiamo) attraverso uno spazio che fosse nostro. 
In questo spazio non abbiamo né limiti né scadenze, possiamo usare tutti gli stili e i toni che vogliamo, senza censure, in un rapporto col cinema e coi nostri lettori incredibilmente sincero e trasparente.
Nel 2005 (già 8 anni?!) è nata una prima versione sperimentale del sito appoggiata a Blogger, poi nel 2006 siamo sbarcati su dominio .it e, grazie anche alle abilità professionali di alcuni di noi, abbiamo  radicalmente rinnovato pure la grafica e le varie funzionalità. Parallelamente i contenuti hanno assunto sempre più una forma di recensione, sempre priva però di quei filtri tipici della critica specializzata che rendono magari difficile la comprensione a chi non è un cinefilo esperto. Noi siamo maturati ma sempre mantenendo la nostra semplicità, e durante gli anni successivi abbiamo avviato anche alcune collaborazioni con altri web-critici, come CineBlog e Rapporto Confidenziale. Mentre intanto procedevamo imperterriti con tutte queste attività e zigzagavamo persino fra l'organizzazione di cineforum nella nostra zona geografica, quella di Varese, e un'intervista al programma “Siamo Stati Uniti” di Coming Soon Television, è arrivato anche Pellicola Scaduta Bites.
Cos'è? Lo dice il nome: sono piccoli morsi di tutto ciò che passa sul nostro sito, dal miglior film del mese ad un classico da ricordare, il tutto in un formato digitale consultabile direttamente on line. Il suo scopo è quello di avere dei comodi estratti di quel che di bello abbiamo visto recentemente. Insomma, mica pretendiamo che i nostri lettori si leggano al 100% tutte le nostre cavolate che scriviamo...
Per quanto riguarda la curiosità relativa al nostro nome: beh, è un nome particolare, orecchiabile, che ci è sempre piaciuto nel suo non essere un banale “cinequalcosa”, e che oltretutto richiama l'impiego che si fa talvolta nel cinema di pellicole scadute, che non vengono buttate via, ma vengono magari anzi impiegate per sperimentare un qualcosa di diverso.

Ho notato che nel vostro spazio web non vi lasciate influenzare dalle mode del momento e mantenete un amore smisurato per il cinema classico. Autori preferiti e pietre miliari nella cinematografia del passato?
Come ho detto, non abbiamo commissioni o scadenze, non ci interessa se esce al cinema il film evento che tutti aspettano e di cui invece a noi magari non frega niente. 
Scegliamo noi cosa e quando vedere senza porci troppi problemi, passando in continuazione dall'ultimo film di super-eroi Marvel allo sconosciuto film malese che non ti aspetti, dal capolavoro statunitense degli anni d'oro di Hollywood all'azione poliziesca di un cinema sottovalutato come quello di Hong Kong, dal b-movie più brutto girato dal peggiore dei seguaci di Ed Wood alla sorpresa indie snobbata in tutti i festival per i quali è passata.
Sugli autori preferiti e sulle pellicole che adoriamo del passato ci sarebbe troppo da discutere. Quello che dico sempre io è “mai chiedere a un cinefilo qual è il suo film preferito, perché se ti va bene avresti la risposta solo dopo due ore e con una lista di centinaia di nomi e titoli”. Ad ogni modo, per non fuggire la domanda, rispondo in maniera stringata (e gravemente incompleta): Ingmar Bergman e tutte le sfumature grandi e piccole della sua filmografia, Stanley Kubrick e la sua genialità al di là del tempo riversata nei più svariati generi, F.W. Murnau e il suo gotico originale e rivoluzionario, Akira Kurosawa e la sua capacità di raccontare contemporaneamente battaglie epiche e animi afflitti, Charlie Chaplin e le sue avventure dolci-amare, Ishiro Honda e i suo meravigliosi mostri, senza per questo dimenticare grandi del cinema nostrano come Federico Fellini, Pier Paolo Pasolini, Sergio Leone, Dino Risi, Vittorio De Sica e altri mille maestri della storia del cinema che sto immeritatamente omettendo.

A vostro parere oggi la critica cinematografica riesce ad orientare il pubblico nella scelta dei film da vedere? Ha una sua influenza sugli spettatori incuriositi da un lungometraggio che spulciano una recensione prima di andare in sala?
Sebbene il mestiere del critico finisce più o meno inevitabilmente sempre con l'orientare una certa fascia di pubblico, la speranza è sempre che uno spettatore guadagni invece flessibilità e capacità di elaborazione di giudizi personali ad ogni film, visione dopo visione, in un incremento di consapevolezza che ne renda sempre più indipendente ed intelligente il pensiero.
Detto questo, però, paradossalmente mi piace anche credere che ogni tanto qualcuno, dopo aver letto una mia recensione, cambi ancora idea a proposito di un film che ha visto e che aveva inesorabilmente inquadrato in una certa maniera.

Capita mai di litigare con un collega e di accapigliarsi per una valutazione diversa dello stesso film?
Assolutamente no! Anche perché su Pellicola Scaduta vige la regola che se uno di noi non è d'accordo a proposito di un film seduta stante viene espulso dallo staff!
No, scherzi a parte, riteniamo che il confronto fra le idee venga sempre prima di tutto (e questo non vale mica solo per il cinema!). Dunque evviva quando a uno piace un film e ad un altro no, ed evviva alla discussione che ne consegue. Ci si scambia pareri, si fa analisi sotto diversi profili, ci si confronta su punti di vista differenti. Poi magari alla fine non servirà a niente e probabilmente ognuno rimarrà della stessa opinione, ma la discussione costruttiva fra le persone rimane fondamentale in ogni ambito.

Nel vostro blog c’è una netta predilezione per il cinema d’oltreoceano. Che giudizio date del cinema italiano degli ultimi anni? 
Che dire... Non ci vuole un genio per notare che gli anni '40, '50 e '60 sono passati e non ci vuole un genio per capire che ormai troppo spesso il fare arte viene sostituito dal fare profitto. La conseguenza è evidente: il degrado, e questo lo si nota soprattutto in un genere che è quello che gli italiani facevano meglio di tutti, e cioè la commedia.
Oggi di Gassman, di Sordi e di Tognazzi non ce ne sono più, come d'altronde anche di Mastroianni, di Cardinale e di Volontè, e la maggior parte dei registi si concentra più che altro su due filoni primari: la commedia becera (e non intendo solo i cinepanettoni, ma pure tutti quei film fatti con lo stampino come “Benvenuti al sud”, che avranno pure successo ma proprio sottili non sono) e il drammatico di solito fintamente impegnato. Dico “di solito” perché non è che bisogna essere per forza negativi, in quanto di grandi talenti e di autori promettenti ce ne sono anche in Italia: ricordo ancora bene la nostra esultanza per gli applausi agli straordinari Garrone e Sorrentino al Festival di Cannes 2008!

Il web, in cui il sapere circola senza barriere, ha portato trasformazioni  nel rapporto tra spettatori e cinema? Come ha cambiato il panorama della critica?
Il Web ha cambiato un po' tutto e quindi di sicuro anche la critica, gli spettatori e il loro modo di rapportarsi col cinema. Internet ha accelerato ogni processo, ha reso ogni informazione fruibile prima di subito e così se prima lo spettatore doveva scegliere il film da vedere dal quotidiano, oggi ha a disposizione motori di ricerca potentissimi per soddisfare le sue esigenze; se prima doveva andare a noleggiare un dvd in videoteca, oggi può usufruire di uno dei milioni di servizi on line (leciti e non); se prima doveva avere per forza un amico appassionato quanto lui, oggi ha la possibilità di incontrare altri cinefili sulla Rete e affrontare confronti con loro; se prima aveva poche possibilità di catalogare le proprie visioni, oggi può addirittura aprire senza troppe difficoltà un sito dove registrare le proprie opinioni.
D'altro canto, come i quotidiani hanno dovuto adattarsi per sopravvivere in questo mondo dell'informazione esponenzialmente sempre più frenetico e competitivo, anche i critici hanno dovuto farlo, attraverso digitalizzazioni di testate e creazioni di portali dedicati alla loro professione.
Accanto a loro è nata inevitabilmente una miriade di web-critici esordienti o di aspiranti tali, giovani da apprezzare per la loro passione ma pure da considerare appunto giusto web-critici esordienti o aspiranti tali. Insomma, qua nessuno sta cercando di rubare lavoro a nessun altro e nessuno sta cercando di smontare una professione. In fondo anche alla base di Pellicola Scaduta non c'è mai stata e tutt'ora non c'è nessuna ambizione di sostituire il Morandini di turno, ma giusto quella di offrire modesti pareri sì più o meno critici, ma non tali da voler essere considerati una Bibbia. A noi basta divertirci e magari riuscire a smuovere una discussione o ad offrire spunti alternativi alle letture dei film che proponiamo.

Quali sono gli strumenti che il critico ha a disposizione per analizzare un film? In che proporzione deve esserci il riassunto del film in una recensione? Ci sono griglie o modelli per svolgere bene l’analisi di un’opera?  
A parte una minima formazione tecnica e un po' di buonsenso, non bisogna essere degli Einstein per fare quel che facciamo noi sul nostro sito. Alla fine è l'esperienza che fa maturare la nostra cultura, sia in ambito cinematografico, sia per quanto riguarda strettamente la stesura delle recensioni.
Se ci fate caso, le prime recensioni seguite all'apertura di Pellicola Scaduta sono rimaste le peggiori: sono scarne, superficiali e lacunose. Soltanto vedendo film su film si può acquisire un occhio critico che ti mette in grado di cogliere sfumature diverse, di accorgerti delle influenze e dei riferimenti dei vari registi, di capire il perché di una pellicola all'interno della filmografia di un autore e di inquadrare così infine anche opere più criptiche o sperimentali.
Per questo non c'è nessuno schema preciso da seguire nell'analisi di un'opera, perché è l'opera stessa a parlare di sé. Di conseguenza una recensione può cominciare analizzando un aspetto e proseguire su un altro, mentre relativamente ad un'altra pellicola un percorso di questo tipo può risultare del tutto inadatto. Se un cineasta è noto per l'attenzione che presta ad un certo tipo di tematica, non ha senso concentrarsi sull'analizzare l'aspetto estetico che magari è meno caratteristico per quel regista.
Riguardo i riassunti delle trame nelle recensioni abbiamo un'idea un po' severa: servono più che altro giusto ad allungare il brodo. Personalmente, da spettatore, quando vado a cercare l'analisi di un film, vado solo dopo averlo visto, in modo da identificare chiavi di lettura diverse da quelle trovate da me o comunque da avere spunti di riflessioni che mi facciano maturare una qualche opinione di sostanza. Se invece sono uno spettatore a cui interessa solo la trama per capire cosa si racconta in un certo film che mi sto accingendo a vedere vado diretto su Wikipedia...

Che bilancio trarreste dall’esperienza dei libri di critica che avete auto-pubblicato? Vi siete trovati bene col self-publishing e con la piattaforma Lulu?
I due-e-a-breve-tre libri che abbiamo auto-pubblicato sono stati un'esperienza diversa, che ci ha portati ad approfondire enormemente un tema specifico per un certo periodo. Prima è stata la volta dell'immensa cinematografia dedicata alla Shoah, per il quale hanno collaborato tre membri dello staff, poi è stata la volta dei “saggi in solitaria”: Matteo Contin si è dedicato ai film dei Beatles, mentre io sono finito ad occuparmi dell'ottalogia horror del grande Roger Corman ispirata ad Edgar Allan Poe.
Lulu si è dimostrato un fornitore affidabile tanto per gli e-book quanto per le edizioni cartacee. E' un sistema intuitivo e che offre parecchie alternative, così da poter soddisfare esigenze diverse. Probabilmente, qualche tempo fa, i maggiori difetti erano i tempi di stampa e spedizione, ma ad oggi la piattaforma è migliorata nettamente anche su quel fronte.


Bertolucci ha detto che c’è più cinema nelle serie tv americane che nei film europei dell’ultimo decennio. Condividete questo giudizio e non vi sembra di aver trascurato nel vostro lavoro di critici serie come Lost, I Soprano o Dexter?
Con questa domanda sfondi una porta aperta.
Come tutti, siamo anche noi degli assidui consumatori di serie tv, ma, per una scelta – diciamo – filosofica, abbiamo sempre deciso di non coinvolgerle nel nostro sito. Questo non tanto perché esse siano indegne di considerazione (anzi, alcune sono indubbiamente spettacolari!), ma più che altro per non deviare troppo dalla tipologia del materiale coinvolto. Non so se mi spiego, ma la nostra paura è sempre stata quella di allargare troppo gli orizzonti e poi finire per togliere valore al nostro sito rendendolo magari troppo dispersivo. In ogni caso abbiamo una sezione di speciali nel sito e, fra un'intervista e l'altra a qualche personalità del mondo del cinema, non è mancata l'occasione di spendere qualche parola a proposito di serie come Lost o The lost room.
Infine, per dimostrare il nostro amore per le serie, colgo (poco gentilmente) anche l'occasione di pubblicizzare Laika, quella che è una serie web prodotta e realizzata dal già prima menzionato Matteo Contin e da Francesco Ambrosiano, anch'egli uno dei papà di Pellicola Scaduta. Girata nella nostra realtà di provincia, è visionabile direttamente sul suo sito ufficiale o su YouTube.
Qual è il film che consigliereste di vedere nell’ultima stagione cinematografica, un “must” che a vostro giudizio è passato inosservato al grande pubblico? E quale il film peggiore che vi è capitato di vedere, quello da cui sareste voluti scappare dalla sala?
Da “Cosmopolis” a “Moonrise kingdom”, da “Amour” a “Le streghe di Salem”, i film degni di nota quest'anno sono diversi. Ma se davvero vogliamo andare a citare opere che sono anche passate inosservate nonostante la loro bellezza, sono costretto a fare almeno due nomi: “Ruby Sparks”, un'inusuale commedia degli autori di “Little Miss Sunshine”, e “Holy motors”, strambo e potente capolavoro di un autore originale come Leos Carax.
Se di pellicole buone ce ne sono state tante, di peggiori ce ne sono state letteralmente a bizzeffe. In compenso, giusto per dirne uno, menziono il recentemente da noi recensito “After Earth”, un noiosissimo action-movie che dimostra l'enorme caduta che, film dopo film, sta subendo M. Night Shyamalan, un autore che era stato inizialmente capace di farsi notare per il suo talento ma che ora non riesce a sollevarsi dal fondo del barile in cui è caduto da un po' di tempo.



Maurizio Macchi

ESTATE ROMANA, ARRIVA LA CULTURA!!

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Suggerimenti per una serata diversa... 
Una serata all’insegna di libri, readings e spettacoli, dove la letteratura, i fumetti, la musica e il teatro la fanno da protagonisti. Suoni di parole, Letti di notte, Crack!, il Caffè Letterario di E/O, al teatro con Fringe Festival, il festival letterario di Caffeina... In una “Estate Romana” un po’ dimessa, in una città che sta agli ultimi posti nelle classifiche mondiali dei lettori, tornano l’afa e il Grande Caldo, e tornano anche le iniziative che riportano al centro della scena i libri. Libri letti, raccontati, commentati. Libri in competizione tra loro. Libri promossi ed esposti in magnifiche cornici. L’importante è che se ne parli.

Dall’isola Tiberina al Forte Prenestino, da Villa Mercede alla Casa del Jazz, tutte suggestive ambientazioni romane, fino a spingersi anche in quel di Viterbo, ecco i grandi appuntamenti con la cultura per il cittadino romano (e non) che cerca un divertimento diverso e un modo di trascorrere il proprio tempo libero alternativo e più nutriente per lo spirito… Altro che La grande bellezza!

L’Estate Romana si rinnova e, a cavallo tra giugno e luglio, moltiplica i suoi spazi. 
Roma non è solo una felliniana abbuffata di chiese e monumenti, ma anche teatro di manifestazioni che riportano la dovuta attenzione su romanzi, opere teatrali, fumetti, musica (soprattutto jazz) e tante iniziative dove il filo conduttore restano i libri.     

Diciamo solo per inciso, che il 7 maggio è stato pubblicato il bando per reperire “proposte di rassegne e festival da realizzarsi nella Città di Roma″, ma il 28 dello stesso mese si sono chiusi i termini per partecipare. L’avviso riportava un paragrafo secondo cui “l’Amministrazione procederà al finanziamento delle iniziative selezionate, solo successivamente al reperimento delle necessarie risorse economiche”. Quindi, se non ci saranno i soldi in cassa, pazienza per chi ha organizzato una manifestazione, anticipato capitali, elaborato una proposta in 27 giorni e vinto il bando dedicato…
...Polemiche a parte, lasciamo che della polpetta avvelenata se ne occupi il neo-sindaco Marino e noi inoltriamoci nel programma delle varie kermesse culturali e vediamo quali offerte propone la piazza romana (o piazzetta de ‘noantri).


Letti di notte: 21 giugno 2013

Un must, imprescindibile. Torna l’iniziativa senza precedenti, originalissima, fortemente voluta dalla casa editrice Marcos y Marcos e sempre più in gran rispolvero, di “Letti di notte”, una Notte Bianca tagliata su misura per chi ama i libri.

Spegni la luce, accendi la notte e vieni in libreria, in biblioteca, nei circoli culturali. 
La grande notte del libro è in tutta Italia (e non solo). Partecipa alla notte che celebra forza e magia del libro e dei suoi luoghi. Troverai letture spettacolari, ma anche letture bendate, minimostre fotografiche, tornei letterari con parole magnetiche, laboratori di fumetto, un concorso che ti manda in gattabuia, gruppetti musical-thriller, sindaci e personaggi celebri che fanno i librai. In alcune città, biciclettate itineranti da una libreria all’altra.
Ma anche piazzette del libro, librerie dove i bambini possono riciclare giocattoli, inventare nuove storie, ascoltare racconti della mezzanotte. Protagoniste assolute di Letti di notte saranno le “voci”: autori, attori, poeti, traduttori, psicologi che leggono, interpretano, cantano. Anche in formato “corale”.
Troverai anche i blocNotte offerti da Fabriano, port-folio di cartoline con le Facce di notte – foto e caricature dei volti più celebri che animano Letti di notte; e speciali buste, “Gli introvabili” – contenenti libri rari e attrezzi introvabili del mestiere, portachiavi lampadina, e altre piccole cose.
Il programma è in costante aggiornamento. Qui puoi scaricare il programma generale aggiornato al 13 giugno. Ogni due giorni, fino al 21, saranno disponibili e scaricabili versioni più aggiornate.
Tra gli autori e artisti protagonisti di Letti di notte: Daniele Benati, Gianni Biondillo, Luca Bianchini, Donato Carrisi, Cristiano Cavina, Francesco Cataluccio, Giuseppe Cederna, Laura Curino, Paolo Di Stefano, Franco La Cecla, Gino e Michele,  Andrea Molesini, Fabrizio Gifuni, Paolo Nori, Roberto Piumini, Rosella Postorino, Marco Rossari, Alba Rohrwacher, Sergio Rubini, Giuliano Scabia, Filippo Tuena. E tanti altri che presto si aggiungeranno!
A dire il vero, la Capitale ha avuto un’accoglienza un po’ freddina verso la manifestazione e non sono moltissimi gli scrittori che vivono a Roma ed hanno abbracciato con entusiasmo la causa.


Qui di seguito le librerie coinvolte nella bellissima iniziativa:
Libreria Altroquando, Roma
Giufà Libreria Caffè , Roma
Libreria Arcadia, Roma
Pagina 348, Roma
L’eternauta Hulahoop, Roma
Scripta Manent, Roma
L’argonauta – Libri per viaggiare, Roma
Spizzichi d’autore, Roma
Mangiaparole Libreria Caffè letterario, Roma
Il libro Divino, Roma
Libreria Koob, Roma
Libreria Assaggi, Roma
Libreria di via Piave, Roma
Bookshop Chiostro degli Agostiniani, Bracciano (RM)
Lotto 49, Frascati (RM)
Libreria Fahrenheit, Nettuno (RM)
Libreria, Civitavecchia (RM)
Cultura moderna, Guidonia Montecelio (RM)
Ven.pr.ed, Marino (RM)
L’isola che non c’è, Pontinia (LT)



Dal 18 Giugno 2013 al 28 Giugno 2013:
Il Caffè letterario delle Edizioni E/O - giugno 2013

Sull'Isola Tiberina un'estate ricca di appuntamenti gratuiti per tutti gli appassionati di libri, cinema e musica. 

Nella suggestiva location dell’Isola Tiberina, per tutta l’estate ci sarà il Caffè Letterario delle Edizioni E/O che di sera si anima con incontri letterari, cinema, musica e tanti libri.


Programma incontri di giugno


martedì 18, ore 19.00
Viola Di Grado - reading di Cuore Cavo (Edizioni E/O, 2013)

La giovane e talentuosa scrittrice siciliana di Settanta acrilico trenta lana si propone con un’intensa lettura di brani dal suo nuovo romanzo.

mercoledì 19, ore 19.00
La cultura a Roma - Incontri moderati da Paolo Fallai, giornalista del Corriere della Sera.

La grande bellezza di Paolo Sorrentino. Dibattito e proiezioni di un documentario con scene tagliate dal film. Interviene Aldo Cazzullo, scrittore e giornalista.

giovedì 20, ore 19.00
Presentazione di Dritto al cuore (Edizioni E/O, 2013)
Con Alessandra Buccheri dialoga Elisabetta Bucciarelli, autrice del romanzo che parte da un'indagine per raccontare la difficoltà comunicare con le parole e il riemergere di un'ancestrale fisicità legata alla terra e alla natura.

venerdì 21, ore 19.00
Incontro con Davide Roma, che presenta il suo romanzo Il bacio di Jude (Sperling & Kupfer, 2013), un urban fantasy con il ritmo vertiginoso di un thriller e una irresistibile storia d’amore.

domenica 23, ore 19.00
Incontro con Roberto Delogu, che presenta il suo romanzo L’anno di vento e sabbia (Hacca, 2013). Per immergersi e nuotare tra le pagine di una storia da cui riemergere solo dopo una lunga apnea di lettura.

lunedì 24, ore 20.30
Olga Campofreda presenta il Poeta Laureato Alejandro Murguia. Seguirà un reading-performance delle sue poesie. Murguia è il sesto poeta laureato della città di San Francisco. Professore di studi latino-americani alla San Francisco State University, fondatore del Mission District Cultural Center è autore di numerosi libri di poesia e non-fiction, due volte vincitore dell'American Book Award.

lunedì 24, ore 21.30
La British School inaugura le serate River Chat del lunedì, uno spazio di incontro internazionale per imparare giocando con la lingua inglese.

martedì 25, ore 19.00
Presentazione del romanzo di Alessandra Fiori Il cielo è dei potenti (Edizioni E/O, 2012), candidato al Premio Strega. Una storia di potere e ambizione di un giovane avvocato dentro la balena bianca democristiana. Interviene Stefano Ciavatta.

mercoledì 26, ore 19.00
Melania Mazzucco presenta il romanzo di Roberto Mazzucco I sicari di Trastevere (Sellerio editore Palermo, 2013)
Negli anni della trasformazione di Roma capitale, le scelte sul piano regolatore e sull’espansione della città sono decisive. Un giallo storico dagli intrighi e i risvolti tristemente attuali.

giovedì 27, ore 19.00
Incontro con Masal Pas Bagdadi, presentazione del libro Mamma Miriam (Bompiani 2013). 
Dopo il successo di A piedi scalzi nel kibbutz, un nuovo viaggio narrativo intimo dell’autrice con i suoi lettori, centrato sulla figura di Mamma Miriam, simbolo ed essenza di ogni madre reale, desiderata o immaginata.

giovedì 27, ore 21.30
Reading di Claudio Morici, L’uomo d’argento (Edizioni E/O, 2012)
I famosi reading di Claudio Morici, autore E/O, arrivano sull'Isola Tiberina. A seguire, proiezioni dei Racconti da Camera, presentati sul blog minima&moralia.

venerdì 28, ore 19.00
La cultura a Roma - Incontri moderati da Paolo Fallai.
Due donne, due scrittrici: Lidia Ravera, assessore alla cultura della Regione Lazio, dialoga con Sandra Petrignani.


L'ingresso sarà libero fino a esaurimento posti. Il programma è in via di definizione e potrà subire variazioni. Aggiornamenti sulla pagina facebook E/O estate.



Suoni di parole alla Casa del Jazz
dal 28 giugno al 4 agosto 2013

La Casa del Jazz di Roma, ospitata nella splendida Villa Osio, e il suo parco – un tempo dimora di un boss della malavita romana – saranno la cornice per tutto il mese di luglio di "Suoni di Parole", che si preannuncia come uno dei più importanti eventi estivi dedicati all’editoria e all’amore per la lettura e la musica.

La manifestazione, i cui fili conduttori saranno il libro, la musica e l’integrazione si esplica in due momenti principali:
-  La fiera della piccola e media editoria a ingresso gratuito aperta tutte le sere (dalle 18,00 alle 24,00) a cui interverranno 40 case editrici indipendenti fra le più rappresentative del panorama librario italiano.
- Il festival musicale della Casa del Jazz, famoso in Italia e all’estero, che ogni sera proporrà appuntamenti musicali, dal Dixieland all’avanguardia, affiancando artisti di calibro internazionale a musicisti emergenti del panorama jazzistico e non solo.
Suoni di parole potrà contare anche su un ricco programma culturale che andrà ad aggiungersi al festival musicale e che sarà costituito da presentazioni editoriali, tavole rotonde tra professionisti del settore, lezioni di orientamento per i giovani che mostrano interesse ad entrare nel mondo editoriale e momenti culturali dedicati al connubio musica/editoria che si svolgeranno sia presso lo splendido palco estivo allestito nel parco, sia presso il tecnologico ed elegante auditorium interno.

L’intera organizzazione di Suoni di Parole ha nel concetto di integrazione il suo fil rouge. Questo filo conduttore è stato individuato per progettare la rassegna all’insegna della sostenibilità e dell’attenzione nei confronti delle cose (luoghi, libri, etc) e delle persone (pubblico, musicisti, editori, giornalisti, collaboratori, etc). Per dare ulteriore concretezza a questo principio, Suoni di parole si avvarrà della fattiva collaborazione dell’associazione Prigionieri dell’arte presieduta da Cosimo Rega (ergastolano, regista, scrittore e attore, fra i protagonisti nel ruolo di Cassio del film “Cesare deve morire” dei fratelli Taviani, vincitore dell’Orso d’Oro al Festival di Berlino 2012) che opera all’interno del carcere di Rebibbia con l’intento di favorire l’integrazione dei detenuti attraverso la cultura. Alcuni detenuti, individuati dall’associazione, saranno infatti coinvolti direttamente nell’organizzazione della fiera.
Suoni di Parole alla Casa del Jazz è organizzata dalla libreria indipendente Nero su Bianco e dall’attivissima agenzia con.testi – Torino & Roma – e  può contare sulla collaborazione di BNL – Banca Nazionale del Lavoro – Gruppo BNP Paribas e del CNA.

"Casa del Jazz Festival" è il titolo dell'evento che si terrà a Roma nel Parco della Casa del Jazz dal 28 giugno prossimo, fino al 4 agosto. Tanti anche quest'anno saranno i protagonisti che nei prossimi giorni intratterranno il pubblico con le loro esibizioni: Stefano Bollani, Enrico Rava, Kurt Elling, Mike Stern & Victor Wooten, Tommy Emmanuel, Jeff Ballard, Roberto Gatto, Danilo Rea ,Fabrizio Bosso, Luciano Biondini, The Golden Circle (Rosario Giuliani, Fabrizio Bosso, Enzo Pietropaoli, Marcello di Leonardo), David Kikoski & Seamus Blake, Kurt Rosenwinkel, Buster Williams, Giovanni Tommaso, Gegè Telesforo, David Pell, Chihiro Yamanaka, Steve Grossman, Carmen Souza, Gianluca Petrella Cosmic Band, Nu Indaco, Stefano Saletti Piccola Banda Ikona, Saxophone Summit, Flavio Boltro & Marcio Rangel, Joyce Yuille & Michael Rosen, Natalio Mangalavite Martin Bruhn, Andrea Pozza, Enrico Zanisi, Alessando Lanzoni, New Bluez In Town, Parole & Musica, Suoni Di Parole, Remenbering Isio.
A inaugurare l'evento, venerdì 28 giugno, il "piano solo" di Danilo Rea, con un programma che spazierà dai classici standards jazz ai Beatles, a De Andrè.
Sabato 29 giugno, con "Remenbering Isio", si terrà, invece, una serata, in ricordo di Isio Saba, presentata da Marco Molendini, che si svilupperà tra interventi musicali e racconti con le testimonianze di amici, musicisti e colleghi. Parteciperanno: Antonello Salis, Riccardo Lai, Sandro Satta, Don Moye, Eivind Aarset, Jan Bang, Francis Kuipers, Mimmo Locasciulli, Ray Gelato, Baba Sissoko, Michele Rabbia, Javier Girotto, Marco Zurzolo, Paolo Di Sabatino, Glauco Di Sabatino, Francesco Nastro, Larry Franco, Giampaolo Ascolese, Ilario De Marinis, Ambrogio Sparagna.
Domenica 30 giugno, i "Saxophone Summit", con Grant Stewart, Dmitry Baevsky ed Alex Hoffman, considerati tra i migliori sassofonisti sulla scena jazzistica newyorchese attuale, si esibiranno accompagnati da un altro newyorchese, Ehud Asherie, al pianoforte, e dai musicisti italiani, Emanuele Basentini (chitarra),Vincenzo Florio (contrabbasso) e Marco Valeri (batteria).
Lunedì 1 luglio sarà la volta di "Parole & Musica", a cura di Gerlando Gatto, che, con "incontri sotto le stelle", cercherà di conoscere più a fondo gli artisti, e di penetrare nel loro universo alla scoperta di quel meraviglioso mistero che si chiama musica. Ospite di questo primo appuntamento: Renzo Ruggieri, uno dei più grandi specialisti di fisarmonica, a livello internazionale.
Tra i tanti appuntamenti, ricordiamo inoltre:
Lunedì 15 luglio, nuovo appuntamento per "Parole & Musica, incontri sotto le stelle" a cura di Gerlando Gatto, che avrà come ospite il trio del chitarrista Giulio Stracciati, con Franco Fabbrini al contrabbasso e Francesco Petreni alla batteria.
Martedì 16 luglio, Joyce Yuille & Michael Rosen, una voce inconfondibile e un sax ipnotizzante, due performer straordinari di fama mondiale.
Mercoledì 17 luglio, "Andrea Pozza Trio" (Andrea Pozza al piano, Aldo Zunino al contrabbasso e Shane Forbes alla batteria) , saranno affiancati da uno dei più importanti tenori della storia del jazz, Steve Grossman (Miles Davis, Elvin Jones, McCoy Tynee, Cedar Walton, Michel Petrucciani, Barry Harris).
Chiuderà l'edizione 2013 di Casa del Jazz Festival, domenica 4 agosto, "La Notte Dell'Etno Rock Jazz" con Nu Indaco. Il gruppo nasce dall'incontro tra Mario Pio Mancini, storico fondatore degli Indaco e tra i maggiori esponenti della world music italiana e Antonio Nastasi, tastierista e arrangiatore, una delle figure più eclettiche del rock indipendente italiano. Ospiti del concerto: Nicola Alesini (sax soprano), Nando Citarella (tammorra e voce), Claudio Corvini (tromba), Francesco Di Giacomo (voce), Alessandro Gwiss (piano elettrico), Andrea Ra (basso) e Stefano Saletti (oud).
Ricordiamo infine che la manifestazione, che inizierà il 28 giugno, avrà come filo conduttore il libro, la musica e l'integrazione sarà caratterizzata dalla fiera della piccola e media editoria aperta tutte le sere (dalle 18,00 alle 24,00) che potrà contare sull'offerta editoriale di 40 case editrici indipendenti. Per tutto il mese di luglio, accanto ai concerti, la Casa del Jazz ospiterà esposizioni di libri dedicati all'amore per la letteratura e per la musica.



Arriva l'orda di Crack! 2013
dal 20 al 23 giugno

Nei sotterranei del Forte Prenestino di Roma, si svolgerà Crack!, il festival di arte disegnata e stampata giunto alla nona edizione.

Interamente illegale, indipendente e autoprodotto, come il centro sociale che lo ospita nel luogo occupato più antico e più grande d'Europa, il Forte Prenestino di Centocelle, Roma, Crack! dal 20 al 23 giugno è l'happening che fa la storia di un movimento trasversale di disegnatori stampatori scrittori e pupazzettari che rifiutano le strade del mercato dell'arte, la via sterile del copyright e la produzione di libri da consumo.
Un movimento che da anni si ritrova per condividere immaginare e disegnare tutto un altro mondo di immagini che non potrete trovare altrove, tra libri zine serigrafie e tutte le stampe e le produzioni dell'underground internazionale.
Crack! evidenzia il rapporto fortissimo tra modi e strumenti di produzione e narrazione: il sistema con cui si progetta e realizza una cosa inserisce i suoi cromosomi nel prodotto, lo caratterizza e lo indirizza verso il suo luogo di diffusione. Così tutto ciò che un luogo liberato produce, costruisce altra liberazione. In un momento in cui i grandi marchi editoriali avanzano nell'identificazione del linguaggio fumetto con la graphic novel più o meno autobiografica, Crack! esibisce per quattro giorni e quattro notti fumetti dirompenti e frammentari, che reinventano linguaggi e strutture della narrazione, incontrando i nuovi linguaggi metropolitani. Proprio sulla stessa linea opera il Forte Prenestino, che propone il suo produrre cultura aperta e processuale, a getto continuo e capace di coinvolgere un grande pubblico che la sostenga e vi partecipi.
Crack! è il più anziano di una serie di festival che negli ultimi dieci anni il Forte ha creato sostenuto e diffuso nella consapevolezza del suo ruolo culturale e del suo impegno sociale e politico. L'edizione di quest'anno è 'orda': un'orda d'oro di nomadi che liberano il segno e le storie, alla ricerca continua di un mondo dove costruire eguaglianza dignità e solidarietà internazionale e quest'edizione è dedicata a tutti quei nomadi libertari che non potranno raggiungere la manifestazione perché privati della propria libertà personale. Quest'anno a Crack!  ancora una volta saranno ospitati un incredibile numero di artisti da tutto il mondo, una vera orda di partecipanti, e nuove produzioni che propongono riflessioni importanti sulla produzione culturale e politica nel l'ambito della produzione di Arte per la Stampa.

Programma completo su: crack2013.fortepressa.net.





Roma Fringe Festival 2013
Dal 15 giugno al 14 luglio 2013

Manifestazione assolutamente da non perdere, gratuita o dal costo di 5 euro per gli spettacoli, nello storico quartiere di San Lorenzo.
Il Teatro dichiara indipendenza presso Villa Mercede in Via Tiburtina 113
Oltre 72 compagnie e 230 repliche per una Estate di Teatro…
Dopo le 20.000 presenze dello scorso anno per assistere al più grande festival italiano del Teatro Off, dal 15 giugno al 14 luglio 2013 arriva la seconda edizione del Roma Fringe Festival, con il Patrocinio della World Fringe Society, del Municipio Roma 2 (ex 3) e delle Biblioteche di Roma. Torna così nel cuore verde di Roma, a Villa Mercede nella zona di San Lorenzo, quartiere universitario, il Parco del Teatro: 3 aree palco, con 30 giorni di programmazione, 72 spettacoli, 9 al giorno, per oltre di 230 repliche.
Senza fondi ma con la voglia di cambiare le carte in gioco - tra performance, installazioni artistiche, commedie, drammi, stand up comedy, teatro canzone, teatro danza e improvvisazione - le 72 compagnie del Roma Fringe Festival portano in scena una fetta di quel teatro fuori dai circuiti e spesso fuori dagli schemi che merita e cerca visibilità, offrendo allo spettatore una varietà di proposte ampia e articolata.
Una vera e propria festa dellarte e del teatro indipendente che attraverso lattore vivo, contaminato e più che mai 'umano' chiama a raccolta dagli studenti alle famiglie, dai cultori ai critici e restituisce al pubblico una dimensione artistica ancora in grado di comunicare...e raccontare storie.
'Le adesioni artistiche questanno sono state molte' ha dichiarato Davide Ambrogi, autore e direttore artistico del festival 'e ci ha stupito in particolar modo la volontà di raccontare. Si va dai temi di genere (racconti di poetesse, storie di donne, questione femminile), alle mafie, ai temi di attualità (dal precariato alla TAV), passando attraverso una narrazione delle fobie e dei piccoli vizi del nostro paese. Il tutto per un cartellone più che mai vario che restituisce attraverso il sorriso e la riflessione una Italia che Re-Esiste anche attraverso il Teatro'.
Non solo Italia e non solo Teatro. Grande novità 2013, che vede il Roma Fringe Festival membro ufficiale della World Fringe Society, saranno gli ospiti internazionali provenienti da Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Gran Bretagna e ancora una volta gli incontri tematici tra presentazione di libri, rinfreschi a tema e tante iniziative allinsegna della cultura, la sostenibilità, lincontro artistico e molto altro ancora.
Tutto per un cartellone ricco, in cui ognuno può trovare la sua dimensione artistica e teatrale godendosi inoltre una passeggiata tra artigianato, arti visive e prodotti a KM zero con il mercatino e gli spazi espositivi.

Con il Roma Fringe Festival lappuntamento dal 15 giugno al 14 luglio 2013, a Villa Mercede, Via Tiburtina 113 (Roma, quartiere San Lorenzo), tutti i giorni a partire dalle 18.00.

Ingr. gratuito alla Villa, Spettacoli 5 euro.




Al via il Festival Caffeina dal 27 giugno al 7 luglio 2013


Il Festival Caffeina, giunto alla sua settima edizione, si prepara ad accogliere più di 400mila visitatori offrendo quaranta eventi giornalieri da giovedì 27 giugno a domenica 7 luglio 2013.  Il quartiere medievale di San Pellegrino a Viterbo verrà invaso da 25 palchi di diverse dimensioni, pronti ad accogliere più di 200 ospiti. Michele Pepponi, presidente della Fondazione Caffeina Cultura, “Questa sarà una grande edizione perché il Festival può vantare l’appoggio di tutti i soci fondatori della Fondazione, i benemeriti, i sostenitori, gli amici di Caffeina, gli imprenditori, le associazioni di categoria, la Camera di Commercio, la Fondazione Carivit, gli sponsor privati e tutti gli altri soggetti che anche quest’anno hanno deciso di investire in cultura. Pur non avendo ancora nessuna notizia riguardo un sostegno economico da parte di Regione, Provincia e Comune, abbiamo lavorato ogni giorno per realizzare questa grande, ulteriore scommessa”. “Il programma dell’edizione 2013 è il migliore di sempre sia dal punto di vista letterario che qualitativo. Oggettivamente il migliore” sostiene il direttore artistico Filippo Rossi. “Tanto da consolidare Caffeina, a questo punto senza alcun dubbio, al livello dei grandi festival letterari nazionali. Tutto ciò dimostra che la Fondazione ha dato ampia prova dell’importanza della sua esistenza.” 
“Io posso limitarmi a ringraziare tutti quelli che hanno creduto e credono in noi, quelli che ci hanno appoggiato fin dall’inizio di questa avventura iniziata sette anni fa e quelli che hanno iniziato a farlo ora. Ringrazio i 200 volontari e le 50 persone dello staff che ci stanno permettendo di realizzare il Festival e infine ringrazio quelli che ci vogliono bene. Perché siamo convinti di fare qualcosa di bello: mettiamo la cultura a disposizione di tutti” conclude Andrea Baffo, direttore esecutivo del festival. 
Chi ci sarà? Lorenzo Amurri, Roberto Andò, Andrea Bajani, Joe Bastianich, Alessandro Bertante, Luca Bianchini, Antonella Boralevi, Gianni Biondillo, Daniele Bresciani, Pietrangelo Buttafuoco, Irene Cao, Donato Carrisi, Cristina Comencini, Roberto Costantini, Paolo Crepet, Diego Cugia, Michele Dalai, Philippe Daverio, Rodrigo D’Erasmo, Andrea De Carlo, Giancarlo De Cataldo, Maurizio De Giovanni, Concita De Gregorio, Diego De Silva, Catena Fiorello, Carlotta Fruttero, Chiara Gamberale, Alessandro Gassmann, Massimo Gramellini, Alessandro Grazian, Giordano Bruno Guerri, Marco Lodoli, Loriano Macchiavelli, Monica Maggi, Marco Malvaldi, Valerio Massimo Manfredi, Marco Marsullo, Paola Mastrocola, Federico Moccia, Letizia Muratori, Gianluigi Nuzzi, Piergiorgio Odifreddi, Sandra Petrignani, Carlo Petrini, Paolo Piccirillo, Rosella Postorino, Marco Presta, Lidia Ravera, Raffaella Regoli, Corrado Ruggeri, Peter John Sloan, Flavio Soriga, Fabio Stassi, Cinzia Tani, Luca Telese, Enrico Vaime, Franca Valeri, Valerio Varesi, Roberto Vecchioni, Walter Veltroni, Fabio Viola e Roberto Alba: sono solo alcuni degli ospiti del festival che per la prima volata nella sua storia entra in carcere. Franco Di Mare, Niccolò Fabi, Roberto Giacobbo, Fiorella Mannoia e Vittorio Sgarbi terranno i loro incontri nella Sala Teatro della Casa Circondariale di Mammagialla, l’istituto penitenziario viterbese. “Un grande segnale per la città e dalla città – spiega la direttrice del carcere, Teresa Mascolo – che favorisce il processo osmotico tra ‘dentro’ e ‘fuori’, coinvolgendo persone che di solito vengono dimenticate: testimonianza di una nuova sensibilità dei cittadini e del territorio”.

CAFFEINA E IL PREMIO STREGA
Prosegue la collaborazione tra Caffeina e la Fondazione Bellonci. Martedì 2 luglio si terrà una serata speciale con i cinque finalisti del Premio Strega, Paolo Di Paolo, Alessandro Perissinotto, Romana Petri, Walter Siti, Simona Sparaco, con letture di Ennio Fantastichini, Alessandro Haber e Laura Morante. Venerdì 5 luglio, in esclusiva nazionale, il vincitore del Premio Strega tornerà a Caffeina e si confronterà con Giuseppe Antonelli (Radio Rai, il Sole 24 Ore), Mario Baudino (la Stampa), Raffaella De Santis (la Repubblica), Paolo Fallai (Corriere della Sera), Piero Santonastaso (Il Messaggero). "Immagino che nei due incontri con i finalisti e con il vincitore si parlerà delle dinamiche che ci sono attorno e dietro il premio, ma credo e spero che a Caffeina si parlerà soprattutto dei libri che concorrono, libri importanti che raccontano il nostro Paese, le nostre radici. Lo Strega non premia gli editori, ma i libri, e questo è sempre il dato da cui partire. Siamo felici di poter collaborare ancora con gli amici di Caffeina, un festival ogni anno più bello e più grande nonostante la scarsezza di risorse che ha colpito tutto il mondo culturale." dice Stefano Petrocchi, coordinatore esecutivo della Fondazione Bellonci.

SENZA CAFFEINA
La sezione dedicata ai più piccoli si svolgerà all’interno del Cortile del Palazzo dell’Abate. Oltre 40 gli appuntamenti in programma tra laboratori creativi, spettacoli teatrali, presentazioni di libri, attività ludiche. In più quest’anno la sezione del Festival dedicato ai piccini vanta la collaborazione con la fondazione “Le parole di Lulù” di Niccolò Fabi che il 1° luglio dedicherà una serata di musica e parole ai piccoli e alle loro famiglie.
“Nonostante il budget ridotto di questa edizione 2013, la manifestazione si è andata riempiendo nei mesi di proposte e partecipazioni di grande rilevanza. Molti degli artisti e degli operatori coinvolti hanno deciso di partecipare praticamente in forma gratuita, o con un modesto rimborso, agli eventi. Questo evidenzia il grande riscontro che in questi anni Senza Caffeina ha ottenuto non solo rispetto al pubblico, ma anche tra gli addetti ai lavori" sottolinea Paolo Manganiello, direttore artistico di Senza Caffeina.

CAFFEINA E IL FESTIVAL JAZZUP
Caffeina Cultura e JazzUp Festival per la prima volta insieme. Nella settima edizione del festival letterario a Viterbo, infatti, verrà dato ampio spazio alla musica. Nello specifico a quella jazz che avrà una piazza intera dedicata: Piazza del Gesù diverrà una sorta di New Orleans della Tuscia dove artisti esordienti e di fama nazionale e internazionale faranno da colonna sonora. Occhi puntati sulle nuove proposte del jazz, a partire dai giovani talenti selezionati grazie al concorso “New Generation” (1 e 2 luglio), ma anche su alcune nuove proposte editoriali come Kekko Fornarelli che si esibirà con Roberto Cherillo Shine (27 giugno). Jazz e non solo: JazzUp, infatti, parlerà anche le note della musica classica contemporanea, del folk e delle contaminazioni elettroniche.

CAFFEINA E IL TUSCIA FILM FEST
“Abbiamo confermato anche quest’anno, senza esitazioni, la collaborazione con Caffeina Cultura e con l’Università della Tuscia per l’organizzazione di appuntamenti di grande interesse e qualità. Il Complesso di San Carlo di Viterbo, sede universitaria, ospiterà undici giorni dedicati al meglio del cinema italiano dell’ultima stagione e dell’enogastronomia della Tuscia. Nell’arena da 400 posti registi, attori, sceneggiatori ecc. presenteranno le loro opere e incontreranno il pubblico del festival, giunto alla decima edizione” ci racconta Mauro Morucci, direttore organizzativo del Tuscia Film Fest.

CAFFEINA E SLOW FOOD
Quest’anno anche Slow Food parteciperà a Caffeina Cultura. Ci sarà l’Arena Slow (spazio espositivo dei libri Slow Food), un Mercato della Terra (luogo di incontro e vendita diretta di prodotti locali) e una serie di Laboratori del Gusto (degustazioni guidate di cibi e bevande, in un’ottica di piacevole apprendimento sensoriale).
“Raccontiamo il cibo da 25 anni, aggiungendo sempre un pezzettino al nostro racconto fatto delle storie della gente che ha deciso di mettere al centro della propria vita la rivoluzione buona, pulita e giusta. Come potevamo non essere a Caffeina per il racconto più bello, quello dei mercati, dei contadini, dei pescatori?” dice Francesca Rocchi, presidente di Slow Food Lazio.

CAFFEINA BOOKTRAILER FESTIVAL I EDIZIONE
Venerdì 5 luglio verranno premiati i vincitori della I edizione del Caffeina Booktrailer Festival, promosso da Caffeina Cultura e il Laboratorio Filmico dell’Università della Tuscia. Quattro le categorie interessate: best copy, best direction, best atmosphere e best commission e molti gli editori coinvolti.

Per informazioni: www.caffeinacultura.it


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