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IL MARE DI PALIZZI - Esordio folgorante di Ada Murolo

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Recensione del romanzo della Murolo edito da Frassinelli. Un'opera potente e piena di nostalgia per gli affetti infantili e per il mondo della Magna Grecia. Un'opera da cui balza fuori una Calabria avvolgente e solare, tanto da invogliare il lettore a visitare i luoghi descritti dalla scrittrice. La vita a Palizzi in emozioni e immagini di grande letteratura che si presterebbe bene ad una trasposizione cinematografica. 

La protagonista, Adela, torna dopo tanti anni nel paese dove è nata - Palizzi nel reggino sul Mare Ionico - alla ricerca delle sue radici e dei tanti perché alla base della sua scontrosità di bimba, della lontananza della madre e della freddezza attuale del fratello che pure fu suo grande compagno di giochi.
Adela, al contrario della madre, del fratello e delle sorelle, vuole ricordare la sua e la loro vita a Palizzi, l’affetto grande per il padre, ripercorrendo le strade, i luoghi, le emozioni, le immagini delle persone di quando era bambina e credeva che tutto il mondo, il suo mondo, fosse racchiuso in quell’angolo di terra sospeso tra cielo, mare e montagne.

Piccolo angolo di terra sì, quello circoscritto tra Palizzi, Bova, Melito di Porto Salvo, Gambarie, Pellaro, Reggio Calabria, ma non angusto perché le storie, le parole, i suoni, i colori, i sapori, i personaggi, i nomi e gli appellativi, rimbalzano  vividi fino a noi, da un mondo lontano, arcaico, quello della “Magna Grecia”. Il romanzo è pieno della nostalgia per quel mondo, per gli affetti infantili, e si legge con commozione e struggimento.
Quei ricordi, in fondo, appartengono a tutti noi e ci sollecitano a tirar fuori dalla nostra memoria i nostri personali vissuti; in questo particolare momento di crisi che stiamo vivendo, fa bene ricordare….ricordare che veniamo da lontano .“Perché che cosa siamo noi se non la nostra memoria?” chiede Adele, addolorata  e stupita che la madre ed i fratelli non vogliano ricordare, ma solo allontanarsi dal loro vissuto e da tutte le cose che possono ricordarlo. Adele insiste sui ricordi, e li ricerca per poterli scolpire in modo indelebile nel suo cuore.

Ada Murolo è alla sua opera prima, ma dimostra una straordinaria capacità e sensibilità di scrittrice, che sa analizzare i personaggi usando il bisturi dell’anima. Usa un lessico raffinatissimo, un fraseggiare compiuto dove ogni parola è essenziale ma ricercata, quasi suono dell’immagine che vuole rappresentare. L’uso delle frasi e delle parole dialettali non appesantisce la lettura, ma anzi l’arricchisce perché molte delle parole e dei detti, si presentano come le radici di molte parole italiane e quindi riconoscibili.
Dal romanzo della Murolo balza una Calabria bella ed avvolgente, solare, tanto da invogliare il lettore a visitare i luoghi descritti dalla scrittrice, per assaporarne i sapori ed inebriarsi dei profumi e dei colori. 


Il romanzo si presta egregiamente ad essere sceneggiato per il cinema o la televisione. La location è quello splendida e suggestiva dei luoghi descritti ne "Il mare di Palizzi" (http://www.unilibro.it/libro/murolo-ada/il-mare-di-palizzi/9788820054502 ).


Recensione a cura di Carla Sbrana 

AUTORI DI WEB-SERIES E CREATIVI ARRABBIATI: IL FUTURO DELL'AUDIOVISIVO E' VOSTRO!

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Decine le manifestazioni che aprono alle web-series: dal Roma Web Fest al Linea D’Ombra Festival fino al WebSeriesFest,  Procida FilmFestival, CortinaMetraggio,  e Campi Flegrei Web Series Fest, oltre all'appuntamento al RomaFictionFest. Molti addetti ai lavori auto-producono fiction digitale e cresce il numero di utenti votati alla Rete. La televisione e il cinema sono agonizzanti. Siamo vicinissimi ad un giro di vite. Forse Rai e Mediaset decideranno di investire sul web (anche se la cancellazione di "uMan" e "La scimmia" non depone a favore di un cambiamento culturale).
Ma perché le web-series hanno un potere emotivo così forte? Quali sono le ragioni per cui si è formato un sostanzioso patrimonio di fiction digitale? Perché tanti creativi si cimentano col nuovo mezzo? 
Ecco cinque buone ragioni per snobbare cinema e tv. Ecco un manifesto per la web-fiction del domani.    

Cinque buoni motivi per diventare youtubers 
Proviamo ad analizzare le ragioni che spingono giovani e meno giovani verso l’innovazione tecnologica e cerchiamo di capire quali vantaggi ci saranno nella trasformazione del mercato dell’audiovisivo.     

Avere bassi costi di realizzazione
La ragione più ovvia per cui il digitale si è affermato rapidamente è perché costa poco.  La “leggerezza” del mezzo, la facilità della messa in scena e la possibilità di intervento sulle immagini in post-produzione ha portato a snellire l’equipe che lavora attorno ad un film e a ridurre notevolmente i costi della macchina produttiva. Dopo la digitalizzazione del medium la stessa esperienza cinematografica ha perso la sua centralità e la sala rappresenta oggi una delle tante possibilità di sfruttamento di una storia. Entra in crisi la vecchia pratica di “andare al cinema”, diminuiscono i ricavi derivati dagli esercizi e proliferano modalità di fruizione diverse: l’home video, il DVD, i network generalisti, i canali digitali, la pay-per-view, la proiezione sull’aereo, le trasmissioni sul cellulare, il video-on-demand attraverso internet.


Essere indipendenti rispetto a 
tematiche e gruppi di potere  
Youtube permette a chiunque di creare qualsiasi tipo di materiale. Una serie italiana che parla di superpoteri non avrebbe riscosso approvazione dalle produzioni che si fanno intimorire facilmente. In questo modo non abbiamo dovuto convincere nessuno nel credere a questo progetto se non noi stessi. E siamo stati spinti da un solo obiettivo: intrattenere le persone gratuitamente e con qualità.  Questa è la dichiarazione di uno degli autori di Freaks, la serie che nel 2011 ha spopolato sulla Rete. Non ci vuole molto per capire che per un creativo che si affaccia nel mondo della televisione o per un professionista che elabora idee anti-convenzionali la lunga serialità oppone due tipi di sbarramenti. C’è in primo luogo la difficoltà ad entrare in clan e gruppi di potere, che impediscono l’ingresso di persone estranee alla comunità e perpetuano modelli autoreferenziali, e in secondo luogo l’impossibilità di trattare tematiche scomode e di usare un linguaggio sciolto da vincoli di obbedienza sociale e ideologica.

La web fiction garantisce all’autore di rimuovere gli ostacoli che frenano lo sviluppo di idee nel campo televisivo e cinematografico. In Italia pochissime imprese – si possono contare sulle dita di una mano – forniscono la totalità dei prodotti e si affidano ai soliti registi e sceneggiatori senza mai rinnovare il loro parco creativo. Chiamatele lobby, oligarchie, tribù, o come volete, ma in un regime che si cristallizza e si va restringendo, per via della recessione, non c’è spazio per gli outsider. Invece se si ha la fortuna di vedersi commissionato un lavoro dalla televisione, occorre scegliere soggetti che vadano bene per una serie nazional-popolare e contengano eventi che possono essere mandati in onda in prima serata. I mass media sono obbligati dalla loro stessa configurazione a comunicare al minimo comune denominatore, elaborando cliché decifrabili. I dirigenti di Rai e Mediaset hanno in mente un pubblico formato da bambini, anziani, casalinghe e persone poco istruite. 
Fino a non molto tempo fa la gestione dei media diretti al grande pubblico era esclusiva dei professionisti. Chi non oltrepassava una serie di filtri sociali gestiti da severi “controllori” (direttori, editori, produttori, ma anche politici e così via) non era autorizzato a rivolgersi ad una platea degna della società di massa[1].  Ora grazie al web tutti sono liberi di esprimersi come desiderano. Le serie nascono prive di asservimento, di auto-censure e dei pedaggi che si pagano per lavorare nello spettacolo. I prodotti fai-da-te scavalcano le prerogative del professionismo. Coniano un linguaggio in sintonia con i nostri giorni, affrontano temi ruvidi e scottanti e si rivolgono ad un pubblico consapevole, senza incorrere in divieti o restrizioni. I produttori che continuano a vivere di posizioni di rendita non riusciranno ad arginare il movimento che partendo dal basso sconvolgerà la fabbrica dello spettacolo. Ignorare la rivoluzione in atto non servirà a niente.  


Contare su un mercato in crescita
Nel 2012 ben 5,6 milioni di utenti hanno guardato contenuti video. Ma chi sono le persone che vantano maggiore dimestichezza con l’informatizzazione? Il 90% dei giovani. E poi laureati, diplomati, impiegati, insegnanti, imprenditori e lavoratori autonomi. Un pubblico istruito e dal profilo qualificato. Un mercato che cresce in via esponenziale e che rappresenta un ottimo target per le aziende pubblicitarie. Una nuova specie di spettatore, con redditi alti e gusti elevati, che ha aspettative che non vengono soddisfatte né dal cinema d’autore né da una televisione nazional-popolare. Uno spettatore che chiede prodotti diversi da quelli che offrono le sale e l’elettrodomestico di casa. Una audience raffinata ed esigente che si rifiuta di vedere le serie standardizzate dei canali generalisti e non si reca nella sala cinematografica a vedere il mortifero e piagnone "cinema d'autore". Chi sarà in grado di intercettare le quote di spettatori che fuggono dai media tradizionali? Naturalmente internet. 

Usare tecnologie immersive e interattive
Il cyber-spettatore compie una visione selettiva delle scene, comincia e finisce la fruizione di una storia nei punti che sceglie e decide quale puntata vedere di una serie. E’ chiamato a dare la sua opinione. Si costruisce un percorso di lettura e si muove a suo piacimento all’interno di un iper-testo aperto a modifiche. Altre volte viene coinvolto direttamente nella produzione di senso del racconto. In una estetica ibrida, tra arte e scienze, web-series come Lost in Googlee Days sollecitano la curiosità degli utenti, offrono opzioni narrative integrabili, riflettono sulla loro natura testuale e cercano di ribaltare il ruolo dello spettatore, affidandogli una funzione di “creatore di storie”. Si prospetta così una forma di narrazione che coinvolge gli utenti con una fruizione diversa. Non più quella passiva del flusso televisivo e della visione di un film in una sala. Condivisione e partecipazione sono le parole d’ordine. Gli autori di web entertainment applicano tecniche eclettiche, plasmano i contenuti a seconda dei percorsi personali dei loro fruitori e favoriscono l’interazione, esortando gli spettatori a commentare, a suggerire soluzioni di racconto o lasciare un “like” su una bacheca virtuale.
Oggi un artista può attraversare i confini dei media riconosciuti. Può sfruttare internet come il segmento di una comunicazione integrata e distribuita su diversi media. Coinvolgere tv, cinema, Dvd, videogames, telefonia, radio ed editoria, come entità di un progetto comune. Può far rivivere personaggi letterari o televisivi di successo su una web-serie. O prendere il protagonista di una web fiction e ideare per lui una striscia animata per l’app di un cellulare. Le opzioni sono infinite. In questo senso una web-serie può essere intesa come il supporto di una vasta progettualità narrativa. La crossmedialitàè intrecciare televisione, internet e twitter, ad esempio, e collegarli tra loro per una cross-platform che valorizzi il prodotto e amplifichi la risonanza su più livelli. 


Raccontare storie complesse
Da The Sopranos a The wirefino a Six feet under, le creature del canale via cavo americano HBO ci hanno abituato a costruzioni dense di significato che superano i modelli ripartiti in tre atti e offrono possibilità di variare e di inventare. Le produzioni di altri network sono state influenzate da questa corsa all’originalità ed hanno contribuito ad elevare il piccolo schermo a standard qualitativi mai visti prima. Desperate housewives, Loste Mad Men hanno fatto dire a Bernardo Bertolucci che c’è più cinema nelle serie americane di quanto non ve ne sia nel cinema europeo odierno.
Gli ha fatto eco il critico Aldo Grasso, che ha scritto: Non c’è mai stata una televisione tanto vitale, intelligente e ricca di risonanze metaforiche e letterarie come l’attuale. Sembra quasi un paradosso ma spesso si fa fatica a trovare un romanzo moderno o un film che sia più interessante di un buon telefilm.
La migliore serialità catodica sembra avere incorporato dentro di sé le dimensioni dell’epopea romanzesca e le istanze della drammaturgia cinematografica. Gli episodi televisivi si offrono come parti di un insieme più vasto e assumono la complessità dickensiana e il realismo del romanzo vittoriano, sia la vocazione al grande spettacolo dei film hollywoodiani[2].
La web-fiction, in quanto continuazione e sviluppo di un discorso seriale adulto, raccoglie l’eredità dei maestri della narrazione come Matthew Weiner, David Chase e Alan Ball e ha l’arduo compito di proseguire la sperimentazione linguistica e tematica delle narrazioni audiovisive del XXI secolo, proponendosi nel contempo come uno spazio di ricerca indipendente.
Sulla rete come in televisione, serialità non vuol dire solo ripetizione e standardizzazione, ma anche tecniche sofisticate di un racconto “disteso”. Procedimenti formali che si evolvono da modelli alti. Citazioni dalla grande letteratura, dal grande cinema e dal grande teatro. Riflessioni mai banali sull’adolescenza, sulla crescita, su desideri e bisogni umani, sul passaggio del tempo, sulla morte e sulla frantumazione dei rapporti sociali. Perché la vita contemporanea è tutte queste cose, è molteplice e irriducibile, e la lunga serialità può insegnarci molto su quello che siamo come esseri umani e su quello che vorremmo essere.




[1]G. Bartorelli, Art/Tube. L’arte alla prova della creatività amatoriale, Cleup, Padova, 2010, p. 19
[2]Gli studi sulla televisione hanno sempre rivolto l’attenzione sui presunti mali della cultura popolare e sul meccanismo industriale della serialità. Teorici e critici hanno enfatizzato l’impatto negativo del mezzo televisivo sulla società moderna. Solo recentemente le discipline televisive sono entrate nelle università e si è riscoperta l’originalità delle serie americane e inglesi con un fiorire di interessanti saggi critici. Tuttavia permane l’atteggiamento snobistico da parte di molti intellettuali ed un approccio di tipo apocalittico che vede in tutti i prodotti della tv un supporto all’ideologia dominante.  

WEB-SERIES NELL’ERA CLINTON: COME SONO NATE E PERCHE' LE PRIME SERIE DIGITALI

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L’anno scorso una grossa fetta di pubblicità, quasi un terzo, è andata a internet. Ecco perché negli Stati Uniti le web-series sono un settore in fermento, una fucina di idee, un incubatoio di linguaggi, e soprattutto una ghiotta occasione commerciale. Vediamo come sono nate le web-series oltreoceano e tracciamo brevemente la loro storia, nella speranza di comprendere il fenomeno e soprattutto di poter colmare l'enorme divario e ritardo con le nostre produzioni.  - PARTE 1

La vocazione cross-mediale del web
Oggi gli inserzionisti americani spendono sulla web fiction ben 4 miliardi di dollari, a fronte dei bassi costi di produzione e distribuzione dei prodotti che girano su Internet, e si calcola che nei prossimi anni l’advertising televisivo perderà più quote a vantaggio degli sponsor on line. Il pubblico di YouTube, il celebre sito di condivisione video attivo dal 2005, è formato da un miliardo di utenti e rappresenta la più grande platea esistente per i mezzi di comunicazione, un  bacino di pubblico pazzesco.  
Ma com’è nata la serie on line? A chi diavolo è venuto in mente di creare una storia a puntate con delle immagini in movimento che potessero essere fruite sui computer? Per paradosso la serie on line è stata generata dalla stessa televisione che ora sta cercando di distruggere (almeno in America). Sembra la storia di un brutto anatroccolo partorito da una madre bellissima che piano piano cresce e diventa così affascinante da offuscare la stagionata bellezza del suo genitore. Il vecchio apparecchio a tubo catodico.
Tutto è cominciato con uno sfruttamento derivativo di una serie televisiva. Alcuni produttori americani hanno pensato di tenere vivo l’interesse del pubblico e di sfruttare il potere di traino delle serie tv offrendo parti inedite e lati inesplorati del racconto. Perché non allungare la vita di una serie di successo e dare al pubblico qualcosa che ancora non si conosce di quella serie? E’ la domanda che iniziava a circolare tra gli executive producer e i dirigenti di rete. A bruciare tutti sul tempo è stato nel 1997 il produttore del poliziesco Homicide: Life on the Street che inventa uno dei primi show per il web. Homicide: Second Shiftè dapprima un libro animato e poi una costola digitale della serie, i cui episodi sono disponibili sul sito della NBC. 


Tra le produzioni più importanti del sottogenere ricordiamo, dal 2006: le serie on-line nate da Battlestar Galactica, tre stagioni di cortometraggi di 5 minuti, chiamati minisodes, distribuiti attraverso il sito di Sci Fi Channel e realizzati per raccontare eventi inediti avvenuti su New Caprica e antefatti della prima guerra cylone; le due serie diffuse su internet On Call e Message of Hope, collegate alla serialità tv dell’ospedale di Grey's Anatomy, brevi puntate dalla durata di 4 minuti; e Missing Pieces, 13 mini-episodi di 3 minuti che approfondiscono aspetti rimasti nell’ombra di Lost, nota serie fantascientifica che racconta dei sopravvissuti a un incidente aereo. 
Al centro di tutto sta la fiction catodica, che si ramifica sugli altri mezzi con contenuti extra, spin-off e video on line. Le narrazioni digitali dilatano l’evento televisivo e ne aumentano la visibilità. Il principio della crossmedialità punta ad espandere il classico prodotto tv, allungandone la vita. Il mondo di internet può diffondere materiale audio e video collaterale. Può contribuire a distribuire gadget e companion books relativi al prodotto, diventare uno strumento di feedback col pubblico, costituire dibattiti attraverso i social network, mantenere un filo diretto con gli spettatori. Può mettere in comunicazione gli appassionati che possono scambiarsi opinioni e indiscrezioni just in time. 
Come dice Mario Morcellini, esperto di media, “va perseguita una strada completamente diversa, tale per cui l’audience viene attratta dal mezzo tv per poi venirne espulsa, approda su altri media e viene fatta rientrare nuovamente in tv”. La televisione monolitica dei vecchi tempi sta per morire. Presto i telespettatori diventeranno pubblico dialogante e partecipativo, grazie a post, tweet e quant’altro, lanciati da pc, tablet e smartphone.

La tendenza delle web-series alla forma diaristica e all'autobiografia
Dal fenomeno dei blog e dei diari pubblicati in rete, dove la parola scritta esercita il suo dominio anche sulle fotografie, intorno al 2000 si passa alle prime narrazioni artigianali con immagini in movimento. E' uno sviluppo quasi naturale passare dal rigido e letterario blog all'uso dei video e del linguaggio audiovisivo. 
Una tendenza spiccata delle web-serie degli alboriè individuabile nel forte intimismo e nella forma del diario. Molti teenager sembrano dire “noi ci siamo” e gridano al mondo, con rabbia, “vogliamo contare”. Travolti da una frenetica mobilità, hanno bisogno di trovare un posto nella società e di rafforzare il proprio processo di identificazione con testimonianze autobiografiche. Prevalgono così i racconti sul mondo del college e sulle relazioni tra adolescenti, con situazioni vicine alle tematiche delle sit-com, dove le scale di una scuola, una cameretta con postazione pc e una coffee-house sono i teatri di scena privilegiati.
Un vero antesignano è Whatever, realizzato nel 1999 da una quindicenne californiana, Ashley Power. Al centro della serie scaricabile con Real Player o Quick Time ci sono un gruppo di liceali americani e la stessa Ashley. Richard Dreyfuss e il marchio Oakley, produttore di abbigliamento sportivo, finanziano il serial che costa tra i venti e i trentamila dollari a episodio e ha un successo enorme. La MGM si interessa al prodotto per farne una versione televisiva ma poi rinuncia. 

L'uso pubblicitario delle web-series e i contesti futuristici dei magnifici Novanta-Duemila
Una terza tendenza dei pionieri delle web-series è senz'altro quella di sfruttarle ad uso pubblicitario. Tanto che molti critici affermano che le prime serie on line sono pubblicità camuffate da serie. Le narrazioni digitali fin da subito possiedono una spiccata matrice commerciale e si ibridano con il mondo della pubblicità. Gli esperti di marketing, che studiano le trasformazioni dei fenomeni comunicativi e tentano di intercettare il loro funzionamento, non possono non accorgersi delle potenzialità di Internet. Le agenzie pubblicitarie lo utilizzano per sponsorizzare prodotti che, pur non comparendo nei serial, ispirano la way of life dei protagonisti. Oppure, più tradizionalmente, una serie di intrattenimento fa da contenitore per annunci che appaiono sui banner. 

Dalla seconda metà degli anni Novanta gli esperimenti di 770 Ocean walk, Media secrets, Mudders pop 89e The eco-village funzionano come supporto su cui far aderire logiche appartenenti ai vecchi media, dando rilevanza alla capacità del web di creare contatti presso target particolari. Il racconto seriale è offerto dai pubblicitari come forma di possibile servizio nei confronti dei loro clienti. Ma la mancanza di ritorni economici immediati e il flop della new economy costringono molti progetti a chiudere. La crisi della Silicon Valley rappresenta solo una battuta d’arresto per l’esperienza della web fiction. Che però tornerà ad affermarsi in campo pubblicitario qualche anno dopo. 
Così, mentre in Italia nel 2000 si passava da Elisabetta Gardini, psichiatra e cronista in Delitti e segreti all’impiego dell’attore western Terence Hill nei panni di Don Matteo, e nello stesso anno, a causa della liquidazione dell’IRI, in barba ad un referendum le azioni RAI andavano in mano al Ministero dell'Economia, negli Stati Uniti la fiorente industria dell'audiovisivo incassava i brutti colpi del mercato e si preparava a far decollare la golden age delle web-series. Ma questa è un'altra storia.
- CONTINUA IN PARTE 2

WEB-SERIES A STELLE E STRISCE. LA NUOVA FRONTIERA DELL'AUDIOVISIVO. SCENARI DA CONOSCERE.

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La radio ha impiegato 36 anni per diventare un medium di massa, la televisione 18, il cellulare 10, Internet 5. Per Facebook sono bastati 6 mesi per la sua affermazione mondiale. E’ impossibile oggi azzardare pronostici su che tipo di contenuti saranno caricati domani sui dispositivi mobili e prevedere quale sarà lo scenario industriale dell'audiovisivo anche nel prossimo anno. Quel che è certo è che negli USA molte imprese si fanno la guerra per aggiudicarsi contenuti digitali e le web-series generano lauti profitti in un momento di crisi. 
E l'Italia? Resta a guardare. - STORIA DELLA WEB FICTION PARTE 2



La rivoluzione delle narrazioni transmediali

Con la dimensione 2.0 del web si afferma una modalità produttiva rivoluzionaria. Un numero altissimo di persone entrano a pieno titolo dalle porte principali della fabbrica dell’immaginario. 
Lonelygirl15è una delle prime web-series a raggiungere milioni di utenti. Pubblicata su YouTube nel giugno 2006, spacciata per una storia di vita reale, ha guadagnato ampia attenzione dei media quando è stato svelato che si trattava di una bufala. Era una fiction! Una sedicenne aggiorna il suo vlog su YouTube con monologhi comici,osservazioni sulla cura della pelle e angoscianti riflessioni sulla passione dei genitori per la stregoneria, insieme alle paure di fare una brutta fine per colpa dei culti diabolici. Un mockumentary che ha aperto la pista a tutto un sottogenere.
Sam ha 7 amiciè un altro popolare web-drama del periodo, creato dalla casa di produzione Big Fantastic. Lo show ruota attorno al seguente slogan: "Samantha Breslow ha sette amici. In data 15 dicembre 2006, uno di loro la ucciderà". In questa aura tragica, tra toni che mischiano la soap-opera con il thrilling, ogni episodio conduce la protagonista più vicina alla sua morte.I sette amici che compaiono nei titoli di testa (l’ex, il fidanzato, la migliore amica, il vicino di casa, l’agente cinematografico e altri sodali) si alternano in 80 puntate da 90 secondi l’una mostrando gelosie e segreti. Sam ha fasi alterne di fortuna con la sua carriera di attrice, ma quando si prepara a lasciare Los Angeles viene uccisa, così come recitava fin dall’inizio la premessa delle serie.
Il fenomeno delle web-series inizia a suscitare interesse anche in ambito accademico e viene creata nella prima metà del 2000 una rivista scientifica dedicata al nuovo format. The Episodic offre saggi, recensioni, curiosità, interviste su tutto quanto riguarda la serialità in rete e istituisce la cerimonia degli Eppy Awards che premiano i migliori prodotti del settore distinguendoli in categorie come Navigabilità, Editing, Interattività, Trama e Caratterizzazione dei personaggi.  
Le storie che colonizzano il web sfruttano le tecniche narratologiche già utilizzate per la serialità televisiva e i lungometraggi. E’ il desiderio di farsi notare dall’ambiente, l’ansia di fare qualcosa, la mancanza di sbocchi pratici e la ricerca di tematiche di nicchia che spingono una pattuglia di arditi you-tubers ad un’affabulazione libera da condizionamenti di mercato. Spy stories, science fiction e contenuti ibridi mischiano tematiche di più sottogeneri. 
Un esempio è Sanctuary, autoprodotta dalla sensuale e fascinosa attrice canadese Amanda Tapping. Sono 8 puntate da 20 minuti, che costruiscono un arco narrativo robusto e lineare sulle ricerche da parte di una scienziata di terrificanti creature, gli “anormali”, e sugli esperimenti della "setta", una potente organizzazione planetaria. La serie futuristica è girata in interni sul blue screen e dotata di un modesto 3D, ma risulta assolutamente convincente e rappresenta una acuta metafora della paura che la diversità genera nel prossimo. Trasmessa nel 2007 sul sito di Syfy, ottiene un successo così strepitoso da persuadere l’emittente a crearne una versione televisiva (in onda da noi su Mediaset Premium alla sua quarta stagione).
Tra le decine di drammi low-budgetapparsi su internet, brilla per le interpretazioni e il virtuosismo registico The Captive, 6 episodi di 6-4 minuti, prodotta nel 2008 per il Sundance Channel. In uno spazio concentrazionario è portato sulla scena il clima di terrore e minaccia terroristica, acutizzatosi dopo l’attacco alle Torri Gemelle. Un uomo che forse sa qualcosa di un attentato viene prelevato e messo in una cella. Il detenuto cerca sponda in una donna attraente che gli porta da mangiare, fa amicizia con altri prigionieri e progetta una fuga, ma i carcerieri lo bloccano e lo sottopongono a sevizie di ogni tipo. Non è chiarito dalla sceneggiatura che cosa sappia il prigioniero, se conosce i piani di una guerra globale oppure è un fatale errore di persona. Sensi di colpa, ambiguità ed elusioni ricordano in filigrana il Processo di Kafka e l’effetto finale è un pugno nello stomaco degli spettatori.
A chiudere idealmente una stagione di transizione, arriva la discussa web serie Pioneer One. Quando nel 2010 la piattaforma VODO adocchia due registi al loro esordio cinematografico, offre loro la possibilità di distribuire il successivo progetto. I due scrivono la sceneggiatura di una serie on line in soli tre giorni ed in due terminano i provini, ma mancano i soldi per le riprese. Il budget di 6.000 dollari per la puntata pilota viene messo insieme attraverso donazioni da parte degli utenti, che poi continueranno a far piovere nelle casse dei registi denaro sufficiente per produrre altri cinque episodi da 35 minuti. Pioneer Oneè una contaminazione discretamente riuscita della fantascienza col mistery, anche se a tratti si colgono effetti comici involontari. Il pilota, disponibile tramite il download gratuito via torrent, è scaricato 420.000 volte durante la prima settimana ed arriva ad oltre un milione nella seconda,entrando subito nella leggenda. Questa la trama: il dipartimento di Sicurezza indaga su una capsula che precipita al suolo e diffonde radiazioni mortali per centinaia di miglia. Il team che dovrebbe fare luce sull’accaduto scopre che si tratta di una vecchia navicella russa, ma al suo interno trova un cosmonauta che ha un cancro devastante. Le immagini mosse, l’impostazione teatrale della messinscena e la lentezza del ritmo non tolgono nulla all’intreccio che gioca sulle sospensioni e sul clima paranoico ormai capitalizzato da parecchie serie.
Sul web non si contano le serie amatoriali di vampiri, licantropi, streghe, supereroi, serial killer, investigatori dell’occulto, persone scomparse o intrappolate in universi claustrofobici. Come nell’editoria digitale c’è una concentrazione di e-book legati ai sottogeneri amati dai trentenni, nella rete girano serialità horror, urban fantasy e thriller soprannaturali che puntano ad un pubblico smaliziato e avido di emozioni forti. La maggioranza dei prodotti sono figliocci spuri di X-Files e di Lost, per il fascino verso il paranormale, l’interesse per le cospirazioni, le atmosfere sfumate e l’uso delle ellissi. Gli slogan di Chris Carter (“Non fidarti di nessuno”, “Nega ogni cosa”, “La verità è la fuori”) costituiscono il DNA di una generazione appassionata di lunga serialità che ora vuole spaventare e turbare la coscienza dei nuovi spettatori e agganciare a tutti i costi la loro attenzione.   
Passando al genere comico, nella costellazione digitale non mancano sorprese positive. La solidissima preparazione del parco attori americano, la dimestichezza con format più brevi e col linguaggio della sitcom ed una straordinaria capacità di leggere tic e manie della gioventù metropolitana forniscono le basi per una produzione irriverente e sintonizzata col target internettiano. 
Dal 2007 è pubblicata sul web The Guild. Finita di girare attraverso donazioni su PayPal, annovera una prima stagione con 10 episodi che variano tra i 3 e gli 8 minuti e nel 2009 giunge alla sua terza stagione. 
Felicia Day, sceneggiatrice e interprete della serie, è malata di un videogioco on-line, per cui ha sviluppato una vera e propria dipendenza, e tra i suoi amici non ha altro che giovani scapestrati e nerd appassionati di videogames e che rischiano di confondere la vita reale con quella giocata.
Meritano una menzione speciale le due web-series di cui Lena Dunham, classe ’86, è sceneggiatrice, attrice e regista. Una giovanissima Dunham, prima di essere notata dall’HBO e di incarnare l’eroina della comedy Girls (da noi in onda su MTV), si mette in mostra in Rete con Tight Shots, che racconta in chiave ironica il suo sogno di diventare regista e le frustranti esperienze sentimentali in una scoppiata e stralunata New York; e Delusional Downtown Divas, due fortunate stagioni di venti episodi, che hanno come eroine ragazze inconcludenti e irrisolte, dotate di ambizioni letterarie e di velleità artistiche. Gli spunti autobiografici forniscono il pretesto per un ritratto generazionale al vetriolo che aggiorna in versione caustica il film Giovani, carini e disoccupati.
Demenzialità, canzoni in stile anni ’70, arrangiamenti rockettari, romance giovanilistico e un pizzico di magia alla Burton nei tre atti del musical Dr. Horrible's Sing-Along Blog che, finanziato con 200.000 dollari, registra nel suo sito 2,2 milioni di utenti la prima settimana. Mente dell’operazione è Joss Whedon, il creatore di Buffy l'ammazzavampiri, a cui l’opera si ispira nelle tematiche. 
Neil Patrick Harris è un genio maldestro, un conformista arci-cattivo che desidera cambiare il mondo e lotta contro la sua arci-nemesi, il super-eroe idealista e sognatore Nathan Fillion. La bella Felicia Day è l’amore platonico del buono, Fillion, mentre viene concupita dal perfido Harris. Non lasciatevi distrarre dal fumettone sopra le righe, perché dietro c’è nascosto un discorso non banale sulla forza dei sentimenti, sul significato della passione e sulla tragicità dei suoi inganni.

La fase industriale, quella delle super-produzioni, negli Stati Uniti è prossima a venire. I kolossal come Electric City, House of CardsH+sono dietro l'angolo. Ma questa è un'altra storia, di cui parleremo nel prossimo post.


FESTIVAL DELLE 4 GIORNATE. UN CONCORSO SERISSIMO. SOTTO A CHI TOCCA!

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Nella penuria di possibilità e occasioni, dopo tanti premi che si rivelano illusori e male organizzati, ecco  finalmente un concorso serio e ben strutturato.
Un concorso che si terrà  a Napoli.   
Il Festival delle Quattro Giornate ed il 
Premio Rossellini si incontrano. 
E promettono grandi cose.  
Ce n'è per tutti i gusti: dal concorso per la serie web a quello per la sceneggiatura di un lungometraggio o di un pilota  televisivo.  

Con il patrocinio della Federazione Unitaria Italiana Scrittori FUIS (costituita dal Sindacato Libero Scrittori Italiani CISL, dal Sindacato Nazionale Scrittori CGIL e dalla Unione Nazionale Scrittori e Artisti UIL), l’Associazione “Autori in Primo Piano” (Napoli) e l’Istituto Culturale del Mezzogiorno(Napoli), in collaborazione con la SocietàLuxArte srl (Roma), organizzano nell’autunno 2013 la prima edizione della manifestazione “Le Quattro Giornate del Cinema di Napoli  Premio Roberto Rossellini: Obiettivo Lavoro”. La manifestazione celebra le quattro giarnate: evento storico del 27-30 settembre 1943, di cui quest’anno ricorre il settantenario, richiamandone l’eredità morale e lo spirito rivoluzionario. Inoltre, il riferimento al grande regista Roberto Rossellini, attesta come l’evento abbia raccolto l’eredità ideale del famoso premio a lui dedicato.
L’iniziativa, in prosecuzione ed ampliamento del successo della 1a edizione del Festival di Gaeta “Corto d’Autore”, è una risposta concreta alla richiesta di attenzione che gli Autori da tempo domandano e meritano. 


Prima edizione del concorso 
SCRIPT: sceneggiature lungometraggi.

L’iscrizione al concorso è completamente gratuita.
Per partecipare occorre spedire entro il 3 settembre 2013 (fa fede il timbro postale di invio) uno o più sceneggiature di lungometraggi a basso budget, di massimo 100 pagine e ambientate nella città di Napoli. Gli script possono essere inviati in formato word, PDF e Final Draft. Inoltre le sceneggiature dovranno essere accompagnate da un piano di lavorazione, seppure indicativo, che costituirà criterio di valutazione e dovranno essere presentate durante la serata finale del festival dallo sceneggiatore e/o dal regista, eventualmente sfruttando anche la presenza di attori oppure proiettando trailer, teaser, o in altro modo ritenuto idoneo. La giuria, che avrà già letto gli script, valuterà i lavori sommando il voto dato alla sceneggiatura e quello dato alla presentazione. 
I lavori devono essere inviati a “Sezione SCRIPT - FUIS Federazione Unitaria Italiana Scrittori, Piazza Augusto Imperatore 4, 00186 Roma. Italy”. 
Per ogni lavoro inviato, i partecipanti dovranno allegare una scheda di partecipazione firmata con indicazione del titolo del film e con informazioni riguardanti l’eventuale regia (se già individuata), il soggetto, la sceneggiatura e la sinossi dell’opera stessa. Gli autori possono fornire, se lo ritengono opportuno, anche ulteriori informazioni. 
Le sceneggiature provenienti dall’estero dovranno essere tradotte in italiano.
I lavori selezionati saranno presentati in autunno, a Napoli, durante lo svolgimento della manifestazione “Le Quattro Giornate del Cinema di Napoli: Obiettivo Lavoro”. I risultati delle selezioni, oltre ad essere pubblicati sul sito internet www.quattrogiornate.it e sulla stampa, saranno comunicati ai selezionati stessi nel mese di settembre 2013.
La giuria sarà composta da sceneggiatori, scrittori, produttori, registi, giornalisti, autorevoli critici cinematografici, personaggi del mondo dello spettacolo e rappresentanti delle organizzazioni di categoria. La migliore sceneggiatura sarà premiata con la realizzazione del film stesso da parte di una casa di produzione con un budget di circa 200.000,00 euro non cumulabile con altri finanziamenti, contributi o fondi. Tra le professionalità emerse nelle varie sezioni del festival, saranno, inoltre, scelte le figure più idonee alla realizzazione del lungometraggio che sarà girato al termine della manifestazione, nella città di Napoli. 
L’organizzazione, pur impegnandosi rigorosamente nella cura e nella custodia delle opere pervenute, non si assume responsabilità per eventuali danneggiamenti o smarrimenti che queste dovessero subire. L’organizzazione si riserva di mantenere nell’archivio della propria sede una copia di ogni lavoro inviato. Tutti i lavori selezionati verranno inseriti nell’opuscolo realizzato dall’organizzazione, la quale pubblicizzerà le opere premiate sulla stampa nazionale. Ai sensi delle leggi vigenti si assicura che tutti i dati personali dei quali si entrerà in possesso verranno usati solo per quanto attiene il concorso in esame. Ciascun autore risponde del contenuto delle proprie opere. La partecipazione al concorso implica l’accettazione integrale del  regolamento. Spetta all’organizzazione il giudizio finale sui casi controversi.


Prima edizione del concorso 
SCRIPT: pilota serie tv

 L’iscrizione al concorso è completamente gratuita.
Per partecipare occorre spedire entro il 3 settembre 2013 (fa fede il timbro postale di invio) uno o più sceneggiature di puntate pilota di serie tv, di massimo 50 pagine, a tema libero. Gli script possono essere inviati in formato word, PDF e Final Draft.
I lavori devono essere inviati a “Sezione SCRIPT PILOTI - FUIS Federazione Unitaria Italiana Scrittori, Piazza Augusto Imperatore 4, 00186 Roma. Italy”. I partecipanti dovranno allegare: una scheda di partecipazione firmata con indicazione del titolo della serie e della puntata; il soggetto di serie con indicazioni sui personaggi protagonisti in massimo 10 pagine; la sceneggiatura; la sinossi della puntata pilota. Gli autori possono fornire, se lo ritengono opportuno, anche ulteriori informazioni.
Le sceneggiature provenienti dall’estero dovranno essere tradotte in italiano.
I lavori selezionati saranno presentati in autunno, a Napoli, durante lo svolgimento della manifestazione “Le Quattro Giornate del Cinema di Napoli: Obiettivo Lavoro”. I risultati delle selezioni, oltre ad essere pubblicati sul sito internet www.quattrogiornate.it e sulla stampa, saranno comunicati ai selezionati stessi nel mese di settembre 2013.
La giuria sarà composta da sceneggiatori, scrittori, produttori, registi, giornalisti, autorevoli critici cinematografici, personaggi del mondo dello spettacolo e rappresentanti delle organizzazioni di categoria. Il miglior progetto seriale sarà presentato attraverso il festival ai più importanti produttori televisivi.
L’organizzazione, pur impegnandosi rigorosamente nella cura e nella custodia delle opere pervenute, non si assume responsabilità per eventuali danneggiamenti o smarrimenti che queste dovessero subire. L’organizzazione si riserva di mantenere nell’archivio della propria sede una copia di ogni lavoro inviato. Tutti i lavori selezionati verranno inseriti nell’opuscolo realizzato dall’organizzazione, la quale pubblicizzerà le opere premiate sulla stampa nazionale. Ai sensi delle leggi vigenti si assicura che tutti i dati personali dei quali si entrerà in possesso verranno usati solo per quanto attiene il concorso in esame. Ciascun autore risponde del contenuto delle proprie opere. La partecipazione al concorso implica l’accettazione integrale del  regolamento. Spetta all’organizzazione il giudizio finale sui casi controversi.


Prima edizione del concorso Serie Web

L’iscrizione al concorso è completamente gratuita.
Per partecipare occorre spedire entro il 3 settembre 2013 (fa fede il timbro postale di invio), una puntata a propria scelta di una serie web, sia edita che inedita, della durata massima di 30 minuti e in formato DVD (in due copie). I lavori devono essere inviati a “Sezione Serie web - FUIS Federazione Unitaria Italiana Scrittori, Piazza Augusto Imperatore 4, 00186 Roma. Italy”. I DVD dei film provenienti dall’estero devono essere spediti per posta, con la dicitura “senza valore commerciale”. I lavori dovranno essere stati realizzati in una data non anteriore al giorno 1 gennaio 2012. Per ogni lavoro inviato, i partecipanti dovranno allegare una scheda di partecipazione firmata con indicazione del titolo della puntata e con informazioni riguardanti la regia, il soggetto, la sceneggiatura, la colonna sonora, il formato, il montaggio, la produzione, gli interpreti, la durata (comprensiva di titoli di testa e di coda), la sinossi dell’opera stessa e un soggetto di massimo una cartella in cui siano esposti il tema e l’arco narrativo completo della storia. Gli autori possono fornire, se lo ritengono opportuno, anche ulteriori informazioni. Le puntate provenienti dall’estero e partecipanti al concorso dall’estero dovranno recare sottotitoli in italiano oppure in inglese.
I lavori selezionati saranno proiettati in autunno, a Napoli, durante lo svolgimento della manifestazione “Le Quattro Giornate del Cinema di Napoli: Obiettivo Lavoro”. I risultati delle selezioni, oltre ad essere pubblicati sul sito internet www.quattrogiornate.it e sulla stampa, saranno comunicati ai selezionati stessi nel mese di settembre 2013.
La giuria sarà composta da registi, sceneggiatori, esperti del web, giornalisti, autorevoli critici cinematografici, personaggi del mondo dello spettacolo e rappresentanti delle organizzazioni di categoria. Verranno premiati la migliore serie web, il soggetto di serie più originale, la migliore sceneggiatura, la migliore regia, la migliore fotografia, il miglior montaggio. E’ prevista anche la possibilità di assegnare una eventuale menzione speciale e uno speciale “premio brand”: un noto marchio, infatti, metterà a disposizione un piccolo budget per la realizzazione di una serie web legata al proprio brand e realizzata dalla migliore squadra tecnico artistica che, a suo insindacabile giudizio, sarà emersa nella sezione.
Tra le professionalità emerse nelle varie sezioni del festival, compresa quella relativa alle serie web, saranno scelte, inoltre, quelle da impiegare nella realizzazione, al termine della manifestazione, di un lungometraggio da realizzarsi nella città di Napoli. Tale lungometraggio sarà prodotto sulla base della miglior sceneggiatura per lungometraggi partecipante al Concorso Sceneggiature “SCRIPT”.
L’organizzazione, pur impegnandosi rigorosamente nella cura e nella custodia delle opere pervenute, non si assume responsabilità per eventuali danneggiamenti o smarrimenti che queste dovessero subire. L’organizzazione si riserva di mantenere nell’archivio della propria sede una copia di ogni lavoro inviato. Tutti i lavori selezionati verranno inseriti nell’opuscolo realizzato dall’organizzazione, la quale pubblicizzerà le opere premiate sulla stampa nazionale. Ai sensi delle leggi vigenti si assicura che tutti i dati personali dei quali si entrerà in possesso verranno usati solo per quanto attiene il concorso in esame. Ciascun autore risponde del contenuto delle proprie opere. La partecipazione al concorso implica l’accettazione integrale del  regolamento. Spetta all’organizzazione il giudizio finale sui casi controversi.


Intervista a Paolo Roversi, autore de "L'IRA FUNESTA"

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IRONIA, MISTERO, PERSONAGGI INDIMENTICABILI E IL VOLTO NOIR DELLA CAMPAGNA: OVVERO "L'IRA FUNESTA" (RIZZOLI). 
Paolo Roversi racconta com'è nata L'ira funesta, la sua ultima fatica letteraria, e parla della sua attività di scrittore, della Bassa mantovana, della sua passione per il genere noir e di molto altro.     
Dopo la cruda epopea di MILANO CRIMINALE (Rizzoli), lo scrittore mantovano ritrova la voglia di ridere. Senza prendersi troppo sul serio, firma uno dei suoi polizieschi più belli, L'IRA FUNESTA, sempre per Rizzoli. 
Gli abbiamo rivolto alcune domande cruciali.
 
Entriamo subito nel laboratorio dello scrittore. Com’è stata la genesi del tuo ultimo romanzo “L’ira funesta”?
L'ira funesta è nato da una storia vera. Mi hanno raccontato la storia di un "matto" di paese, il Gaggina, e da lì io ho cominciato a costruire la trama.

Scrivi una scaletta degli eventi oppure preferisci andare a braccio?
Faccio sempre una scaletta. Mi aiuta a focalizzare e il testo, quando lo rileggi, è più pulito. Quasi già pronto per la pubblicazione.

Il microcosmo della Bassa mantovana, con la sua stravagante fauna di paese, è forse il vero protagonista de “L’ira funesta”. Apparentemente il borgo tranquillo e ridente dove tutti si conoscono, il paese uggioso e dalla vita monotona, non sembrerebbe il luogo ideale per delitti efferati o gialli irrisolti.  Perché la provincia è sempre più utilizzata come ambientazione dagli scrittori italiani? E’ davvero un luogo privilegiato per comprendere il nostro paese?
Sì, la provincia è un incubatore naturale di storie criminali. Sotto un'apparenza di tranquillità si nascondono i peggiori segreti. Misteri, o peggio, delitti. Basta sfogliare le pagine di cronaca nera dei quotidiani locali per rendersene conto...

Cosa ha in comune il giornalista inurbato Enrico Radeschi con il maresciallo Omar Valdes, alias “tenente Siluro”?
Sono entrambi degli sradicati e tutti e due hanno il fiuto per
l'indagine e il rifiuto per la soluzione ovvia.

Qual è la filosofia di vita e quali sono i valori del militare de “L’ira funesta”?
Valdes è un uomo con un passato oscuro. Un uomo tutto d'un pezzo che non scende a compromessi e questo spesso gli costa molta caro.

Qualche tempo fa un famoso scrittore ha dato una definizione del Commissario Cliché: “Fondamentalmente buono, soffre un po’ di ulcera ma non troppo. Torna a casa dalla moglie che gli prepara lauti pranzi che lui fa un po’ fatica a digerire. E’ un po’ di sinistra, ma non troppo, così non si offende nessuno. Aiuta le vecchiette ad attraversare la strada… e alla fine ci vogliamo tutti bene.” Che cosa rimproveri di più alla letteratura gialla e poliziesca del nostro paese?
La letteratura poliziesca italiana è viva e florida quindi non ho
nulla da rimproverarle. Forse il problema è che se ne pubblica troppa e il lettore di fronte allo scaffale dei gialli può trovarsi disorientato.
Quali sono i limiti del genere letterario in Italia, oltre al buonismo e ad una eccessiva prevedibilità delle azioni?
Il problema del giallo italiano è che è poco letto. I lettori italiani sono esterofili. Preferiscono i noir tradotti che quella di casa nostra. E non si capisce il perché viste certe schifezze che circolano...
Ci sono degli scrittori, o dei registi, che ti hanno influenzato nell’attività di scrittore?
Scrittori Bukowski, Winslow e Scerbanenco. Registi Tarantino, Kubrick e Monicelli.

Ormai sei un giallista di lungo corso, con diverse pubblicazioni alle spalle. Hai sviluppato un metodo di lavoro ricorrente?
Sì, scrivo una sinossi dettagliata del romanzo, prima di scriverlo. Poi lo suddivido in scene e le sviluppo una ad una.

Hai dei rituali personali quando sei impegnato nella fase di scrittura?
Birra per scrivere, rhum per la revisione dei testi. Taccuini quando sono in giro per prendere appunti.

Cosa ritieni più difficile nella costruzione di un romanzo, la macchina narrativa del poliziesco, oppure lo scavo psicologico sui personaggi?
Tutto deve funzionare come un orologio svizzero in un giallo anche se forse la trama e la buona costruzione della macchina narrativa sono elementi imprescindibili.

Che tempo dedichi al primo aspetto, quello del plot e del congegno giallo, e quanto tempo al secondo aspetto, relativo ai personaggi, alla loro caratterizzazione e al loro sviluppo?
Dipende. In genere prima penso al plot. Poi quando il soggetto mi è chiaro cerco di capire quale personaggio sarà più adatto per la storia che sto per scrivere.

Scrittore ma anche patron del festival NebbiaGialla, una manifestazione sempre più nota nel settore, e poi direttore di MilanoNera  che è un sito specializzato nel noir e una web press.
Quali sono i criteri con cui sono scelti gli e-book?
Devono essere gialli o noir che abbiamo qualcosa da dire. Pubblichiamo solo racconti quindi le storie ci devono coinvolgere subito, farci entrare dentro.

Che cosa ti colpisce di più quando leggi un romanzo o un racconto di genere?
Lo stile e la scrittura. C'è pieno di gente che pubblica e che scrive malissimo. Quando invece c'è anche un bello stile è un piacere leggere. E poi naturalmente l'originalità della trama.

Preferisci il noir metropolitano, l’hard boiled, oppure il pulp?
Il noir e il giallo classico. Gli altri mi entusiasmano meno.

Credi sia necessario non prendersi troppo sul serio  con un po’ di robusta ironia?
Sì, chi si prende troppo sul serio pubblica romanzi buoni per lo Strega che la gente compra senza poi riuscire a leggere fino in fondo. Noi preferiamo sorridere e farci leggere sino all'ultima pagina.

E’ stato difficile per te ottenere le prime pubblicazioni?
Come tutti. Tanta gavetta, tante delusioni fino al sospirato contratto.

Che consiglio ti senti di dare ad uno scrittore che vuole esordire oggi in Italia?
Leggere, leggere molto. Poi scrivere e non essere mai troppo soddisfatto del risultato.

E’ più utile frequentare una scuola di scrittura creativa o armarsi di sana determinazione e spirito di sacrificio?
Sono strade buone entrambe ricordandosi però che tutti possono studiare solfeggio o andare al conservatorio ma che di Mozart ne nasce solo uno ogni secolo...





200 MILIONI DI EURO? SI’ GRAZIE. VERRANNO REGALATI A REGISTI E PRODUTTORI CINEMATOGRAFICI A PARTIRE DAL 1 LUGLIO 2013

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Il decreto per l’investimento e la trasmissione dei film, salutato dalle associazioni di categoria come salvifico per l’industria dell’audiovisivo, farà piovere nelle casse dei produttori una grande quantità di soldi. 
Lo Stato assistenzialista è la risposta alla crisi strutturale del cinema italiano? Dare tanti soldi ai cinematografari serve a qualcosa? Aiuterà a rendere più esportabili i nostri film? Oppure i soliti privilegiati godranno immeritatamente di contributi pubblici?


 
 Se c’è una cosa che in Italia non ha mai funzionato, è l’assistenzialismo al cinema. Che tradotto nel linguaggio nostrano significa avere una torta da spartire in varie fette in modo che nessuno si accapigli, seguendo il criterio delle amicizie, del clientelarismo, dei favori incrociati e dei padrini politici, da parte di sedicenti produttori e di cosiddetti autori (quasi tutti rigorosamente di sinistra).
In tempi di crisi economica e di recessione il Ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, e il Ministro per i Beni e le Attività Culturali, Lorenzo Ornaghi, hanno creduto bene di regalare ben duecento milioni di euro alla “cricca” dell’ambiente cinematografico come ultimo atto del loro agonizzante governo, in barba al dilagare di corruzione, nepotismo e mancanza di meriti che flagellano il sistema a tutti i livelli.
La risposta ai numerosi problemi che assillano il cinema italiano è dare una pioggia di milioni a quegli stessi produttori e registi che hanno sfornato film mediocri o assai poco competitivi sul mercato internazionale. D’ora in poi RAI, MEDIASET e le altre emittenti saranno obbligate a dare il loro obolo per finanziare il cinema italiano e programmarlo nelle loro reti, non importa se in tarda serata o al mattino presto, non importa se per progetti di qualità o per idee proposte da persone inserite nel circuito.
Detto in soldoni, il pubblico televisivo dovrà sorbirsi più film italiani distribuiti nei palinsesti, anche se non sarà mai reso noto il criterio per cui è stato beneficiato un film piuttosto che un altro (come avviene in qualsiasi paese civile).
Torniamo al protezionismo in chiave autarchica, che abbiamo conosciuto durante il regime fascista. Certo, le parole “quote di investimento finanziario e di programmazione” sono molto più moderne ed eleganti e nascondono il sapore nostalgico dell’iniziativa.
Difendiamo l’industria dello spettacolo pompando dentro denaro delle emittenti pubbliche e private, in una sorta di spirale negativa che finirà per danneggiare anche le stesse reti televisive, come un virus che inoculato dal “cinema più brutto del mondo” renderà malati e brutti anche i network.
Ciò che in altri paesi può funzionare in Italia diventa un modo per accaparrarsi il finanziamento di turno. La corsa alle diligenze è già partita, quando il solo e unico modo per uscire dalla crisi sarebbe cambiare mentalità. Mi permetto di dire sommessamente che di soldi ce ne sono anche troppi per il reparto cinematografico. Mancano però criteri meritocratici di assegnazione dei finanziamenti. Se un film è brutto, è brutto e basta. Non va sostenuto finanziariamente, anche se sarà prodotto da un famoso produttore, diretto da un regista quotato e interpretato da un attore di grido. L’incompetenza e il pressappochismo di stampo italiota finora non hanno premiato. Occorre una piccola rivoluzione. Trasparenza, valore al merito ed equità nella selezione dei progetti dovrebbero essere gli imperativi di tutti i contributi statali.
Ma vediamo nel dettaglio l’osannato decreto Passera-Ornaghi.
Per quanto riguarda l'obbligo di investimento, il provvedimento stabilisce per la RAI che il 3,6% dei ricavi complessivi annui debba essere destinato a produzione, finanziamento, pre-acquisto e acquisto di opere cinematografiche italiane, mentre per le altre emittenti tale obbligo riguarda il 3,5% degli introiti netti. Per quanto riguarda l'obbligo di programmazione, il testo prevede per la RAI che sia dedicato a opere italiane l'1,3% del tempo di trasmissione per i palinsesti non tematici e il 4% di quelli tematici, mentre per le altre emittenti tale disposizione riguarda l'1% del tempo di diffusione per i palinsesti non tematici e il 3% per quelli tematici.
Naturalmente le associazioni di distributori, produttori, registi e sceneggiatori hanno applaudito all’iniziativa.
Ancora non si è formato un nuovo governo (ammesso che ci sarà) e già sono pronte a chiedere qualcos’altro, con la buona vecchia scusa che la cultura è la cultura.
Alla miopia delle categorie in questione, arroccate in posizioni di rendita, sfugge che bisogna ripartire dalle fondamenta, da una imprenditoria meno improvvisata e fragile, da storie dal respiro internazionale e da figure nuove che sappiano coniugare linguaggi più moderni e originali.
Altrimenti il vento del cambiamento che - con tutte le sue contraddizioni e la sua spinta rinnovatrice - ha investito la politica italiana prima o poi arriverà a soffiare anche sulle case di produzione e sugli Autori inseriti nel Sistema e potrebbe scuotere alle basi il vetusto mondo delle professioni e la ingessata fabbrica del cinema, ormai diventata autoreferenziale.    
 
Mi piacerebbe chiudere con i tre semplici punti che non sono in alcuna agenda italiana ma che sono emersi da un workshop dell’Ateliers du Cinéma Européen e di Israel Film Fund, una specie di programma che le migliori agenzie internazionali per il finanziamento all'industria cinematografica vorrebbero promuovere ma che le istituzioni italiane e i vari clan italici seguitano a snobbare.
1. Creare i presupposti al sostegno alla produzione di film, senza preclusione di generi, e adatti a raggiungere il più ampio pubblico internazionale.
2. Identificare nuove forme di finanziamento per ottimizzare la relazione fra distribuzione e circuito delle sale cinematografiche e per potenziare la diffusione on line dei film.
3. Riconoscere l'importanza culturale e sociale dei film e assicurare la loro diversità e personalità nel tentativo di catturare un pubblico di giovani e giovanissimi, e individuare nuove fonti di finanziamento per mettere i produttori indipendenti e gli istituti per la formazione in grado di far fronte alle proprie necessità.

PIU’ NERO DEL NERO. UNA SUPERBA SERIE TELEVISIVA TRATTA DA UNA TRILOGIA LETTERARIA DI GRANDISSIMO LIVELLO.

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CICLO LETTERARIO 
E ADATTAMENTI TELEVISIVI IMPERDIBILI. 
UNA MAGISTRALE LEZIONE DI NOIR 
PER TENTARE DI FERMARE LO SQUARTATORE DELLO YORKSHIRE... 
Dai romanzi dell'autore di culto David Peace è stata tratta una serie inglese che, una volta tanto, non delude e rappresenta un affresco storico potentissimo degli anni Settanta e Ottanta corrotti, violenti e folli. 

C’è qualcosa che fa apparire il Montalbano di Camilleri un romanzetto da educande e nello stesso tempo rende incommensurabilmente vecchie tutte le serie televisive poliziesche prodotte in Italia. Chi ha visto la miniserie inglese noir Red Ridingavrà provato la stessa sensazione spaesante e la stessa incazzatura del sottoscritto, che quando ha terminato la visione dei tre episodi da 100 minuti si è domandato perché in Italia non sia possibile vedere un prodotto simile.


«Ho scritto bugie come se fossero vere e la verità come se fossero bugie, e ci ho sempre creduto.»

Riduzione per il piccolo schermo dei romanzi dello scrittore David Peace, Red Ridingè stata trasmessa nel Regno Unito da Channel4 e venduta in tutto il mondo, nonché presentata con grande successo al festival della fiction a Roma nel 2009. 
Più che tre episodi televisivi sono praticamente tre film, opere mozzafiato di sapore cinematografico, autonomi per stile e per narrazione, capitoli di una saga nerissima che racconta gli anni Settanta e Ottanta di uno Yorkshire immerso nell’incubo di una caccia al serial killer, una regione piombato in una profonda crisi economica ed esistenziale da cui nessuno sembra avere la forza di rialzarsi.
I tre episodi che compongono la serie Red Riding raccontano la stessa storia poliziesca da prospettive e angolature differenti: l’indagine sullo Squartatore dello Yorkshire, che si connette in parallelo ai loschi affari generati dal boom edilizio e alla corruzione di poliziotti, palazzinari e colletti bianchi. La storia ha uno sviluppo che prevede tre protagonisti diversi e tre periodi storici (1974, 1980, 1983), ma permane in tutti gli episodi e anche nei quattro capitoli della saga letteraria l’ossessione di prendere il famigerato assassino che insanguina le periferie urbane e ruba le vite di innocenti ragazzine. Gli anni sono quelli della ristrutturazione economica imposta dalle politiche della leader conservatrice Margaret Thatcher (da poco passata a miglior vita). 

I protagonisti sonoun giovane, arrogante e ingenuo giornalista che indagando sulle bambine scomparse perde il sonno e non ha paura di minacce e ritorsioni (1974), un idealista detective della polizia di Manchester, mandato nel West Yorkshire per dirigere le indagini (1980), un pingue e impaurito avvocato che è anche figlio di un poliziotto e arriva a scoprire un circolo di pedofilia (1983).
Quello che colpisce di più nella serie antologica è la capacità di restituire immagini potentissime con una grande economia di mezzi, ma senza l’effetto povero di molte produzioni italiane. Se ad esempio salta in aria la casa di uno dei protagonisti, vediamo il bagliore del fuoco riflettersi sul vetro della sua automobile ma ci emozioniamo lo stesso e troviamo il tutto credibile.
Lo stile è quello sporco delle pagine di Peace. La pioggia cade sempre in maniera insistente negli episodi di Red Riding. La descrizione dei rapporti umani è lucida e senza veli. Gli uomini sono dominati da frustrazioni e dall’estrema violenza. Nessuno è innocente, nessuno è privo di colpe. Non c’è spazio per le speranze, in una visione nichilista che non concede aperture neppure all’amore. Anche il sesso è una menzogna e viene vissuto come sopraffazione dell’altro.La fotografia è livida e plumbea, la regia vola in iperboli oppure sta addosso alle persone, il cast appare dirompente e va da Sean Bean (Il signore degli anelli e Game of Thrones), a Rebecca Hall (Vicky Cristina Barcellona e The Town), Andrew Garfield (The Social Network e The Amazing Spider-Man), fino a Mark Addy (Full Monty e Game of Thrones).   

«Quattro fotografie di due persone in un parco.
Platt Fields Park, d’inverno.
Fotografie in bianco e nero di due persone. Un parco davanti a un laghetto.
Un laghetto grigio e freddo, un cane. Due persone in un parco...
Una delle due sono io

Il lavoro di adattamento dai romanzi è mirabile e gli aggiustamenti sono tutti sapientemente calibrati.
Il celebre Red Riding Quartet dello scrittore David Peace si compone di quattro romanzi che hanno come titolo l’anno di svolgimento delle vicende (1974, 1977, 1980 e 1983). Un periodo fondamentale per la storia britannica che lo scrittore ricostruisce grazie ad uno studio approfondito delle carte e dei documenti dell’epoca e attingendo dai propri ricordi personali, attraverso quattro punti di vista diversi.
Peace ha dichiarato in proposito: «Ovviamente sarebbe molto più semplice limitarsi a un romanzo solo, analizzare il problema e il periodo con una storia unica. Ma la realtà è che quando mi accingo ad analizzare un periodo storico, divento quasi ossessionato con il luogo e le tempistiche e quindi voglio approfondire in maniere molto più profonda e diretta il problema e parlarne in maniera molto diffusa ed è per questo che alla fine diventano più di un romanzo
Il linguaggio spesso scade nel turpiloquio (si contano 76 volte la parola “cazzo” solo nel primo romanzo del ciclo) e lo stile è così essiccato e scarno, a grado zero, che sembra non avere nessuna parvenza letteraria. Un mondo intriso di menzogne, che esplora la miseria umana di un distretto corrotto, operai pavidi, gente impaurita, emarginati abbrutiti, uomini ossessionati dal sesso e tormentati da rapporti infelici. Lo sguardo è paranoico e schizoide, come un ritmo punk. 

«Me ne restai lì seduto a cantare al suono del ‘Little drummer boy’, con i suoi giorni di grazia ormai lontani. Ad aspettare le luci blu e le sirene. A centoventi all’ora


Sul perché non sia possibile vedere un Red Riding italiano sul piccolo schermo, la prima risposta è che una simile serie noir cruda e spietata non può trovare spazio nell’attuale palinsesto di Rai e Mediaset, dominato da storie edificanti e a lieto fine. Red Riding sarebbe vista da pochissime persone e non è un caso che la televisione generalista ha individuato come proprio target di riferimento il pubblico anziano di scarsa cultura e alfabetizzazione. Nell’ultimo anno poi, in tempi di recessione, si preferisce andare sul sicuro e il piccolo schermo ha completamente rinunciato al tentativo di attrarre spettatori giovani e istruiti (quelli per intenderci che navigano su internet e si sintonizzano su Sky). Le poche serie poliziesche ansiogene, pur essendo più costose e adrenaliniche, si rivelano quasi sempre un flop. Basti pensare al Clan dei camorristi, che partito senza grande concorrenza con 4.986.000 spettatori ha toccato un deprimente 13% di share con 3.810.000 spettatori e mantenuto una media al di sotto delle aspettative della rete. Insomma, la denuncia sociale e la spettacolarità del poliziesco non pagano affatto. 


La seconda risposta per cui non sia possibile vedere un Red Riding italiano è che semplicemente non esiste un Red Riding nella nostra letteratura di genere.
Non esiste un’opera che indaghi così minuziosamente, e anche così ferocemente, l’Italia degli anni Settanta e Ottanta, in un’ottica rigorosamente poliziesca.
Se arrivasse a qualche casa editrice italiana un romanzo simile, privo di descrizioni e psicologie, mondato da quella "buccia" che tanto piace ai palati raffinati, verrebbe cestinato nella frazione di un secondo. Troppo cannibalesco, troppo frammentario, troppo dialogato, troppo concentrato sull’aspra polpa. “Questa non è letteratura”, direbbe un nostro editor, prima di liquidarlo.
Peace è sicuramente una lettura impegnativa. Si ama oppure si detesta. Riesce a creare un’atmosfera plumbea e sulfurea ed a distruggere il mito della polizia e del giornalismo d’inchiesta, ma può anche deludere laddove lascia l’azione incompiuta e nel finale non recupera i fili del discorso narrativo, affermando l’impossibilità a raggiungere un principio di ragione in un universo confuso e senza centro.
Negli Stati Uniti una operazione abbastanza vicina a quella di Peace nella mescolanza di finzione e realtà e nella ricostruzione di un passato violento e corrotto l’ha fatta James Ellroy e lo scrittore inglese non ha mai fatto misteri sulla sua ammirazione per il creatore della tetralogia di Los Angeles (La Dalia nera, Il grande nulla, L.A.: confidential report e White Jazz). In Peace come in Ellroy una vorticosa vicenda di sangue non dà sbocco alla giustizia degli uomini ed i colpevoli restano spesso impuniti.
A quando in Italia un’opera letteraria così infernale che non faccia sconti e metta al bando il buonismo dei commissari e dei preti di provincia, ma sappia compiere un viaggio nelle reali viscere del Belpaese?




LA CRISI DEL MERCATO EDITORIALE RIFLETTE UNA CRISI PIU' VASTA, DEL SISTEMA ECONOMICO, MA ANCHE UNA CRISI SOCIALE E MORALE

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Le librerie, forse gli unici veri presidi culturali dell'Italia di oggi, chiudono per la crisi. Gli editori sono confusi davanti al calo delle vendite ed ai cambiamenti del mercato e agonizzano come pesci fuor d’acqua. La lotta selvaggia dei prezzi e l’omologazione delle proposte. E poi ancora l’oligopolio dei colossi editoriali. La bufala dell’ebook e la rivoluzione digitale che non è mai partita. I tanti italiani che non mettono piede in una libreria. 
La fotografia di un paese che non ha mai creduto nella cultura umanistica e neppure in quella scientifica, e oggi non crede a niente di niente. 
 
   

CASE EDITRICI IN CRISI

Quando si parla di mercato librario siamo abituati ad una sequela di lamentazioni, ma mai come oggi i numeri sono stati così deprimenti. Nei soli primi otto mesi del 2012 c’è stato un calo del 9 per cento. Che tradotto in soldoni vuol dire 10 miliardi di euro in meno nelle casse. I fatturati dei grandi gruppi editoriali registrano cali vertiginosi. Difficoltà economiche per il gruppo RCS. Ma anche Feltrinelli e Giunti non se la passano bene. L’anno scorso il gruppo Giunti ha messo in cassa integrazione 200 dipendenti, tanto per capirci. Gli altri players, gli editori piccoli e medi, faticano a piazzare i loro prodotti e si vedono diminuire le prenotazioni delle proprie novità, perché le librerie sono più interessate ai libri dei vip, dei calciatori e dei presentatori televisivi. Hobby&Work ha ridotto drasticamente il numero dei romanzi in uscita bloccando titoli già previsti. Perdisa Pop limita le novità in pubblicazione. La Meridiano Zero è stata acquisita da Odoya. La Edizioni Laurus, storica casa editrice di Madone specializzata in libri per bambini, ha un rosso di sei milioni di euro ed è finita sotto curatore fallimentare. L’editore Ilisso, che opera da 27 anni a Nuoro, ha comunicato ai 20 dipendenti la dolorosa decisione di avviarli in cassa integrazione. Molti altri editori sono alla canna del gas e pensano alla chiusura.


ETERNO STAGISMO, PRECARIATO E SCRITTORI AL VERDE

Oggi, uno scrittore che esordisce con una importante casa editrice prende come anticipo la cifra vergognosa di 2000 euro, mentre molte case editrici indipendenti stipulano contratti con i loro autori di scuderia che non prevedono il minimo compenso e quasi si indignano se qualcuno prova a chiedere di essere pagato per il proprio lavoro. Per completare il bel quadretto, nell’industria culturale sono impiegati numerosi stagisti, che vengono sfruttati e buttati via al termine dell’incarico come carta straccia, e accanto a loro esiste un esercito di precari altamente specializzati che fanno gli editor, i redattori, i correttori di bozze, gli addetti all’ufficio stampa. Questi ultimi vengono pagati, se e quando lavorano, con uno stipendio medio di 1000 euro al mese.
Tutti i cosiddetti imprenditori del settore si infuriano se un politico dice “con la cultura non si mangia” e rivendicano l’importanza della loro funzione. Nei fatti però questi editori dimostrano di avere una bassissima considerazione dei loro scrittori e dei collaboratori redazionali e non sono disposti a investire sulla cultura e ad assumersi i relativi rischi di impresa. I rischi li pagano sulla loro pelle gli scrittori esordienti e chi lavora in redazione a tempo molto determinato.  


MORTE DEL LIBRAIO TRADIZIONALE

Le librerie di quartiere, quelle indipendenti e a conduzione familiare, sono costrette ad alzare bandiera bianca per far posto a banche, fast-food e negozi di biancheria, oppure passano sotto la protezione del franchising dei grandi gruppi, che pure dal canto loro non vanno così bene. E ad ogni chiusura di saracinesca, si perdono quote di lettori. Problemi li registrano la Fnac, in debito di ossigeno, e le librerie Feltrinelli, che fanno rivedere i contratti ai loro lavoratori. Chiudono a Palermo le due storiche librerie Flaccovio, frequentate da Tomasi di Lampedusa e da Leonardo Sciascia, e si avvia verso la cessazione di attività la Flaccovio sas, da settant'anni sul mercato dei libri. In cassa integrazione i 60 lavoratori della mitica libreria Hoepli, fondata a Milano nel 1870 e tempio della cultura a due passi da piazza Duomo, che con i suoi sei piani era la più grande della Lombardia. Stessa sorte per la libreria di Brera, la libreria Rovello e Utopia, in via Moscova, e la Sherlockiana. A Firenze sono da tempo chiuse Le Monnier, Porcellino e Martelli. La moria continua a Napoli, dove sono sparite in un batter di ciglio Guida Merliani, Libri&libri, De Simone e Marotta. Hanno fallito la Battei a Parma, la Ghelfi & Barbato a Verona, la Città ad Ancona, la Carducci a Udine, la Cultura a Catania, l'Agorà a Torino. La libreria Giannelli, un’istituzione nella Lucchesia, nata nel ‘36, si è dovuta arrendere. A Roma danno l’addio ai loro clienti la centralissima Remo Croce, la prestigiosa Bibli a Trastevere, Amore e Psiche a due passi dal Pantheon, la Mondadori a viale Marconi, e decine di altre.


FALLIMENTO DEL DIGITALE E RIVOLUZIONE MANCATA

«Il futuro è il multimediale. Il libro di carta diventerà un prodotto di nicchia per appassionati dell’oggetto-volume.» Quante volte avremo sentito dire questa frase, dal profeta di turno della rivoluzione digitale? Eppure i dati smentiscono l’avvento di una nuova era nel mondo dei libri. L’Italia è un paese vecchio, anagraficamente e non solo. Un paese di gente conservatrice, gente che non ama la tecnologia digitale. Secondo il Global Information Technology Report siamo dietro la Giordania e Panama nella capacità di sfruttare la tecnologia dell'informazione, al cinquantesimo posto nel mondo per l'uso di Internet e altri simpatici parametri. I supporti e-reader hanno fruttato il gruzzoletto di 131 milioni di euro, che è niente rispetto al giro di affari complessivo, mentre gli ebook non si vendono e gli unici ad essere acquistati sono quelli che stanno già in classifica perché vendono in libreria e sono firmati da autori stranoti. Fondamentalmente gli ebook hanno una bassissima capacità di penetrazione e non incidono sul mercato perché rappresentano una fetta insignificante, nonostante l'economia digitale nel resto del mondo produca da anni posti di lavoro.


OLIGOPOLIO, MANCANZA DI CONCORRENZA E VENDITE A COSTO ZERO

Per uscire dalla crisi la Newton Compton si è inventata i libri “super low cost” a 0,99 centesimi. Mossa dettata dalla disperazione, sembra però destinata a drogare il mercato ed a portarlo verso una spirale di negatività, perché abbatte la concorrenza in termini keynesiani e abbassa drasticamente il valore dell’oggetto libro e le percentuali di guadagno dell’editore e dell’autore. 
Fregata sul tempo dal diabolico Avanzini, la Mondadori ritira la sua idea di invadere gli scaffali con una collana economica di romanzi al prezzo di copertina di 2,99 euro. Sarebbero stati una decina di titoli per tastare il terreno. Nell’andamento schizofrenico dei tempi la Mondadori prepara nuove ed oscure strategie. Intanto, al pari di Minimum Fax, per non farsi mancare niente da Segrate lanciano un modello diverso di vendita. Il gruppo, che stampa più di un quarto dei libri in circolazione, prevede che in 320 punti vendita possano prenotare le novità dei loro marchi (Einaudi, Piemme, Sperling) e pagare solo le copie vendute. Secondo prassi infatti il libraio anticipa ogni volta la spesa per l’acquisto di un libro, al momento della sua prenotazione, e a fine anno restituisce le copie invendute all’editore e viene rimborsato del prezzo di copertina. Ebbene, la rivoluzione copernicana è che d’ora in poi le librerie potranno prendere libri Mondadori senza anticipare nulla e sborsare i soldi alla resa delle vendite. Naturalmente la Mondadori se lo può permettere perché ha la forza economica per esporsi finanziariamente e per venire incontro ai punti vendita. Gli editori che non hanno la stessa liquidità reggeranno a fatica la concorrenza del grande gruppo editoriale e le conseguenze, a lungo andare, saranno nefaste.
Alcuni dei giganti dell’editoria, che sono Mondadori, RCS, Gems, Mauri Spagnol, Giunti e Feltrinelli, possiedono, oltre alle case editrici, case di distribuzione e catene librarie. Anomalia tutta italiana, la Feltrinelli è allo stesso tempo editore, distributore e rivenditore, visto che  la Pde, attivissimo distributore nazionale, dal 2008 fa parte del gruppo. Ovviamente i distributori come Pde e Messaggerie, abilmente condizionati, favoriscono le case editrici che pubblicano con alta tiratura e quelle che sanno veicolare mediaticamente i loro successi commerciali, a prescindere dalla qualità dei contenuti, e non si sprecano a portare nelle catene poche copie di un romanzo di un piccolo editore. Infatti il libro del piccolo editore non è stato recensito, non lo conosce nessuno e magari alla fine resterà invenduto…
Secondo queste logiche quasi di cannibalismo, poche e solide realtà imprenditoriali hanno assunto il controllo della filiera e con il loro monopolio hanno distrutto la competizione, il pluralismo ed il concetto di libero mercato. Chi possiede i mezzi finanziari e mediatici impone il suo prodotto a vari livelli. Il potere economico permette a Mondadori, Mauri Spagnol, Giunti, Feltrinelli, RCS e Gems di vincere premi, di ottenere recensioni e interviste televisive, e poi di comparire in prima fila sugli scaffali dei supermercati e nelle vetrine delle librerie, mentre i romanzi dei piccoli editori sono esposti ai margini di uno scaffale impolverato, col dorso alla rovescia. Peggio, si fa sempre più strada la voce secondo cui nelle grandi catene (leggi Feltrinelli) viga l’ordine di nascondere la novità dell’indipendente e i commessi siano istruiti a mentire dicendo che il tal titolo non risulta disponibile, per ostacolare il competitor. Ma è solo una voce.


BEST SELLER E OMOLOGAZIONE

Il meccanismo del best seller (che prima funzionava in modo più equilibrato) adesso si rivolta contro i suoi stessi creatori e finisce per fare ulteriori danni: i lettori medi comprano in massa l’ultima boiata di Dan Brown o di Erika Leonard e trascurano completamente gli altri libri. Cinquanta sfumature di grigio vende una montagna di libri alta come l’Everest e dal secondo posto in poi della classifica si vendono solo mucchietti a livello di collinetta. Il best seller finisce per mangiarsi l’intero mercato e assorbire l’attenzione di tutte quelle persone, numerosissime in Italia, che entrano in libreria una sola volta o due in un anno.
C’è poi lo spinoso discorso dell’omologazione delle proposte. Va il thriller esoterico e allora tutti si buttano su quel genere. Scoppia la moda dell’erotismo e via ad una ridda di romanzi pruriginosi. Si assiste ad una generale scopiazzata dei successi commerciali, ad una rincorsa dell’esistente, che portano a standardizzare il valore della letteratura popolare (ammesso che sia letteratura) e ad escludere l’originalità e la qualità di opere più coraggiose. L'editore non valorizza la diversità ed anche i gusti del lettore forte si guastano. Si pubblica per consumatori impazienti, attirati dalle potenzialità di intrattenimento, dai contenuti letti con poco sforzo, dal brand del libro, dal sottogenere di riferimento. I libri finiscono per assomigliarsi, in una sorta di marmellata indistinta e insapore, e tutto sembra diventare eguale a se stesso, privo di idee e di contenuti.


L’ITALIANO MEDIO E’ UNA CAPRA E NON LEGGE

I dati del settore rispecchiano un crollo delle vendite spaventoso. Non basterà il Maggio dei Libri, la campagna promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, a rendere conto del valore sociale della lettura e a incrementare le vendite editoriali. Strappare 15-20 euro a un ragazzo è diventata un’impresa titanica. Ancora peggio per gli adulti sopra i 65 che non sono mai stati accaniti consumatori di romanzi. Il numero degli italiani che leggono, in tempi di vacche magre, è sempre più in calo. Ci sono migliaia di persone che non hanno mai creduto nell’importanza della cultura e nel potere di un nuovo umanesimo. Le donne che comprano un libro all’anno sono il 51,7%; gli uomini il 48,3%. L’italiano sta al libro come negli anni Quaranta un soldato del Partito Nazista stava alla pace.
Ne esce il quadro di un paese rozzo e ignorante, che non ama l’introspezione e preferisce vedere la televisione che ritirarsi a leggere un buon libro. E’ la fotografia impietosa di una Italia in profondo declino. Un declino che è morale, culturale ed economico. Un declino che dura da vent’anni ma che oggi è al suo punto massimo. Bill Emmott recentemente ha detto che siamo in coma. “Se state annegando in una crisi che definite senza precedenti è perché gli argini della società civile non hanno retto. In Italia si è verificato un collasso di tutti gli organi vitali della comunità. Non c’è istituzione salva, integra, degna. Alla fine, del vostro Paese resta il corpo scheletrito, ridotto alla fame. Lo scuoti ma non ricevi segnali di vita.” (Incoraggiante.)

IN RETE DAL 29 APRILE LA NUOVA SERIE WEB DI ROBERTO D'ANTONA

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Su YouTube, da Lunedì 29 Aprile il primo episodio della serie web/tv “Johnny”:
5 appuntamenti da non perdere, pensati per un format ed un medium che rappresentano il futuro dell’audiovisivo (ma anche, non si sa mai, per sbocchi televisivi).

Mentre nelle sale cinematografiche gli ingressi calano inesorabilmente (rispetto al 2011 il 10% in meno nel 2012 e il 15% in meno nel primo trimestre del 2013) e le presenze in sala dei film italiani diminuiscono del 36,23% rispetto al 2011, la nuova frontiera dell’audiovisivo sembra essere sempre di più il web. Maria De Filippi ha da poco aperto la sua Witty Tv e Simona Ventura inaugura Cooking Simo, web series tra la sit com e il programma di cucina. Ma in rete ci sono progetti che hanno anche una forte vocazione cinematografica e che si rivolgono a quei spettatori che disertano le sale – per il prezzo del biglietto troppo alto o per la scarsa qualità delle proposte dei “soliti noti”, non importa il motivo – e che paradossalmente nel piccolo schermo del computer cercano emozioni a buon mercato.
Di emozioni nella nuova web serie di Roberto D’Antona Johnny ce ne sono a volontà. La prima puntata scorre via con un ritmo adrenalinico e una suspense che ti fa chiedere ad ogni minuto cosa succederà. Non a caso l’episodio pilota è stato selezionato al "California Film Awards 2013", al "BiFF - Festival del Cinema e del Cortometraggio 2013" e al "FI-PI-LI Horror Festival 2013 di Livorno".
(Il trailer visionabile su: http://www.youtube.com/watch?v=sOuQIZEzKmo)

La vita di Daniele Cortesi, un uomo comune, viene sconvolta quando la sua amante viene assassinata. Accusato di omicidio, affronterà un lungo anno fra assistenti legali e sedute psichiatriche. Dimostrata la sua innocenza, per mancanza di prove, Daniele ritorna alla normalità. Pronto a ricominciare una nuova vita si lascia tutto alle spalle, ma l'incontro con un misterioso individuo turberà nuovamente la sua esistenza.  Come andrà a finire?

La storia riserva molte sorprese e, quando meno lo si aspetta, parte con brusche accelerazioni. I dialoghi, sempre tesi e brillanti, sembrano scritti da Tarantino e talvolta hanno un adorabile tocco surreale. La regia si apre ad immagini di grande effetto e, supportata da un’ottima colonna sonora e da un montaggio sapiente, regala primi piani intensi e si concentra nei dettagli (forse è nei dettagli che si coglie l’essenza della vita). La fattura del prodotto è veramente professionale e ci fa dimenticare di essere di fronte ad una web serie realizzata con il volontarismo e mezzi economici esigui. La vena thriller della serie e la sua componente giallistica si fondono perfettamente con il tono comico, con gli stilemi dell'horror e con la parte drammatica del plot, come in un concerto coinvolgente e puntuale dove non ci sono mai mai stonature. L’unico neo del progetto indipendente, se proprio vogliamo trovare in esso un difetto, è la recitazione di alcuni attori, che non sempre sono all’altezza o in certi contesti appaiono fuori ruolo. Ma poi, per fortuna, i misteri della storia e l’atmosfera intrigante ci rapiscono e seguitiamo a chiederci cosa diavolo nascondono i personaggi della serie. Sì, perché ogni personaggio cela qualcosa di se stesso. Forse non è quello che dice di essere. Forse è vicino al suo punto di rottura. Forse ha un suo lato torbido che tiene a freno. Ma per scoprirlo dovremo arrivare all’ultima puntata.


Lo slogan della serie è:                
NON SARA’ FACILE LIBERARVI DI “JOHNNY”
Ed ogni lunedì ogni regola verrà infranta: amore, odio, paura, violenza sconvolgeranno la rete...

A pochissimi mesi dal successo della prima serie web  italiana di zombie “A.Z.A.S. ALL ZOMBIES ARE STUPID” , vincitrice di ben 5 premi a "LA WEB SERIES FESTIVAL 2013" di LOS ANGELES  (Festival delle web series più importante al mondo) come miglior regia, produzione, colonna sonora e montaggio sonoro, ed effetti speciali, lo stesso team ha sfornato un altro progetto: più ambizioso, d’impatto e maturo: cinque episodi di 40 minuti che non mancheranno di stupire.
 “Johnny” è la prima serie TV/WEB thriller firmata Grage Pictures in collaborazione con IndieWorks, che ancora inedita ha già catturato l’attenzione di diverse emittenti televisive, tra cui la Rai che ne ha sponsorizzato l’uscita del trailer ufficiale, e la curiosità dei fan.

Inoltre ricordo che la  Grage Pictures ha organizzato alcuni eventi gratuiti nella provincia di Taranto, ai quali parteciperanno le autorità locali, la stampa, gli attori e tutti coloro i quali hanno reso possibile la realizzazione di quest’ambizioso progetto oltre che naturalmente  tutti I numerosissimi fan della GRAGE PICTURES che volessero godersi lo spettacolo sul grande schermo.
Le date stabilite ancora disponibili sono:
25 e 26 Aprile ore 20,30 presso  il Centro Culturale Comunale –  Monteparano;
27 Aprile ore 20,30 presso il Teatro Monticelli – Grottaglie;
28 Aprile ore 20,30 presso il Teatro Comunale – Carosino

Georges Simenon ci racconta gli abissi della perdizione umana

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IL FIDANZAMENTO DEL SIGNOR HIRE
A Villejuif, estrema periferia di Parigi, la polizia trova il corpo di una passeggiatrice orrendamente mutilato. Solo un mostro può aver commesso simile scempio. Nello stesso isolato vive il piccolo e grasso signor Hire. Tipo appartato,  preciso come un automa, che ha come unici svaghi il gioco del bowling e la frequentazione di una casa di appuntamenti. Il ritratto ideale dell’assassino. La goffaggine lo rende vittima dei lazzi dei bambini. La sua stanza è un blocco solido e uniforme di silenzio. Chi se non lui, “mostruoso” nell’aspetto e nel comportamento, può aver massacrato la prostituta dopo averla rapinata? Se ne convince la portinaia, che lo reputa un individuo pericoloso per le sue solitarie stranezze. Se ne persuade la polizia, che lo pedina e resta colpita dalle sue piccole manie che sono così lontane dalla normalità.
Come quella che ogni sera segue come un rigido cerimoniale. Hire spia al di là del cortile Alice, una giovane dai capelli ramati, morbida e sensuale. Fissa ossessivamente quella polpa ricca e piena di linfa. Sempre alla solita ora, sempre dalla sua finestra. Ormai è un rito per lui. La giovane si accorge di essere osservata, ma non si irrita, anzi, si spoglia civettuola e vaga nuda per la casa, lasciando che il suo corpo palpitante riempia la vuota esistenza di un uomo grottesco e commovente.
Mentre le indagini della polizia brancolano nel buio, Hire pedina Alice come un’ombra e la spia persino mentre fa l’amore col fidanzato, Emile. Alice sa che lo sguardo del vicino di casa è puntato su di lei, eppure non si sottrae al gioco di seduzione, permettendo che gli occhi di Hire violino la sua intimità.
Quando Alice bussa alla sua porta, il guardone per la prima volta acquista un lato umano e compassionevole. La ragazza è venuta per parlargli, e lui davanti a quel corpo cerca di resistere alla naturale forza di attrazione. Alice non ne può più di portarsi tutto dentro e di tacere sul delitto della prostituta. Gli occhi di Hire sembrano volerla giudicare. Lei sa bene che il dirimpettaio conosce la verità e si domanda perché non l’abbia detta alla polizia. In effetti la notte del crimine Hire ha visto Emile, il fidanzato della ragazza, entrare nell’appartamento di Alice sporco di sangue, nascondere sotto il materasso la borsetta rubata alla prostituta e scaricare la tensione con un amplesso brutale e selvaggio. I due hanno fatto sesso sotto gli occhi impassibili del vicino, quella maledetta sera. Ma lui, cosa davvero strana, non ha denunciato l’assassino per evitare di coinvolgere Alice come sua complice. Hire promette a Alice che continuerà a proteggerla, sperando nella sua riconoscenza. La ragazza non dovrà temere.
Chi ha più da perdere è Hire, però. La polizia brancola nel buio e cerca di mettere sotto pressione l'unico sospetto. Hire è interrogato duramente. La faccia del cane bastonato che si meraviglia della malvagità umana, risponde a monosillabi alla sfilza di domande. Ogni insignificante elemento della sua vita gli viene rimproverato e va ad aggiungersi ai tasselli di una tesi precostituita: le origini russe ed ebraiche di Hire, la voce che il padre fosse un usuraio, il fatto che Hire abbia cambiato tanti lavori, l’insufficienza cardiaca per cui l’hanno riformato, una denuncia per oscenità che il poveraccio ha preso al posto di un’altra persona. Tutto concorre a farne il mostro. Compresa la mancanza di un alibi per la sera del delitto. Hire spiega al commissario di sapere chi ha commesso l’assassinio, ma di non poterlo dire. Lo farà al tempo debito. Già, ma quando?
Tutto precipita e lui deve fare presto. Con un candore disarmante dichiara ad Alice la sua devozione per lei e la invita a seguirlo in Svizzera, nel suo chalet nei dintorni di Losanna. Non sarà granché, ma ha messo da parte ottantamila franchi a forza di risparmi. La base di un futuro da costruire con la ragazza che ama. Alice ride della sua ingenuità e poi dice che si sente sola e vorrebbe abbandonare Emile. Così si lascia convincere a partire. I due si danno appuntamento il giorno dopo alla stazione: prenderanno il treno per Losanna e, una volta lontani, informeranno la polizia della colpevolezza di Emile.
Con la consueta meticolosità il signor Hire si prepara a lasciare Parigi, la sua città. E’ convinto di essersi fidanzato con Alice. Una situazione per lui nuova ed esaltante che lo inebria! Compra i biglietti della partenza e attende impaziente, mentre la polizia lo bracca e gli abitanti di Villejuif lo accusano dell’assassinio... 
Ma Alice non si fa trovare al fatidico appuntamento e Hire pensa che forse qualcuno o qualcosa l’abbiano trattenuta. Ancora non immagina quello che è successo. Ignora che Alice ha nascosto nel suo appartamento la borsetta della prostituta per farlo incriminare. ignora di essere stato scelto come capro espiatorio. Hire torna verso casa e nota l’assembramento intorno alla sua palazzina. Una folla piena di rabbia grida al mostro e si avventa contro di lui. La gente lo prende a pugni e lo deride. I colpi sulla sua carne flaccida producono un suono strano. Hire sfugge al linciaggio e si rifugia sul tetto, dove scivola e resta attaccato alla grondaia. Ormai la situazione è chiara anche per lui, nera e disperata. Ha capito che Alice non lo ama e fin dall’inizio si  è lasciata corteggiare per incastrarlo. E ci è riuscita.
Sotto al palazzo, la polizia attende per arrestarlo. Sul marciapiede si forma una colonna di persone che fissano in alto Hire attaccato disperatamente al cornicione come un funambolo. Tra la folla di curiosi ci sono Emile, che si sloga il collo per guardare in aria, ed una gelida e indifferente Alice, che ha fatto di tutto per discolpare il fidanzato. Ma nessuno avrà la soddisfazione di vedere Hire in manette, perché quest’uomo, al tempo stesso buffo e tragico, muore di infarto.

NOVITA' DELL'OPERA

Quando in Francia esce Il fidanzamento del signor Hire (1933) provoca un vero terremoto nell’estetica e nella meccanica del genere giallo. Il patetico ometto che fa da vittima sacrificale per colpe altrui scuote dalle fondamenta la letteratura poliziesca. Prima di allora mai un romanzo ha reso centrale un individuo malato di passione e mai un'opera si è spinta a livelli così alti e ha assunto un tono così funesto e crudele. Mai un giallista è riuscito a trasformare i lettori in morbosi voyeurs, fermi dal loro freddo punto di osservazione a spiare la vita che si anima al di là di una finestra illuminata.

SUCCESSO MONDIALE DI SIMENON
Oggi la tiratura complessiva delle opere di Simenon supera i settecento milioni di copie. Il suo successo commerciale non fa arricciare il naso a nessuno. Simenon è l’unico caso al mondo di romanziere che opera dentro gli steccati di un genere e riscuote consensi trasversali. Miller, Pauhlan, Faulkner, Jung, Cocteau, Gide, Benjamin e Céline riconoscono in lui un maestro insuperabile e lo pongono alla vetta della letteratura francese.

MAIGRET
Qualche anno prima l’autore de Il fidanzamento del signor Hire ha già prodotto scosse telluriche nel panorama irrigidito e asfittico del giallo. La serie letteraria che ha come protagonista il commissario Maigret, a partire da Pietro il lettone (1929), risulta un compromesso tra i romanzi d’appendice e le opere impegnative, ma fornisce a Simenon il pretesto per distaccarsi dal modello del feuilleton
Il cane giallo (1931) e Il mistero del crocevia (1931), che vedonoMaigret indagare sul ferimento di un commerciante di vini e sulla morte di un ricettatore di diamanti, diventano subito popolari e suscitano l’interesse del cinema. Discostandosi dagli schemi classici dell’inchiesta, compiono una paziente ricostruzione della verità. Ed è questo lavoro di scavo che permette al commissario Maigret di arrivare all’antefatto che ha causato il crimine. Simenon rompe il prevedibile protocollo della scuola anglosassone, ritraendo vicende profondamente umane e descrivendo la piccolo-borghesia condannata a vivere ai margini della società. 

LE OPERE DA NON PERDERE
Lo scrittore belga raggiunge la piena maturità espressiva nei romanzi non seriali, quelli estranei al ciclo di Maigret. Qui entra con sicurezza sbalorditiva nella testa dei suoi antieroi, sprigiona atmosfere cariche di angoscia e malessere, arrivando a incidere in modo dirompente nella storia del poliziesco.
Ne Le finestre di fronte (1933), racconto ambientato nei primi anni del regime di Stalin, narra lo spaesamento del nuovo console turco a Bartum, cittadina sul Mar Nero. In uno scenario quasi kafkiano il protagonista capisce di essere controllato quotidianamente da qualcuno e si innamora proprio della donna che lo spia.
Da ricordare inoltre: L’uomo che guardava passare i treni (1938), l’avventura di un anonimo signore che passa dalla mania di guardare i treni che corrono nella notte alla drammatica fuga su uno di quei treni, braccato dalla polizia come omicida; Pioggia nera (1939), la storia di un adolescente che è persuaso di essere amico di un bambino con cui non ha mai parlato e sa dove il padre del bimbo si nasconde per sfuggire alla polizia, ma nasconde il segreto all’astiosa zia che vive con lui; Il viaggiatore del giorno dei morti(1941), il romanzo di formazione di Gilles, orfano che smette di girovagare quando diventa erede del favoloso patrimonio dello zio e tenta di inserirsi nella gretta provincia, salvo poi innamorarsi di una donna sospettata di avere avvelenato lo zio; La neve era sporca(1951), l’iniziazione alla vita di un ragazzo freddo, insolente e scostante che si dà come missione quella di uccidere qualcuno senza ragione, per saltare il fosso e non avere niente in comune con lo squallore che lo circonda.

LO STILE INCONFONDIBILE
Dal punto di vista stilistico la narrativa di Simenon appare di grande nitidezza e pulizia formale. Il magro vocabolario dei suoi romanzi non concede posto a finezze letterarie e descrizioni favolistiche. Eppure quella prosa tanto asciutta da sembrare sciatta ha una forza brutale, nella sua cruda trasparenza, e riesce a farsi emanazione diretta delle azioni e dei pensieri dei personaggi. La scrittura delinea dialoghi secchi e taglienti, ricrea atmosfere dense e avviluppanti in poche righe ed ha una capacità introspettiva sorprendente. L’esposizione è avara di notizie sui protagonisti, di cui concede un’ottica parziale, segue gli eventi aderendovi totalmente, distribuisce in una lenta e avvolgente progressione le informazioni fino a rivelarci, quando siamo già dentro la storia, chi sono davvero le creature con cui abbiamo familiarizzato. Le frasi sono coincise, come se fossero ridotte all’osso e scolpite nella pietra per cogliere l’essenza del “popolo nudo”, cioè l’umanità che viene alla luce dietro le sue maschere.
Georges Simenon avverte che la visione monolitica e fiduciosa del positivismo si sta sgretolando. Non crede ai dogmi di un’Agatha Christie, né all’infallibilità dei metodi scientifici. Offre un’immagine inedita della realtà, enigmatica e sfuggente, dominata da forze imponderabili che rischiano sempre di travolgerci. E d’altronde ha sperimentato lui stesso l’irragionevolezza dei sentimenti e delle pulsioni.

SIAMO TUTTI ASSASSINI
Con Simenon il racconto giallo abbandona l’armamentario del detective-stregone e si “borghesizza”: l'autore belga rappresenta uomini spersi nella metropoli o nella provincia, le cui anime vengono passate al setaccio, vivisezionate, analizzate sotto una lente d’ingrandimento. L’attenzione non è centrata sull’intreccio, sulla costruzione della detection. Invece appare fondamentale gettare luce sulla motivazione e psicologia dell’assassino. L’enigma appare secondario.
Perché ha ucciso? Cosa è successo nell’esistenza di una persona che a un certo punto l’ha portato a oltrepassare una soglia da cui non si torna indietro? La risposta è talmente sconvolgente da far perdere il senno ai lettori. L’assassino della porta accantoè un essere normale, esattamente come noi, che un bel giorno rimane avviluppato in qualcosa di ineludibile come una mosca in una ragnatela: questo è il colpo di scena del nuovo corso del giallo. I mostri non esistono: abitano dentro di noi. Vittima di un ingranaggio che lo stritola, un uomo comune, come tanti, routiniero e amante del quieto vivere, spezza il proprio sonnambulismo, entra in una spirale perversa e si ritrova con un coltello o una pistola in mano. E’ una figura al limite tra l’abiezione e una paradossale innocenza, su cui lo sguardo introspettivo di Simenon indulge amorevole e forse carico di invidia.
IL CAPOLAVORO
Lettera al mio giudice (1951), lunga confessione di un assassino che durante il suo processo scrive al proprio giudice nel tentativo di essere capito e di spiegare le proprie pulsioni, ci porta per mano nella vita ordinata e “perbene” di Charles Alavoine, medico di campagna coscienzioso e senza ombre, che per anni ha fatto tutto quello che gli altri si attendevano da lui. Charles non ha mai protestato, non si è reso conto neppure che gli stavano imponendo qualcosa. La madre iperprotettiva gli ha consigliato di sposarsi, e Charles ha trovato in Armande, donna generosa e leale, la moglie perfetta. Ma quando incontra in un bar la minuta e pallida Martine, arrampicata sui suoi tacchi alti, ragazza da copertina che vive solo per farsi notare, complice l’euforia dell’alcool Charles ci finisce a letto e fa l’amore con una foga che lo sgomenta. Da allora non riesce più a concepire la vita senza Martine e decide di mettere a rischio il suo matrimonio e la sua carriera pur di tenere vicino a sè quella ragazza facile e leggera, prima come domestica e poi come assistente nello studio medico. Charles comprende che la sua esistenza monotona e priva di passione lo rendeva – prima di Martine – una sorta di fantasma, ma al tempo stesso intuisce che la sua amante lo porterà all’autodistruzione. Non è in grado di gestire il delirio di amore e il desiderio di possesso, di controllare i suoi attacchi di gelosia e la doppia vita che si sta faticosamente costruendo, di marito rispettabile e amante segreto, così come gli risulta impossibile ribellarsi al vecchio sistema di valori a cui ha aderito. Prende a picchiare Martine perché non perdona alla donna il suo passato con altri uomini. Sente che la cattiva Martine, quella disinibita e provocante, si sta dileguando, ma tormentato dai dubbi si fa raccontare le storie sordide che lei ha avuto, fin nei particolari più umilianti. L’ansia rigenerante non dà requie a Charles e lo trascina a liberare Martine dalle sue colpe.
«Sono ricomparsi i fantasmi più orribili e immondi; era troppo tardi perché mi potessi difendere, e loro lo sapevano. Martine si era addormentata. A meno che facesse finta di dormire, per tranquillizzarmi. La mia mano è risalita lentamente lungo il suo fianco carezzandole la pelle morbida, così morbida, ha seguito la curva della vita e ha indugiato un poco sulla soda morbidezza di un seno. Visioni, sempre visioni di altre mani, di altre carezze… Sapevo già che era troppo tardi. Erano ricomparsi tutti i fantasmi, era ricomparsa l’altra Martine, quella che era stata insozzata da loro, da tutti loro, quella che si era fatta insozzare con una sorta di frenesia… Era giusto che la mia Martine, quella che il mattino stesso rideva ancora con tanta innocenza insieme alla domestica, dovesse soffrirne per sempre?»
Lo strangolamento di Martine, a cui la vittima pare abbandonarsi con voluttà, e la dannazione di Charles rappresentano l’unica via di uscita a uno stato d’animo intollerabile, l’atto definitivo di sollievo e di pietà concepito da chi ha amato troppo. 
Un po' come aveva fatto Simenon con la sua vita.  

  IRREQUIETUDINE E TORMENTI 
Artigiano della penna capace di scrivere di getto in una sola giornata ben ottanta pagine, Simenon pubblica a ritmo torrenziale 193 romanzi e un numero imprecisato di opere sotto pseudonimo. 
La tensione creativa lo consuma facendogli perdere peso e procurandogli un forte stress, consumato nello sforzo di entrare nella pelle di un personaggio, vivere per un periodo circoscritto con la sua creatura e poi rientrare in sé. Spinto dall’irrequietudine, lo scrittore è sempre in movimento. Cambia trentatre residenze tra Belgio, Francia, Canada, Stati Uniti e Svizzera. Si sposa due volte e ha numerose relazioni. Animato da una sessualità animalesca, frequenta assiduamente prostitute. Ma ogni volta segrete impellenze lo guidano a fare scelte irresolute, a scansare la depressione, a innamorarsi come un bambino, a battere più in fretta, sempre più in fretta, sulla macchina da scrivere, a dismettere i suoi affetti, a spostarsi di continuo, a conoscere nuove donne, a cercare disperatamente una ragione di vita vincendo la noia.   

PREMIATI I PEGGIORI FILM ITALIANI DELLA STAGIONE!

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Divertente e interessante iniziativa nel campo del cinema. Saranno insigniti dei Golia Awards gli autori e le opere che rappresentano il peggio della nostra cinematografia. Difficile valutare tra le tante pellicole che hanno affollato le sale nostrane, con scarsi risultati al botteghino e basso apprezzamento di pubblico. Scopriamo quali sono le storie più “tapirate”, gli attori feticcio e i film più ricorrenti nelle varie categorie su cui si è abbattuta l’ascia degli anti-David. 
Chi vincerà la manifestazione?

Dato che la comunità dello spettacolo si auto-elogia e celebra se stessa nei vari David, Nastri d'Argento, Ciak d'oro, è arrivata come un fulmine a ciel sereno l’idea di dare un premio al contrario. Sì, avete capito bene. Più che di argento o d’oro, un premio di latta, a quelli che hanno espresso il lato peggiore della Settima Arte. 
I Golia Awards saranno la risposta italiana ai celebri Razzies, gli anti Oscar americani.
Molti si chiedono se le persone insignite della (poco ambita) onorificenza staranno al gioco e se, come hanno fatto oltreoceano le star di Hollywood, andranno a ritirare i loro anti-David. I nostri divi avranno la stessa auto-ironia di Halle Berry e Sandra Bullock? Staremo a vedere come reagirà la comunità dello show biz. Intanto tra i film più gettonati ci sono pezzi da novanta come Venuto al mondo di SergioCastellitto e 11 settembre 1683 di Renzo Martinelli e big del calibro di Dario Argento con il suo Dracula 3D. Non mancano le pellicole da cui ci si sarebbe aspettato francamente più mordente, come Studio illegale e Amiche da morire.
La mia raccomandazione a chi legge questo post è di sbrigarsi a votare per il film che gli è meno piaciuto, dando il suo contributo alla manifestazione.
Dal comunicato stampa della redazione del premio:     
Si è concluso oggi lo spoglio delle preferenze preliminari per l’assegnazione dei Golia Awards, il concorso che premia il peggio della cinematografia nostrana.
Le cinquine rispecchiano le scelte di pubblico e addetti ai lavori che hanno votato all'indirizzo goliawards@gmail.com, e non hanno pretese di universalità. L'intento del premio era e resta goliardico: preghiamo quindi i nominati di prenderla con giusto spirito e sana leggerezza. Tutti, in fondo, possiamo sbagliare.
L'importante è non prenderci gusto.

Si ricorda a tutti i partecipanti che chiunque può esprimere il suo voto definitivo entro la mattina del 13 giugno 2013 inviando una email all'indirizzo goliawards@gmail.com
La votazione è rigorosamente anonima.

Concorrono ai Premi Golia tutti i film italiani usciti in Italia nel periodo 31 marzo 2012 - 26 aprile 2013, in almeno 5 città capozona, con una tenuta minima di 7 giorni con programmazione piena. Termine ultimo di uscita dei film nei circuiti commerciali 26 aprile 2013.

I vincitori del premio verranno comunicati nella giornata di venerdì 14 giugno 2013.
Ecco di seguito le cinquine:

Golia al peggior film

1) Premio Pierino alla peggior commedia:
Studio illegale di Umberto Carteni 
I 2 soliti idioti di Enrico Lando
Ci vuole un gran fisico di Sophie Chiarello
Sono un pirata, sono un signore di Eduardo Tartaglia
Amiche da morire di Giorgia Farina

2) Premio Blasetti al peggior dramma:
Venuto al mondo di Sergio Castellitto
E la chiamano estate di Paolo Franchi
Il comandante e la cicogna di Silvio Soldini
Bianca come il latte rossa come il sangue di Giacomo Campiotti
Acciaio di Stefano Mordini

3) Premio Milian al peggior film di genere:
11 settembre 1683 di Renzo Martinelli
Dracula 3D di Dario Argento
Cose cattive di Simone Gandolfo
Poker Generation di Gianluca Minigotto
L'isola dell'angelo caduto di Carlo Lucarelli

4) Premio Step al peggior film per teenager:
Outing - Fidanzati per sbaglio di Matteo Vicino 
Bianca come il latte rossa come il sangue di Giacomo Campiotti
Un giorno speciale di Francesca Comencini
Gladiatori di Roma di Iginio Straffi
Cose cattive di Simone Gandolfo

5) Gran Golia al flop:
Pazze di me di Fausto Brizzi
11 settembre 1683 di Renzo Martinelli
Dracula 3D di Dario Argento
Amori e tradimenti di Federico Moccia
Il volto di un’altra di Pappi Corsicato


Golia artistici

1) Golia all'Ego:
Sergio Castellitto
Michele Placido
Paolo Franchi
Renzo Martinelli
Fausto Brizzi

2) Golia al figlio d'arte:
Christian De Sica
Pietro Castellitto
Elisa Fuksas
Violante Placido
Brenno Placido

3) Golia al peggior uso di un attore straniero in un film italiano:
Penelope Cruz (Venuto al mondo)
Rutger Hauer (Dracula 3D)
F. Murray Abraham (11 settembre 1683)
Jean-Marc Barr (E la chiamano estate)
Charlotte Rampling (Tutto parla di te)

4) Golia all'attore più sopravvalutato:
Fabio Volo
Margherita Buy
Filippo Timi
Vittoria Puccini
Laura Morante

5) Golia all'attore più riciclato:
Toni Servillo
Pierfrancesco Favino
Margherita Buy
Claudio Bisio
Piera degli Esposti







Golia tecnici:

1) Golia del montatore sbronzo (peggior montaggio):
Cecilia Zanuso (Tutto tutto niente niente)
Alessio Doglione (E la chiamano estate)
Pietro Morana (I 2 soliti idioti)
Marco Spoletini (Ci vuole un gran fisico)
Antonio Siciliano (Sono un pirata, sono un signore)

2) Golia dell'attico ai Parioli (peggiore scenografia):
Rossella Guarna (11 settembre 1683)
Andrea Rosso (Studio Illegale)
Maria Stilde Ambruzzi (Pazze di me)
Claudio Cosentino (Dracula 3D)
Mauro Menicocci (Operazione Vacanze)

3) Golia della colonna sonora insonorizzata (peggiore musica):
Roberto Cacciapaglia (11 settembre 1683)
Andrea Guerra (Bianca come il latte rossa come il sangue)
A.A.V.V. (Outing Fidanzati per caso)
Claudio Simonetti (Dracula 3D)
Bruno Zambrini (Pazze di me)

4) Golia Pro Loco al peggior uso di una location:
Amiche da morire di Giorgia Farina
Mai Stati Uniti di Carlo Vanzina
Tutto tutto niente niente di Giulio Manfredonia
Sono un pirata, sono un signore di Eduardo Tartaglia
Il principe abusivo di Alessandro Siani

5) Golia al peggior product placement:
Ci Vuole Un Gran Fisico
Operazione Vacanze
Poker Generation
Mai Stati Uniti
Benvenuto Presidente

1) Golia al premio già assegnato a tavolino:
I premi che riceverà La migliore offerta
Il Marc’Aurelio d'Oro a E la chiamano estate
Il posto come candidato italiano all’Oscar
Il Nastro d’argento 2012 a Carlo Verdone,
Il Premio Mario Monicelli per il regista del miglior film a MarcoBellocchio (Bella Addormentata, Bif&st)

2) Golia al premio più inutile:
Italian Dvd Awards
David di Donatello
Golia Awards
Cavallo di Leonardo (Miff)
Ciak d'Oro

IL PRIMO VERO CONCORSO PER LE WEB-SERIES ITALIANE

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Con il patrocinio della RAI e del CSC, il già meritorio Festival di Cortinametragio apre una sezione interamente dedicata alla serialità on line. Dopo la rassegna nel romano Festival della Fiction, arriva un tributo ad un fenomeno in espansione. Youtubers e creativi affrettatevi a mandare le vostre webseries! 

Il Festival di Cortinametraggio, che ha appena concluso con successo la sua IV edizione nel mese di marzo, fa ancora parlare di sé. Ecco la grande novità per il 2014: una nuova sezione dedicata alle Webseries italiane che andrà ad affiancare lo storico concorso dei Corticomedy e la neonata competizione dei Booktrailer.

La Direzione Commerciale RAI e il Centro Sperimentale di Cinematografia hanno riconfermato la collaborazione con Cortinametraggio ed in particolare con queste due nuove sezioni, Booktrailer e WEBSERIES.

Cortinametraggio, che da sempre si caratterizza come Festival attento alle novità e aperto ai giovani talenti, dedica uno spazio del suo concorso alle WEBSERIES made in Italy: le serie italiane potranno partecipare ad un concorso nazionale, trasferendosi per qualche giorno sul grande schermo del cinema.
Potranno accedere al concorso le serie di fiction realizzate da autori italiani, che siano state messe on line, con almeno 3 episodi, dal 1 gennaio 2013 al 1 febbraio 2014, con la durata massima di 15 minuti per episodio. Una nuova opportunità per giovani artisti di mettersi in mostra con le loro produzioni, contendendosi i numerosi premi che saranno assegnati da una giuria tecnica: premio per la Miglior Web Serie, Miglior Regia, Miglior Attore, Migliore Attrice e Migliore Sceneggiatura.

A curare la nuova sezione WEBSERIES sarà Vincenzo Scuccimarra, già direttore artistico per il concorso Corticomedy nell’edizione passata e collaboratore del festival fin dalle prime edizioni.

Le Webseries, fenomeno interessante ed innovativo in continua espansione sul web, sono vere e proprie serie di fiction, caratterizzate da episodi di breve durata, spesso autoprodotte, diffuse on line grazie anche al passaparola dei social network.
Webseries come Freaks!, Lost in Google e The Pills, hanno ottenuto un enorme seguito di spettatori e riconoscimenti internazionali. Un format di facile fruibilità, sempre accessibile, che funge anche da trampolino di lancio per giovani produttori, scrittori, attori e registi.
Le Web Series entrano nel panorama italiano anche grazie alla nuova serie “Una mamma Imperfetta”, creata appositamente per il web, scritta e diretta da Ivan Cotroneo, disponibile a partire da maggio su Corriere.it e che in seguito verrà trasmessa da Rai 2.
Con questo nuovo progetto Cortinametraggio dimostra di aprire le porte alla cultura a 360° prima con la letteratura, con la sezione Booktrailer, e ora con il web attraverso il concorso WEBSERIES. Un festival sempre all’avanguardia e innovativo che riesce sempre a stupire.

Ufficio stampa Reef Comunicazione S.r.l.
Maddalena Mayneri|Margherita Madaro
Via Pozzo del Mare 1, 31427 Trieste
ufficiostampa@reefcomunicazione.it
tel +39 040 2464384

UNA WEB SERIE MOLTO… IMPERFETTA!

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La recensione della web fiction Una mamma imperfettadi Ivan Cotroneo.

Il primo prodotto “istituzionale” della Rai 2.0 al vaglio del Visionario e del giudizio degli internauti.



IL PLOT PERSO PER STRADA
Gli ingredienti per il successo di Una mamma imperfetta sembravano esserci tutti. Ivan Cotroneo, uno sceneggiatore che ha al suo attivo interessanti serialità e una delle poche voci originali nell’asfittico panorama televisivo; la produzione della Indigo Film, società cinematografica coraggiosa e debitamente inserita nel circuito nostrano; la partnership del sito del Corriere della Sera, da anni provato sul settore crossmediale; infine l’appoggio economico di “Mamma” RAI, disposta a mettere sul piatto un po’ di quattrini sperimentando in un campo nuovo (nuovo almeno per il network, spesso tacciato di elefantiasi e passatismo).

Eppure la serie su una mamma scoppiata e nevrotica che si arrabatta nella gestione familiare delude tutte le aspettative e, a mio personale giudizio, regala solo sbadigli.
Il suo maggiore difetto è rinunciare completamente al racconto. I webisode da 5-8 minuti de Una mamma imperfetta non contengono storie forti, non stimolano gli spettatori a chiedersi cosa succederà, non sviluppano un intreccio, ma sembrano una riflessione a cuore aperto sul ruolo della mamma nella società moderna. Sono un concept album di sequenze, confessioni e illuminazioni che pongono domande pragmatiche sulla vita dei personaggi e ruotano intorno ai grandi temi dell’istituzione familiare. Solleticano l’intelletto, ma ben poco la pancia e il cuore dell’utente. E dire che le web-series, per la natura del medium e per la brevità del format, dovrebbero essere un pugno nello stomaco degli spettatori, andare subito al dunque e… tac!, colpire con irruenza. 
 
OMERO SULLA RETE
Luciano Massa, producer della Show Reel, diceva poco tempo fa che la chiave del successo di Freaks sta nella età e freschezza di tutte le persone che hanno lavorato alla serie on-line. Quindi: prodotto giovane per pubblico giovane (20-35 anni).
Invece ne Una mamma imperfetta la targettizzazione del prodotto è stata spostata di un’asticina, sulla fascia di pubblico di 35-45 anni, e andando a restringere le quote sul pubblico femminile, preferibilmente di estrazione sociale medio-alta. Vedendo la serie mi sono detto ad alta voce “io non sono così”. Non solo non scatta l’identificazione con la protagonista, anzi dopo i primi minuti si comincia a detestarla, questa donna con bassissima autostima, frenesia nevrotica, intellettualismo d’accatto e vezzi radical chic. E si ha voglia di prenderla a schiaffi, lei e le sue amiche. Non sto qui a argomentare se questo spaccato di donne sull’orlo di una crisi di nervi sia realistico. Il guaio è che il mondo costruito dalla fiction non acchiappa. Il primo drammaturgo nella storia dell’umanità sosteneva che fosse meglio un impossibile verosimile che un possibile a cui è difficile credere. Cotroneo sembra parlare più alla sua pancia e alla sua gente. Gente della sua generazione. E non riesce a farsi architetto di un universo coinvolgente, distillando pensieri e brillanti divagazioni che non fanno storia.
Lucia Mascino, Anna Ferzetti, Vanessa Compagnucci, Alessia Barela, Fausto Sciarappa e Biagio Forestieri ce la mettono tutta con le loro interpretazioni per non apparire fuori luogo, ma hanno sempre l’aria spaesata di chi pensa “Oddio, dove sono finito”.
Un linguaggio sciolto, l’eliminazione della famosa “quinta parete”, la filosofia della famiglia declinata in divertenti regole e le tante invenzioni degna di nota (ad es. l’interazione col pc e la mamma che blocca la famiglia col telecomando) non bastano a riscattare una serie un po’ borghesuccia e poco plottistica che forse troverà la sua collocazione naturale in una fascia di seconda serata di Rai Due.

UN PRODOTTO CHE NON SCALDA
Per la prima volta in Italia abbiamo un prodotto digitale finanziato dalla RAI, un prodotto che esce dalla semi-amatorialità di tante web-series, ed è progettato per un forte impatto sulla rete. Ora, fonti imprecisate dicono che Una mamma imperfetta ha registrato 120.000 visualizzazioni nei primi 4 giorni. Non essendoci una controprova, diamo per buone queste cifre che sono state presentate da chi ha realizzato la serie.
La cosa che colpisce è il numero basso di commenti delle spettatrici, rispetto al numero di download. Sono una trentina di commenti a episodio, che in alcune puntate scende ad una dozzina. Se molti utenti non hanno voluto lasciare la loro opinione su ciò che hanno visto, si ricava la sensazione che la puntata li abbia lasciati un po’ freddini. Ed è l’impressione che ha fatto anche a me, di esercizio virtuosistico, divertito e a tratti anche divertente, ma sterile e fine a se stesso, senza l’urgenza e la forza d’urto di una Felicia Day o di altri casi-feticcio del mondo web-seriale.
Per fare un bilancio dell’accoglienza di Una mamma imperfettaè ancora troppo presto. Ma qui si può ricordare che un prodotto indipendente come Freaks ha totalizzato otto milioni di spettatori e, tanto per fare un paragone con una serie prodotta da una casa televisiva, la prima puntata di Kubrickha fatto il bottino di 180.000 visualizzazioni in quattro giorni e oggi sta a 690.000 visualizzazioni, con più di seicento commenti positivi.

CONCLUSIONI
L’auspicio è che Mamma RAI torni a investire sulle web-series, come ha già annunciato, e magari investa in quei giovani youtubers provati nel settore, in professionalità acquisite nel digitale e nella crossmedialità, senza pescare nel solito parco creativi over 40. Sarebbe fantastico vedere sul palcoscenico digitale una serie che abbia caratteristiche del medium, autori nativi che colgano i nessi con i social media e sfruttino le potenzialità di una piattaforma estendibile, storie che sappiano parlare alla platea internettiana, nuove tipologie di racconto in tempi di visione ristretti e nell’ubiquità della fruizione.
Per chiudere, con le parole di un esperto di mass media, «se si dimostreranno capaci di fare luce anche su quei temi fino ad ora marginali o trattati con molti pregiudizi, le  web series potrebbero non solo cominciare a dare filo da torcere alle narrazioni mediali “tradizionali”, ma anche cominciare a svolgere una vera e propria funzione di cambiamento culturale».
  

Il Visionario

Concorsi per aspiranti sceneggiatori e per professionisti della scrittura

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MANCA POCO ALLA SCADENZA DI TRE CONCORSI. 







CIASCUNO DIFFERENTE DALL’ALTRO. UNO ISTITUZIONALE PER LUNGOMETRAGGI, UN ALTRO LOCALE PER CORTI, E INFINE UN CONTEST PER SPOT…
CE NE SONO PER TUTTI I GUSTI!  



CONTEST PER SCENEGGIATORI CON VENA PUBBLICITARIA
Dal fashion al cinema il passo è breve.  A partire dal mese di maggio e fino a fine giugno, Slowear in partnership con Domus Academy, NABA e IULM  lancia  un concorso internazionale per aspiranti sceneggiatori sul tema dello “slow lifestyle”. Tutti coloro che hanno da sempre avuto una vera passione per il cinema, possono finalmente concretizzare il loro desiderio, iscrivendosi a www.slow-lifestyle.org: una semplicissima web application li guiderà nella creazione di una sceneggiatura passo-passo. Il breve concept da sviluppare potrà  raccontare momenti di vita Slow tratti da esperienze autobiografiche o interpretare idealmente un mondo che sappia godere del momento, agendo con più lentezza e riflessione.
I lavori verranno giudicati da una giuria internazionale di professionisti e la migliore sceneggiatura sarà il soggetto delle prossime campagne pubblicitarie dell’azienda veneta. Un progetto comune condiviso con i propri estimatori  per promuovere e raccontare  la filosofia slow in maniera semplice e innovativa. Il contest firmato da Slowear non richiede infatti alcuna competenza pregressa in tema di teatro, cinema o scrittura perché l’applicazione è davvero semplice e divertente. Sarà sufficiente infatti scegliere tra opzioni prestabilite o immagini di esempio e in tempi rapidi sarà possibile creare una reale sceneggiatura, scaricabile in formato pdf e condivisibile attraverso i social network. L’attenzione al dettaglio e alla qualità, il pensiero meditato e mai banale che sta dietro ogni scelta, la capacità di dare valore alle esperienze e di prendersi il tempo necessario per costruire capi davvero irripetibili. In altre parole, il rispetto per chi crea e per chi consuma: tutto questo è Slowear, un gruppo che affonda le sue radici in una realtà artigianale e che di questa conserva la meticolosità, la ricerca creativa e approfondita e, soprattutto, la volontà di costruire capi durevoli e senza tempo.
Scopri lo Slowear Lifestyle: www.slowear.com


FONDI MIBAC: CONTRIBUTO STATALE PER LO SVILUPPO DI SCENEGGIATURE DI LUNGOMETRAGGI

Ancora poche settimane per la scadenza del concorso per lo sviluppo delle sceneggiature organizzato dal Ministero per i Beni, le attività culturali e il turismo. I fondi corrispondono a 35.000 euro per opera. Non è necessario avere una sceneggiatura già sviluppata, ma basta avere nel cassetto un soggetto ed un trattamento per un film. Occorre però che la domanda sia presentata al ministero da una società con un rappresentante legale.
Mi permetto di suggerire sommessamente al neoministro Massimo Bray che in futuro si potrebbe privilegiare in graduatoria quelle società o quegli autori che presentano il loro progetto per la prima volta. Il cinema in Italia merita un aiuto, non solo in termini economici, ma soprattutto in termini sistemici e meritocratici.
Il 30 giugno è l’ultimo giorno per presentare la richiesta di contributo per lo sviluppo di progetti tratti da sceneggiature originali. La domanda va compilata on line, utilizzando lo Sportello Cinema, accessibile nel sito internet www.cinema.beniculturali.it. Due copie in formato cartaceo devono pervenire alla direzione generale per il Cinema. La documentazione da allegare e le informazioni sono indicate nell`apposita guida, disponibile nello stesso sito internet.
Per ottenere il contributo sono richiesti:
• Soggetto
• Trattamento da cui sviluppare il progetto o, in alternativa, Sceneggiatura da cui sviluppare il progetto
• Relazione sulle fasi dello sviluppo e sull'utilizzazione del contributo
• Curriculum dell'impresa
• Curriculum dell'autore/i del trattamento o della sceneggiatura
L'elenco dei progetti ammessi al finanziamento dalla commissione per la Cinematografia della Direzione Generale Cinema saranno consultabili nell’apposito link: http://www.cinema.beniculturali.it/


CONCORSO TEMATICO DI SCENEGGIATURE PER CORTOMETRAGGI: “PORTO, MOTORE, AZIONE”

Regolamento

Art.1: Oggetto generale del concorso
Autorità Portuale di Genova e Genova Film Festival bandiscono un concorso tematico per sceneggiature inedite per cortometraggi, che ha
come fine la realizzazione dell’opera vincitrice.
Il concorso “Porto, Motore, Azione” propone una riflessione sul valore e sul ruolo dello spazio portuale oggi.
Il concorso, nell’ambito delle iniziative connesse alla redazione del nuovo Piano Regolatore Portuale, è occasione di promozione culturale che richiami l’interesse collettivo sul significato dell’identità portuale.

Art. 2: Percorsi tematici
Il porto è accesso e luogo di transito di persone, merci e idee, dalla città al mondo e viceversa.
È una risorsa per il territorio dove si sperimentano quotidianamente l’apertura e lo sviluppo di relazioni e scambi su scala globale, un luogo
caratterizzato dalla coesistenza di innovazione e tradizione, cultura locale e cosmopolitismo, alta tecnologia in costante trasformazione e
pratiche radicate.
Luogo di vita quotidiana, di attività lavorative diversificate e molteplici, il porto svolge le sue funzioni divenendo teatro di relazioni -umane, commerciali e culturali– capaci di superare i confini materiali e immateriali caratterizzanti la realtà contemporanea.
L’obiettivo del concorso è quello di proporre attraverso le sceneggiature, la riscoperta e la rivalutazione degli aspetti che meglio esprimono il
carattere di apertura, di ricchezza, di incontro e scambio, propri del porto. L’opera sarà ambientata e girata nel Porto di Genova, che dovrà essere riconoscibile nelle sue caratteristiche essenziali.

Art.3: Modalità di partecipazione
L’iscrizione al concorso è gratuita. La scheda d’iscrizione va compilata on line sul sito www.genovafilmfestival.org. Al termine di questa operazione riceverete una e-mail di conferma. Questa non sarà considerata valida in caso l’iscrizione non pervenga via posta entro i termini previsti dal regolamento oppure in caso di non accettazione delle condizioni d’iscrizione (trattamento dati personali, ecc). Sono ammesse al concorso solo sceneggiature per cortometraggi, scritte in lingua italiana, firmate da uno o più autori. Possono partecipare al concorso unicamente sceneggiature inedite dalle quali non sia mai stata tratta opera cinematografica, teatrale, operistica, televisiva o di qualsiasi altra natura, scritte in lingua italiana, di piena ed esclusiva proprietà dell’autore che le presenta al concorso. Qualora le sceneggiature siano tratte o ispirate da soggetti di altri autori o da opere letterarie, teatrali o operistiche, l’autore dovrà dichiararne la fonte e attestare il regolare possesso dei diritti d’uso di tali opere, producendo idonea documentazione. Saranno ammesse al concorso le sceneggiature che affronteranno il tema oggetto degli articoli 1 e 2 di questo regolamento. Ogni autore può partecipare con più sceneggiature e per ognuna di queste è necessario compilare la scheda di iscrizione e inviare il materiale richiesto. L’autore della sceneggiatura vincitrice riceverà un compenso di Euro 600.

Art. 4: Materiale Richiesto
Una sceneggiatura in forma americana (con le descrizioni a tutta pagina e i dialoghi al centro) con scene, pagine e battute numerate di una lunghezza massima di 10 pagine (fogli formato A4, 1800 battute per cartella, carattere 12, esempio Courier o Arial). Le sceneggiature che non rispetteranno tale criterio formale non saranno ammesse al concorso. Le sceneggiature dovranno essere concepite e scritte per un cortometraggio a soggetto, della durata massima di 10 minuti, da realizzarsi con tecnologie digitali.
La sceneggiatura dovrà essere corredata di una sinossi su foglio formato A4, di lunghezza massima di una pagina o “cartella” di 30 righe per 60 battute.
Non saranno ammessi progetti non completi (mancanti della sceneggiatura e/o della sinossi).
Gli autori possono essere più persone. In questo caso la scheda di iscrizione al concorso dovrà essere firmata da tutti gli autori.

COME DIVENTARE SCRITTORI DI SUCCESSO... SENZA UNA CASA EDITRICE

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INCHIESTA SUL SELF-PUBLISHING – Parte Prima 
Il self publishing è la nuova via editoriale? Che proventi può dare? Quali sono le strade migliori per auto-pubblicarsi a costi zero? Quali piattaforme scegliere per un e-book di successo?
TUTTI GLI STRUMENTI PER PUBBLICARE IN PROPRIO  

Negli Stati Uniti il numero dei titoli autopubblicati è triplo rispetto ai titoli pubblicati dagli editori, che oramai hanno perso il monopolio del settore. Nel vastissimo mercato anglosassone non mancano i casi di straordinario successo di e-book, diventati veri e propri casi letterari senza mai arrivare in una libreria.
Hugh Howey, un ragazzone del North Carolina, commesso part-time, ha scritto un romanzo di fantascienza, Wool, e ben quattro sequel, vendendo più di mezzo milione di copie e guadagnando più di un milione di dollari. E non è tutto: Woolsbarcherà anche a Hollywood. Alla regia di Sua Maestà Ridley Scott.
L’uomo d’affari John Locke, autore di nove libri, ha scalato le classifiche Amazon e dal 2009 è riuscito a vendere un milione di copie, grazia alle avventure di Donovan Creed, uno 007 con la mania delle donne. Un personaggio che in altri tempi sarebbe stato protagonista di tascabili da edicola e oggi, invece, conquista il web.
E che dire di Amanda Hocking, ignota adolescente del Minnesota, che da quando ha reso disponibile su Kindle l’inedito Switched – Il segreto del regno perdutoha venduto 1,5 milioni di copie? Il suo exploit è stato così travolgente che ha siglato un accordo con un editore tradizionale, per una trilogia con la stessa eroina dell’esordio, ottenendo un anticipo di ben due milioni di dollari.
J.A. Konrath, un autore di medio livello, col self-publishing ci tira su lo stipendio mensile di un manager. Dal suo seguito blog compie la sua feroce analisi, profetizzando che gli editori non potranno sopravvivere alla rivoluzione in atto. «I grandi autori inizieranno a lottare per mantenere i diritti dell’edizione digitale. Possono ricavarci il 70% contro il 17,5% che ottengono passando attraverso un editore. Se Locke ha fatto questa richiesta, e i suoi numeri di vendita sono non dimostrati e a prova di speculazione, la stessa richiesta la faranno Stephen King e James Patterson.»


Siamo al cospetto di una rivoluzione copernicana, che ha messo all’angolo le case editrici e le ha costrette a rivedere le loro strategie imprenditoriali. E’ un po’ come quando fu inventato il rullo inchiostratore per la stampa. La tipografia, da allora, non è stata più la stessa. 
Nel 2030 esisteranno ancora le case editrici? Saranno necessarie per gli scrittori? O i futuri Dan Brown creeranno una sorta di catalogo personale sulla Rete e diventeranno esperti di marketing, sostituendo gli uffici stampa e cercando con le loro uniche forze di accrescere le vendite? Perché il bello del self-publishing è questo: che trasforma l’autore in un editore e in un distributore. L’editore e il distributore di se stesso.  
Certo, da noi le cose vanno più a rilento, ma negli ultimi mesi il self-publishing si sta professionalizzando e, stando al numero dei titoli usciti, oggi può essere considerato secondo le ultime stime come l’editore collettivo più importante.
Ci sono però limiti intrinseci al nostro paese. L’allergia alla lettura di una grossa fetta della popolazione. La bassa penetrazione tecnologica e lo scarso numero di e-reader venduti. L’utenza di lingua italiana che non è molto presente nel mondo. Dunque non ci potranno mai essere i numeri stratosferici degli autori di lingua inglese, che si rivolgono ad un pubblico molto ampio.

Qualche dato incoraggiante c’è. Esempi di scrittori che ce l’hanno fatta. L’edizione digitale de Il Cappotto della Macellaiadi Lilia Carlota Lorenzo ha venduto in 20 giorni ben 1000 copie e si è poi attestato al 1° posto nella vendita tra i gialli kindle e nei primi posti della classifica generale Amazon.
La cospirazione degli Illuminati, thriller auto-pubblicato da G. L. Barone, grazie al passaparola è stato per mesi nella top ten delle classifiche ebook, prima di essere opzionato da Newton Compton e di finire al 15° posto del catalogo della casa editrice romana e al 6° di quello digitale. E’ andata ancora meglio ad Anna Premoli, partita come self-publisher e poi promossa nelle librerie, sempre da Newton Compton, col suo interessante Ti prego, lasciati odiare, per qualche settimana rimasto nella top ten.
Il successo ottenuto da Emma Books, marchio digitalenato dalla collaborazione tra Bookrepublic e la nota agenzia letteraria Grandi&Associati, lascia intravedere enormi possibilità di crescita per l’e-book. Anche se Emma Books non ha nulla a che fare con l’auto-pubblicazione, ma raggruppa diverse collane (tra cui prevalgono quelle con venature rosa, hot, glamour e mystery), dirette dalla navigata Maria Paola Romeo, presenta titoli per lettrici forti, un target di donne aperte alle innovazioni, e condivide con le esperienze anglosassoni del self-publishing il desiderio di fare rete, lo spirito di comunity, tra autrici-lettrici ed il loro pubblico. “In e-book i risultati di vendita premiano, più di ogni altro genere editoriale la letteratura scritta dalle donne per le donne”, ha detto Maria Paolo Romeo.

Perché auto-pubblicarsi
Il self publishing offre innegabili vantaggi in termini di tempi di pubblicazione. Permette all’autore di gestire in totale autonomia tutta la filiera, dalla fase dell’editing alla scelta della copertina fino alla promozione, al marketing e alla distribuzione (eventualmente utilizzando i servizi messi a disposizione dal sito o improvvisandosi imprenditori e pubblicitari). Il controllo creativo è tutto nelle mani dello scrittore, che avrà una chance in più per emergere in un campo difficile e spesso miope, per farsi conoscere in pochi mesi dal pubblico dei social network, dei blog e della community, e  infine – cosa non trascurabile – per guadagnare direttamente dalle vendite del suo e-book. L’auto-pubblicazione infatti fornisce delle percentuali di guadagno, potenziali s’intende, che nessun editore si sognerebbe di offrire, a discapito della stessa sopravvivenza di una casa editrice: si va dal 30% all’80% del valore del libro. Che tradotto in cifre sono soldoni.
La quota più rilevante delle opere auto-pubblicate appartengono alla narrativa e alla poesia, e sicuramente la fa da padrone il genere urban fantasy, cliccatissimo. Anche la non-fiction, la saggistica di attualità e la saggistica professionale, sono di moda. Pubblicazioni scientifiche, saggi e ricerche in campi disparati, manuali di cucina, guide salutiste, abbecedari su come tagliare l’erba del giardino, fare yoga o rilassarsi in cinque minuti sono molto richiesti nel mercato digitale.
Pubblicare un e-book è un’ottima occasione per mostrare le proprie doti di scrittore, aggirare le lungaggini dell’editoria tradizionale, dribblare l’impenetrabilità dei grandi colossi editoriali, e saltare a piè pari la censura preventiva degli agenti e la cecità di editor e lettori un po’ frettolosi.
Diciamolo chiaramente: il 90% degli esordienti ha già proposto la sua opera all’editoria tradizionale, ha ricevuto una risposta negativa ed è stato cestinato oppure – nel caso più biasimevole – non è stato neppure preso in considerazione e valutato, e allora cerca la sua rivincita come il conte di Montecristo, guardando alle sterminate praterie virtuali e sognando di imitare John Locke.  
Ironia della sorte, capita, rare volte ma capita, che l’establishment editoriale che prima ti aveva rifiutato s’accorga del picco delle tue vendite on line e alla fine ti accolga a braccia aperte, come una ragazza volubile che per anni ti snobba e un giorno all’improvviso prende lei l’iniziativa e ti stampa un lungo bacio in bocca (e tu la guardi fissa negli occhi e pensi che è matta).


L’invasione degli ultra-corpi
I siti di self publishing permettono di accedere alla pubblicazione di un libro senza barriere, aumentando enormemente la platea di quanti possono pubblicare. Il libro diventa così una forma libera di espressione delle idee. Ci sono chiaramente dei limiti anche in un’operazione del genere. Se a costi quasi nulli si finisce nel mercato degli ebook e se non ci sono controlli sui contenuti, allora via a pile di manoscritti indigeribili e diamo la stura a un esercito di aspiranti autori, frustrati da motivati rifiuti editoriali, che suoneranno il passo di carica sommergendoci delle loro insulse opere esoteriche, dei loro romanzi di vampiri o dei tomi di fantascienza senza capo né coda.
La democratizzazione di un processo comunicativo porta all’appagamento dell’ego di persone poco dotate e ad una banalizzazione del mestiere di scrittore. Chi si autopubblica dice a se stesso di essere il migliore, non si pone domande sulla reale qualità del suo lavoro e non si chiede se questo potrà incontrare eventuali lettori disposti a perderci del tempo sopra (e a pagare per leggere). A premiare il narcisismo di una foltissima schiera di aspirati scrittori sprovvisti di talento già ci pensavano le case editrici a pagamento, le cosiddette vanity press. D’altro canto, con il fenomeno dell’auto-pubblicazione si può senz’altro celebrare la morte, o l’agonia, di quei furbetti che chiedevano somme ingenti a qualche spirito ingenuo per concedere loro di vedere il proprio nome stampato sulla brutta copertina di libri destinati a rimanere invenduti.
Col senno di poi, oggi c’è chi dice che occorrerebbe mettere dei freni, pensare ad una minima selezione delle opere, ad un vaglio dei contenuti proposti, perché il già fragile ecosistema culturale non sia sconvolto da una invasione di libri privi di senso e di logica. Già se ne vedono troppi simili nell’editoria tradizionale.
 
Cosa significa pubblicare senza un editore
L’autore crea il libro e lo mette in vendita partendo da un sito o da una piattaforma on line. In genere non ci sono costi, se non quelli relativi alle copie cartacee che si decidono di acquistare. Le vendite avvengono attraverso internet e, in alcuni casi, possono prevedere il coinvolgimento di punti vendita tradizionali, come le librerie, che raccolgono gli ordini e consegnano la copia ordinata al lettore. Ormai l’auto-pubblicazione non è più una cosa da sfigati, anche se in Italia non è stato ancora sdoganato culturalmente. Se si è convinti che quella sia la strada giusta e si sta lavorando ad un testo interessante, allora si può sfruttare la Rete per cercare dei beta-reader che diano consigli sull’editing, si affina la qualità dell'opera (che resta il vostro primo obiettivo), poi chiederete ad un creativo l’elaborazione del progetto grafico e compirete sotto la vostra direzione, in outsourcing, la parte migliore del processo editoriale.
Le imprese di self publishing adottano un sistema di web to print: permettono agli utenti di stampare un libro partendo da un sito web e riceverlo a casa stampato. L’evoluzione della tecnologia digitale permette di stampare un libro con ottima qualità, a basso prezzo e in un numero di copie limitato. E’ il libro on demand, fornito su richiesta, senza sostenere investimenti per produrre grandi quantitativi ed eliminando il costo dei magazzini e gli sprechi legati alla necessità di mandare al macero le copie invendute.
Ma la vera rivoluzione del self-publishing è quella di affidare il copyright e i diritti di sfruttamento commerciale all’autore. Nessuno scrittore cede, neanche temporaneamente, i diritti di sfruttamento commerciale di quanto pubblicato. L’opera appartiene al suo creatore al 100%. Gli viene data persino la facoltà di registrare un codice ISBN (il codice che consente l’ingresso nel catalogo ufficiale di quanto pubblicato) in modalità “author’s publishing”: così cade l’obbligo di indicare un editore come responsabile della pubblicazione e l’opera viene catalogata come “pubblicata da un autore”. Insomma, è finito il tempo delle vacche grasse per gli editori e, se possibile, si prevedono tempi ancora più bui per l’industria del libro.

[Nel prossimo post le soluzioni più convenienti per auto-pubblicarsi. Vi consiglierò le migliori piattaforme di self-publishing e ne spiegherò pregi e difetti.]

Crowdfunding. Il vero antidoto contro la crisi è la cultura del fare

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Due interessanti progetti che hanno bisogno del vostro aiuto per vedere la luce. Basta anche una piccola somma per finanziarli...
Il primo è il documentario “Una mappa per due”; il secondo è il lungometraggio “Censurado”, che sarà girato a Barcellona.
Date un'occhiata a queste due iniziative, che non mancano di coraggio! 

In una stagione travagliata e di gravissima difficoltà economica solo pochi produttori si spartiscono le briciole di un sistema in via di consunzione ed occupano palinsesti televisivi logori e sale cinematografiche sempre più vuote. 

Ho deciso così di segnalare l'iniziativa di chi non intende proporre storie massificate né passare per le strade produttive tradizionali, mettendosi in fila come passacarte negli uffici della RAI o del Mibac, aspettando i soliti tempi biblici (nella migliore delle ipotesi), ma si è rimboccato le maniche, si è messo in gioco e ha creduto bene di rivolgersi direttamente al pubblico con progetti di qualità.

Da una parte UNA MAPPA PER DUE, un documentario che esce dalle sacche del provincialismo e ci racconta il viaggio di due persone intorno al mondo, a cavallo di una moto, negli anni Cinquanta, attraverso 5 continenti e 35 paesi. Il progetto cerca sulla piattaforma Verkami i fondi per essere realizzato.

Dall'altra parte, i produttori del film CENSURADO, un dolente lungometraggio di amore, affetti traditi e di speranza, vanno a caccia di finanziamenti con metodi rigorosissimi su Produzioni dal Basso. Che con i suoi 305 progetti finanziati e la somma di 779.923,09 € (per transazioni eseguite tra utenti) si conferma come la piattaforma di crowdfunding più gettonata del momento.  

SOSTENETE I PROGETTI, PUBBLICIZZATELI O ALMENO LEGGETE PIU' AVANTI DI COSA SI TRATTA... 



IL DOCUMENTARIO  
“UNA MAPPA PER DUE”

E' partita da un po’ di giorni la raccolta di crowdfunding per il documentario "Una Mappa per Due" lo straordinario racconto di due giovani bolognesi che nel 1957 hanno fatto il giro del mondo in sella a due ducati 175, armati solo di una cinepresa 16 mm e di una mappa.
A lanciarlo è POPCult, casa di produzione indipendente che ha già esperienza nel crowdfunding, un processo di finanziamento dal basso col quale il pubblico può "investire" le proprie risorse nei progetti che sceglie direttamente, attraverso piattaforme online dedicate.
L'anno scorso per il precedente progetto "Subbuteopia" POPCult ha raccolto 15.750 euro.
Oggi c’è la stessa formula come un anno fa: 40 giorni questa volta per raccogliere 10.000 euro, se non si raggiunge l'obiettivo fra 40 giorni, la produzione non riceverà nessun sostegno. Questo il link per sostenere il progetto http://www.verkami.com/projects/5519.

Cos'è il crowdfunding?
Per il pubblico è la possibilità di scegliere e supportare i progetti che più gli piacciono e per gli autori la possibilità di mettersi in contatto diretto col proprio pubblico.
Come funziona?
Ci sono a disposizione 40 giorni per effettuare i versamenti e raggiungere la quota di 10.000 euro. Se non la si raggiunge non si prende nulla neppure dei versamenti effettuati fino a quel momento.
Ci si reca sulla piattaforma all'indirizzo http://www.verkami.com/projects/5519 e si fa un versamento corrispondente alle proprie disponibilità e desideri. In cambio si ricevono delle ricompense, qui a disposizione per questo progetto ci sono placche vintage, modellini in resina di motociclette, gemelli a forma di motocicletta, le magliette e molto altro...
Perchè farlo?
Perchè è un progetto del quale si può andare orgogliosi di far parte.



IL LUNGOMETRAGGIO
 “CENSURADO”

Il film sarà girato tra Novembre e Dicembre 2013 a Barcellona e per vedere la luce ha bisogno del sostegno del maggior numero possibile di persone.

PER INFO SUL FILM ANDATE SUL SITO: www.censurado.it

SINOSSI
Vigilia di Natale. E’ da poco passata la mezzanotte. Riccardo Trudi è seduto sul divano adiacente il grande albero di Natale che campeggia maestoso sul salone in stile moderno. Addobbi, luci, colori.
Lisa, la figlia di 4 anni, è intenta ad aprire regali di ogni genere. E’ felice, sorridente. La moglie, Giulia, entra ed esce di campo. Una vigilia di Natale come tante altre. Il Natale: l’importanza della sua celebrazione attraverso tanti piccoli, grandi gesti. Tale armonia è solo il preludio al caos.

Info ulteriori:
Il film nasce da un'idea di fondo: la destabilizzazione dell'individuo attraverso un evento irrevocabile ed imminente. Comincia così lo script del film ambientato durante uno dei giorni più gioiosi e festosi dell'anno.
"CENSURADO" non è una commedia romantica ma una drammatica storia d'amore intrisa di violenza e coincidenze. Non è di certo una storia per perbenisti o conservatori ma vuole essere un film di un "realismo spietato". Un realismo figlio del mondo in cui viviamo.
La violenza nel cinema esiste sin dai primordi. Non tutti capiscono, o perlomeno non vogliono capire che, una scena violenta è prima di tutto una scena drammatica, con un'anima.
Destabilizzare per sensibilizzare. Sensibilizzare per far riflettere. Una meravigliosa riflessione sull'amore, sul dolore e sul destino.

OBIETTIVI:
Il film verrà distribuito per partecipare alla selezione di festival internazionali, per la vendita a specifici canali televisivi e su internet. Vogliamo raggiungere un gran numero di persone affinchè il film possa dire ciò che ha da dire. E, ovviamente, vogliamo dirlo bene. Vogliamo ottenere un buon risultato e lo vogliamo anche per noi stessi! Il film è un prodotto indipendente CHE DESIDERA "URLARE" la propria passione per l'arte!

SOSTIENI LA PRODUZIONE DEL FILM “CENSURADO, NO ES TIEMPO PARA EL AMOR": DIVENTA CO-PRODUTTORE GRAZIE ALL'ACQUISTO DELLE QUOTE ONLINE.

PROCEDURA GUIDATA PRENOTAZIONE E ACQUISTO QUOTE “ON-LINE”:
(durante questa fase si tratta solo ed esclusivamente di una PROMESSA di acquisto. Una vera e propria prenotazione)
1. Cliccate sul tasto “SOSTIENI” alla sinistra del vostro schermo;
2. Inserite il numero di quote che volete prenotare. Ogni quota costa 20,00 Euro;
3. Effettuate dunque la registrazione al sito. E’ necessario inserire un indirizzo EMAIL valido da voi controllato, un “USER NAME” ovvero un nome che vi identifichi e una password a vostra scelta che dovrete inserire due volte. Ricordatevi di “spuntare” l’adesione ai dati personali sotto il campo “PASSWORD”;
4. Inserite poi i vostri dati: nome, cognome, indirizzo, città, stato e C.A.P.;
5. Premete il tasto “INVIA”;
6. Riceverete una mail di conferma della prenotazione delle QUOTE. SE NON VEDETE LA MAIL, GUARDATE NELLO "SPAM". A mail ricevuta, dovrete cliccare sul link presente nella stessa per confermare la vostra prenotazione;
7. Solo quando tutte le 3.500 quote saranno prenotate, vi sarà automaticamente inviata una mail al vostro indirizzo con le coordinate per il versamento delle vostre quote (nb. è possibile acquistare le quote anche con Postepay o Paypal);
8. Vi sarà dunque spedito via e-mail il contratto (che tra l'altro potete già visionare al fondo di questa pagina in formato PDF) con EXAMPLE srl, dove verrà formalizzato l’accordo produttivo in modo da tutelare le parti. Il contratto andrà compilato con i vostri dati e rispedito a EXAMPLE srl sempre via e-mail;

LE QUOTE:
Sono 3.500 le quote che possono essere acquistate. Ogni quota costa 20 Euro e dà diritto a allo 0,0155 % degli incassi cinematografici totali del film. E' ovviamente possibile acquistare più quote, al fine di incrementare la propria percentuale sugli introiti provenienti dai botteghini. Acquistando dunque una quota del film, si diventa a tutti gli effetti PRODUTTORI associati del film e pertanto sarà stipulato, con chiunque acquisti almeno una quota, un contratto con EXAMPLE srl con quanto qui espresso, al fine di tutelare entrambe le parti. Per qualsiasi info non esitate a contattarci via Email: info@censurado.it
Una volta acquistata una o più quote vi verrà inviato il contratto che dovrete restituire firmato e con i vostri dati, dove sarà sancita la "cessione" di una percentuale degli incassi (variabile a seconda del numero di quote prese) con ciascun sottoscrittore.
1 quota (20 Euro) 0,0155%
2 quote (40 Euro) 0,0155% x 2
3 quote (60 Euro) 0,0155% x 3
e così via, a crescere a seconda delle quote acquistate.
NB. Chi prenota almeno n° 2 quote: 2 x 20 Euro, avrà la possibilità di partecipare ad un'estrazione finale. Il vincitore di tale estrazione potrà presenziare per alcuni giorni sul set di Barcellona a nostre spese. Vitto e alloggio compreso.
Inoltre tutti i SOSTENITORI saranno citati nei titoli di coda del film come Produttori associati.

BUDGET NECESSARIO:
La richiesta di 70 MILA euro è solo una parte del budget necessario. Dobbiamo girare a Barcellona e dintorni per numerosi giorni e abbiamo delle complessità logistiche in termini di location, permessi, illuminazione, costumi e comparse. Abbiamo già avuto dei finanziamenti da enti e privati, ma abbiamo bisogno di voi. Per questo motivo il nostro obiettivo è di 70 mila euro con Produzionidalbasso.
Di seguito illustriamo brevemente come saranno spesi:
-preparazione (pasti, pernotti, benzina, telefono, stampe, fotocopie)
-produzione (pasti, pernotti, benzina, pickup e van, telefono, fotocopie, stampe)
-assicurazione e permessi (materiale tecnico, location, troupe, attori, comparse, minori)
-telecamera, obiettivi, luci, materiale tecnico
-affitto location, arredamento, fabbisogni
-costumi
-registrazione diritti d'autore
-post produzione
-DCP*
-distribuzione
*Il DCP è il formato digitale per la distribuzione cinematografica di un' opera audiovisiva che consente di preservare la qualità iniziale del prodotto per la proiezione su grande schermo.
Il DCP può contenere l'opera in più lingue e con diversi flussi di sottotitoli (analogamente ai DVD e Blu-ray).
Il DCP è a tutt'oggi uno strumento imprescindibile per tutti quei registi indipendenti che intendono proporre le proprie opere a concorsi nazionali e internazionali, preservando la massima qualità possibile del lavoro.

ALTRI MODI PER AIUTARCI:
Se in questo momento non potete darci una mano attraverso una piccola donazione, potete aiutarci nei modi seguenti:
-Condividete questa campagna di produzionidalbasso tramite facebook, twitter e altri social media
-Mandate email ad amici e familiari e chiunque possa essere interessato a supportare un film
-Qualunque cosa vi venga in mente per divulgare… divulgare… divulgare la nostra campagna...
Grazie mille a tutti!!! 

IL DELITTO E' SERVITO: IL MISTERO DELLA CAMERA CHIUSA

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UN CLASSICO DEL GIALLO DELLE ORIGINI, L'ENIGMA PIU' DIFFICILE DA RISOLVERE PER L'INVESTIGATORE: 
IL LOCKED ROOM MURDER - DALLA FINE DELL'OTTOCENTO AGLI ANNI '40 - LA STORIA DI UN SOTTOGENERE POLIZIESCO DI INDUBBIA EFFICACIA 

Qual è l’omicidio che si presenta a prima vista “impossibile” da risolvere? Quale è il crimine che la polizia non sa spiegarsi, per le condizioni stesse in cui è stato realizzato? 
Gli appassionati del genere giallo risponderebbero che stiamo parlando di un crimine commesso in una stanza chiusa dall’interno. Dove nessuno è entrato. A parte la vittima, che però non parla perché è passata nel regno dei morti.
Perché l’assassino non ha lasciato tracce del suo passaggio? In che modo è penetrato nella camera se era sigillata e la porta non presenta segni di scasso? Un essere umano può passare attraverso le pareti e svanire nel nulla? Siamo in presenza di un fenomeno paranormale? Chi ci dice come sono andate le cose? 
“Naturalmente io so chi è l’assassino, mon ami”, affermerebbe Hercule Poirot. E infatti l’eroe, il solito immancabile detective dal proverbiale fiuto, ha un genio talmente smodato da scoprire che non ci sono elementi inspiegabili, da scartare l’ipotesi che l’assassino appartenga al mondo immateriale degli spiriti e ricondurre i fatti ad un’origine meschinamente umana.
La situazione del “delitto della camera chiusa”, cioè del vile assassinio che avviene dentro una stanza impenetrabile, costituisce un genere nel genere e, secondo il volume di Adey Locked Room Murders and Other Impossible Crimes, è uno stratagemma adottato da duemila romanzi e racconti. 
Questo sottogenere viene considerato da molti l’espressione matura del poliziesco, molto di più di un semplice indovinello, perché lascia il lettore incerto sino alla fine sulla veridicità e sulla consistenza dei fatti che gli sono stati raccontati. Durante lo sviluppo del “giallo della camera chiusa” serpeggia un clima di incredulità, che nelle ultime pagine si tramuta in un netto rifiuto del soprannaturale a favore della razionalità con cui l’investigatore ricostruisce gli eventi.

Se tralasciamo il racconto di Le Fanu Passage in the Secret History of an Irish Countess, il primo mistero della stanza chiusa coincide con la nascita del giallo. 
Con parole dense di tragicità Edgar Poedescrive il momento della scoperta dei corpi in un appartamento ermeticamente serrato: «Arrivati in una grande stanza la cui porta, chiusa dall’interno, dovette essere forzata, agli occhi dei presenti si offrì uno spettacolo tale da agghiacciarli». Ne Gli assassinii della Rue Morgue il colpevole insospettabile è una scimmia dotata di una forza prodigiosa, e la conclusione non rende giustizia all’atmosfera iniziale pregna di effetti sinistri.   
Il vero artefice del successo del sottogenere è senza dubbio Israel Zangwill con Il grande mistero di Bow. Intellettuale inglese di origini russe, Zangwill ha un destino curioso. Inizia a scrivere la sua opera con l’intenzione di parodiare le convenzioni del genere, ma dopo che nel 1892 esce a puntate riscuotendo una popolarità immensa, entra nella storia del giallo grazie al suo unico romanzo.
Siamo in un quartiere povero di Londra. Il signor Constant ha un mal di denti e va a letto, chiedendo alla proprietaria di casa, la signora Drabdump, di essere svegliato presto. Questa, alle sei e quarantacinque del mattino di una nebbiosa giornata, bussa alla porta, ma non ottiene risposta, pertanto si reca in cucina a preparare la colazione. Alle sette e mezzo l’inquilino non è ancora sveglio, quindi la Drabdump ribussa. Anche questa volta non riceve risposta. La signora pensa che abbia deciso di dormire un po’ di più. Quando si son fatte le otto e trenta, un presentimento si insinua nella mente della donna, che decide di chiedere aiuto a Grodman, un investigatore oramai in pensione, che abita dall’altro lato della strada. Giunti davanti alla porta, il detective prova a girare la maniglia, ma è chiusa, e l’unica cosa da fare, a questo punto, è forzarla. La stanza appare silenziosa e solo un filo di luce entra dalle finestre sbarrate. Improvvisamente la macabra scoperta: Constant giace nel letto con la gola tagliata. L’ipotesi di un suicidio viene subito scartata, ma anche quella di omicidio è improbabile. La stanza era sprangata dall’interno, con un camino troppo piccolo per farvi passare una persona.
Così inizia la trama del romanzo di Zangwill. E il leggendario finale ci regala un colpo da ko, spiegando come il povero Constant sia stato drogato e la sua uccisione sia avvenuta soltanto dopo che la porta era stata buttata giù. Il delitto è stato consumato quando la stanza chiusa è stata violata. In realtà a piantare un ago avvelenato nel corpo di Constant è stata la signora Drabdump mentre fingeva di soccorrerlo.

Conan Doyle, nel racconto La banda maculata(1892), presenta il suo enigma a porte chiuse. Il patrigno di due ignare ragazze non esita a servirsi di un velenosissimo serpente che fa entrare dal condotto di aerazione per togliere di mezzo le figliastre allo scopo di sottrarre loro l’eredità lasciata dalla defunta moglie.

Il Mistero della camera gialla (1908) di Gaston Leroux fornisce un esempio fra i più celebri di “camera chiusa”. Qui una serie di sfortunati incidenti concorrono a creare l’illusione che sia avvenuto un omicidio. Ma non è così.
Nel racconto Il pugnale d’alluminio (1909) di Freeman l’omicidio sembra commesso dentro la stanza. Poi scopriamo che l’arma del delitto, il pugnale del titolo, è stato sparato con un fucile dall’esterno ed è passato nella camera attraverso una sorta di feritoia.

Edgar Wallace ne L’enigma dello spillo(1929) elabora un metodo sconcertante per far commettere un omicidio. L’assassino uccide un uomo in una stanza. Poi con calma piazza uno spillo robusto al centro del tavolo. Lega alla capocchia dello spillo un filo che passa nell’occhio di una chiave e fa attraversare una griglia dell’aerazione. Esce dalla stanza e dall’esterno tira la chiave, legata al filo, per infilarla nella serratura. Sempre grazie a questo arzigogolato sistema fa scivolare la chiave sul tavolo, infine esercita un piccolo strattone e stacca lo spillo.   

Inconsueta è invece la soluzione di S.S. Van Dine ne Il mistero della canarina assassinata (1930). Le circostanze dell’omicidio gettano i tutori della legge in uno stato di scoraggiante oscurità e confusione, rivelando «molti recessi bui della misteriosa natura umana» e «la strana, satanica sottigliezza di una mente resa acuta da una disperazione tragica». Ma si vedrà che la camera è solo apparentemente chiusa dal di dentro e l’assassino ha “truccato” la porta con l’intento di farla sembrare serrata e l’ha aperta attraverso un complesso sistema di spilli e cordoncini che fanno leva sul paletto e lo costringono a scorrere. 

David Dannay e Manfred Bennington Lee spingono sul pedale dell’inventiva sino al limite massimo consentito, sfidando ogni plausibilità, quando in Delitto alla rovescia (1934) fanno trovare il cadavere di uno sconosciuto in una stanza la cui unica porta aperta è stata sempre sorvegliata, e al cui interno tutto è rinvenuto capovolto, dai quadri alle pareti fino ai vestiti dell’uomo ucciso, giacca, scarpe, calze, pantaloni, indossati alla rovescia. Ellery Queen scopre che il morto è un prete e l’assassino ha invertito l’arredamento della stanza e tutti gli abiti della vittima per coprire l’unico capo che un sacerdote porta alla rovescia, cioè il colletto. Che siamo all’interno di un gioco squisitamente intellettuale, lo ribadisce il protagonista detective, Queen, che non esita a interrompere la storia per avvertire il lettore che può considerarsi in possesso delle stesse informazioni che ha lui ed espone la sua filosofia investigativa con spensierata lucidità. «Il mio lavoro è fatto non con esseri umani, ma con simboli… mi sono sempre rifiutato di cogliere l’aspetto umano del problema, lo tratto solo come una questione di Matematica».

Sulla base di un recente referendum di critici, il capolavoro della camera chiusa è considerato in modo unanime il romanzo Le tre bare(1935), di John Dickson Carr, che contiene, nel secondo capitolo, una vera e propria trattazione sull’argomento.
« – Ora vi farò una conferenza – ripeté inesorabilmente il dottor Fell sulla meccanica generale e lo svolgimento della situazione nota, nelle storie poliziesche, come “la camera chiusa”.
        Uhm. Tutti quelli che si rifiutano possono saltare a pie’ pari questo capitolo».
Il brillante Fell, protagonista del romanzo, prima ancora di cominciare le indagini, si lancia in una ardita disquisizione teorica. Carr gioca apertamente con il lettore, invitandolo a sciogliere il rebus prima di Fell. L’inventore dell’enigma sollecita il suo pubblico a leggere il romanzo con attenzione e a cogliere ogni indizio, provando a indovinare la cervellotica soluzione. Ormai il sottogenere è diventato scuola compositiva, basata su precise atmosfere e ingredienti, e si appella ad una curiosa “interattività”, un patto di complicità con chi legge. Questa cristallizzazione del topos narrativo vale una lunga digressione che ha un sapore autocelebrativo e che non esclude discussioni letterarie.
« – Ma se volete analizzare situazioni impossibili perché parlare di romanzi polizieschi?
        Perché – rispose tranquillamente il dottore – siamo in una storia poliziesca e non dobbiamo ingannare il lettore fingendo di non esserci. Non dobbiamo inventare scuse elaborate per tirar dentro una discussione sui romanzi polizieschi».
Ma di cosa tratta precisamente Le tre bare? Durante una serata nevosa, Charles Grimaud, esperto di fantasmi e illusionismo, viene ucciso nel suo studio da uno sconosciuto che indossa una maschera. Alcune persone vedono entrare l’uomo mascherato ma, dopo aver sentito lo sparo, non vedono uscire nessuno. Inutile dire che la stanza viene trovata chiusa dall’interno, con Charles agonizzante e nessuna impronta sulla neve fresca intorno alla casa... Da dove è fuggito l’assassino? Un’altra persona viene uccisa, apparentemente nello stesso istante del primo omicidio, in una via londinese imbiancata dalla neve, ed anche in questo caso non ci sono tracce sulla neve che riveste la città come un sepolcro. Sarà Fell dopo un tour de force investigativo a dipanare i meccanismi usati dall’assassino per portare a termine la sua opera. Non sveleremo il mistero, per non rovinare la sorpresa, ma basti sapere che Le tre barefornisce la soluzione più brillante di tutto il genere.


DAN BROWN : MASSONERIA ED ESOTERISMO ALL’AMATRICIANA

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Da Parigi a Firenze... il vero inferno di Dan Brown sono le informazioni storiche, lo sfondo artistico e l’apparato mistico-religioso dei suoi romanzi. Testi di forte tensione narrativa, con grande afflato e un po’ ridondanti, che fanno discutere ed hanno alla base rivelazioni sensazionali e “visioni” alternative della vita. Intanto Dan Brown, l’ex insegnante di inglese, si gode il suo dorato successo. Hollywood ha puntato su di lui, perché Tom Hanks tornerà a vestire i panni di Robert Langdon, questa volta a caccia dei misteri di Dante Alighieri. 
Ma che cosa c’è alla base del successo planetario di Dan Brown? Perché ha tanti ammiratori (e detrattori) nel mondo?



UN SUCCESSO GARANTITO, TRA MARKETING E LETTERATURA DI GENERE

La Sony Pictures ha fissato per il 18 dicembre 2015 la data di uscita della trasposizione cinematografica di Inferno. Alla cabina di regia ci sarà sempre Ron Howard, una sicurezza. La sceneggiatura sarà affidata al maestro di action e di ironia David Koepp (La morte ti fa bella, Carlito's Way, Suspicious, Mission: Impossible, Spider-Man e Ghost Town tra i suoi lavori) e Tom Hanks reciterà la parte di Langdon, cercando di rendere credibili le tirate si simbologia del professore di Harvard. Dopo che le precedenti pellicole della saga di Langdon hanno incassato oltre 1.2 miliardi di dollari, gli americani ci riprovano e - visto che non c’è due senza tre - il successo sembra garantito.


Come in molti sanno, gli ingredienti di rigore nelle opere di Brown, il vero marchio di fabbrica, sono gli intrighi, la caccia al tesoro, l’enigmistica, l’arte classica, l’esoterismo, e, come spezia aggiuntiva ma altrettanto essenziale, c’è anche la caccia all’uomo, l’inseguimento, il lato spettacolare delle vicende raccontate. Un po’ Roberto Giacobbo e un po’ Indiana Jones, un po’ Piero Angela e un po’ James Bond, Brown mescola in modo magistrale da una parte storia, arte, codici e simboli, e dall’altra la suspense, l’azione, la parte adrenalinica. Come ha detto bene Janet Maslin, il ritmo serrato tiene il lettore "avvinghiato all'azione impedendo il distacco critico". 
E’ indubbio che lo scrittore sappia dosare gli elementi classici del repertorio, fatto di passaggi segreti, anagrammi, cadaveri con scritte di sangue, misteriosi arcani, congreghe di potenti, decodifiche di opere d’arte e il riaffiorare di strani oggetti da un lontano passato. Anzi, si può dire che Brown abbia inventato un vero e proprio sotto-genere e - dopo milioni di copie vendute – rappresenti un filone letterario con caratteristiche originali. I suoi mega-seller non sono né thriller né “romanzi storici”, ma una brillante via di mezzo. L'autore intesse la trama, frutto della sua fantasia, con rivelazioni storiche sconvolgenti che, se confermate, cambierebbero il nostro rapporto con la religione, con la Chiesa, con la politica, con i quadri e i libri dei grandi artisti europei e con le lobby economiche, e ci tiene ogni volta a farci sapere che la finzione letteraria è solo un orpello della verità. Verità sulle origini del cristianesimo e sulla vita di Gesù. Verità sulla massoneria e sul potere inconfessato dell’economia mondiale. Verità di grandi artisti del passato che sono stati veggenti di un più terribile presente.


I GRANDI MISTERI... DELL’EDITORIA!

In Inferno, ad un certo punto dell’ingarbugliata storia, Langdon ha bisogno di un aereo. Il professore ha molta fretta. Così chiama l’editore, gli dice che si trova in un piccolo guaio e come favore personale gli chiede di prestargli un jet.
Faukman fece una risata. “Robert, noi lavoriamo nell’editoria. Non abbiamo a disposizione jet privati”.
“Sappiamo entrambi che stai mentendo, amico mio”.
Faukman sospirò. “Ok, riformulerò la frase. Non abbiamo a disposizione jet privati per gli autori di tomi sulla storia delle religioni. Se hai intenzione di scrivere Cinquanta sfumature di iconografia, allora ne possiamo parlare”.

Tralasciamo la frecciatina ironica diretta al best seller Cinquanta sfumature di grigio. Che comunque è di sottile e geniale perfida. 
Dan Brown è forse uno dei pochi privilegiati al mondo che vede il suo romanzo tradotto in più di 45 lingue e che è entrato nel 2005 nella lista dei “100 most influential people of the year”. Nella classifica dei patrimoni dei divi americani oggi Dan sta appena un filino sotto Nicole Kidman e Lady Gaga, con i suoi 100 milioni di dollari.    
Il vero mistero non è tanto il messaggio in codice lasciato da Dante o da Leonardo da Vinci, quanto il perché uno scrittore prima ignorato all’improvviso sfondi e le motivazioni che fanno letteralmente “esplodere” qualcuno ad un certo punto della sua carriera. Così, da un giorno all’altro, bum! 
Perché schizzano le vendite? Come fa uno scrittore che fino al giorno prima volava in classe economica a prendere jet privati?

Nel 2003, alla vigilia dell’uscita de Il codice da Vinci, Brown era un ex insegnante di inglese e di storia dell’arte che vivacchiava con i suoi romanzi. Ne aveva già scritti diversi, di media tiratura, che però non si erano imposti nelle classifiche di vendita americane: A survival guide for the romantically frustrated woman (1998); Angels & Demons (2000), un’inchiesta sulle logge massoniche compiuta da Robert Langdon; e Deception point (2001), un thriller politico con un inganno ordito dalla NASA e sventato da un gruppo di scienziati. Le tre opere sono passate pressoché inosservate ed in Italia non sono state neppure pubblicate. Niente fa presagire quello che succederà dopo.
Nella prima settimana di pubblicazione, sul difficile mercato degli Stati Uniti Il codice da Vinci va a ruba e con il passare dei mesi diventa un best seller. In seguito, con oltre 80 milioni di copie vendute, si afferma come uno dei libri più conosciuti al mondo.  

L’agente letterario che in Italia cura i diritti di “Mister 100 milioni” è Luigi Bernabò, uno degli uomini più influenti nel settore editoriale della nostra penisola. In una intervista Bernabò sostiene che non si può prevedere il trionfo di un best-seller ma ascrive al momento particolare della sua uscita il successo di un’opera.    

Sono troppi i fattori imponderabili. Fino all’ultima fiera del libro, gli editori di tutto il mondo si chiedevano: “dopo Dan Brown, chissà quale sarà la nuova tendenza?” Nessuno è riuscito a rispondere a questa domanda finché sono arrivate le Cinquanta sfumature, un genere di best-seller planetario, che nessuno avrebbe predetto. Tante cause determinano l’affermazione di un libro, compreso il momento in cui esce.
Io sono convinto che se Il codice da Vinci fosse stato pubblicato dieci anni prima, forse sarebbe stato solo uno dei tanti libri, considerato simile alla serie sul triangolo delle Bermuda.

A distanza di anni, il “momento positivo” di Dan Brown continua ancora, così come il mistero dei suoi incassi milionari e dei dati di vendita. Voci non confermate parlano di 400 mila euro sborsati dalla Mondadori per i diritti di Inferno
Nel suo primo giorno di uscita il thriller di Brown vende oltre 50.000 copie (tra carta e ebook), superando ogni precedente esordio. Alle 600.000 copie della prima tiratura, se ne aggiungono subito altre 100.000. E oggi, pur con i suoi 25 euro di costo, una cifra considerevole, il libro è stabile ai primi posti della classifica. E sembra non voler mollare.




LA SETTA DI LEONARDO E LE RIVELAZIONI  DI DAN

Con il tempo si è creata una vera e propria letteratura di esegesi e di critica – anche feroce – sul lato storico-religioso-esoterico delle opere di Dan Brown. Solo per rimanere ai testi di commento relativi al Codice da Vinci, se ne contano più di una dozzina. Tra i tanti, consiglio i seguenti, per l’accuratezza delle ricostruzioni e perché i loro autori non sono semplici detrattori di Brown ma ci fanno compiere un interessante viaggio nella storia della massoneria e del misticismo. 

Il simbolo ritrovato. Massoneria e società segrete: la verità oltre i miti (Introvigne M.) – Piemme
Il Codice da Vinci. Bugie e falsi storici (Carrai M.) - Società Editrice Fiorentina  
La frode del Codice da Vinci. Giochi di prestigio ai danni del cristianesimo (Cattaneo A.) Elledici  
Il grande gioco del Codice da Vinci. 501 domande sul best-seller di Dan Brown e sui misteri oltre il racconto(Turner Tracey) - L'Età dell'Acquario 

Contro il Codice da Vinci(Ullate Fabo José A.) - Sperling & Kupfer 

Sebbene a mio giudizio i libri scritti “contro qualcuno” non siano mai apprezzabili, e benché ogni scrittore sia liberissimo di inventarsi un suo mondo letterario e poetico, Brown ha sempre ribadito di non scrivere menzogne, ha basato le sue campagne promozionali sottolineando la carica innovativa delle sue tesi e si è atteggiato a guru di una radicale filosofia new age contraria alle istanze mortificanti del cristianesimo. Ma ha fatto anche di più. Almeno fino alla sesta ristampa della versione italiana de Il codice da Vinci (poi la Mondadori ha pensato bene di cassare la pagina), ha precisato nelle Informazioni storicheche “tutte le descrizioni di documenti e rituali segreti contenute in questo romanzo rispecchiano la realtà” e si fondano in particolare sul fatto che “nel 1975, presso la Bibliothèque Nationale di Parigi, sono state scoperte alcune pergamene, note come Les Dossiers Secrets”.
Bisogna prendere per buona la voce extra-testuale di un autore? Si deve dare credito alle interviste che segnano il battage pubblicitario di un libro? Dove finisce il romanzo e dove inizia la promozione commerciale? E che cosa sono questi dossier segreti citati come fonte incontrovertibile e inoppugnabile ne Il codice da Vinci?    
Les Dossiers Secretsde Henri Lobineau sono delle patacche, documenti falsi compilati da uno strano terzetto, un marchese attore di fiction, un militante di estrema destra ed un autore di libelli popolari di scarso valore. I tre sotto pseudonimi depositarono nel 1967 la loro contraffazione nella biblioteca di Parigi e Brown dà ad intendere che quella falsificazione – oggi da tutti riconosciuta come tale, anche dagli stessi pataccari in cerca di celebrità – sia vera. L’autore americano scrive nero su bianco nelle note del suo libro a pagina 9 di essersi ispirato a quei clamorosi dossier segreti.
I documenti in questione contengono riferimenti a un presunto passato millenario del Priorato di Sion, una loggia massonica che avrebbe annoverato al suo interno Dante Alighieri, Leonardo da Vinci, Nicolas Flamel, Galilei, Newton e molti altri poeti e scienziati. Tutti gli iniziati alla setta avrebbero difeso nel corso dei secoli un segreto assai scomodo per la Chiesa, che cioè la Maddalena avrebbe avuto un figlio da Gesù e che si sarebbe poi rifugiata in Francia. La discendenza di quel parto “scandaloso” e tenuto nascosto a tutti avrebbe originato i Merovingi, eredi al trono di Francia. Uno degli autori de Les Dossiers Secrets, il destrorso Pierre Plantard, rappresenterebbe l’unico figlio vivente di quella stirpe. In verità il Priorato di Sion, cui Plantard apparteneva, era una associazione nata nel ‘56 con la vana speranza di diventare un’avanguardia dedicata alla restaurazione della monarchia, sciolta e poi riformata come loggia iniziatica dallo stesso Plantard per portare avanti le sue pretese di essere riconosciuto come un successore francese della restaurazione monarchica.
Gérard de Sède, scrittore molto vicino a Plantard, pubblica negli stessi anni Le trèsor maudit e L'oro di Rennes, in cui torna a disputare sugli stessi temi, ma con maggiore precisione. Il punto essenziale è che i Merovingi, protetti dal Priorato di Sion, dovrebbero aspirare al trono francese e sono i discendenti dei figli nati dal matrimonio tra Gesù Cristo e Maria Maddalena. 
Appassionandosi al materiale di Plantard e di de Sede, gli storici Michael Baigent e Richard Leigh, insieme al giornalista Henry Lincoln, scrivono negli anni Ottanta Il santo Graal in cui ammettono che Plantard è un mistificatore ma rilanciano sul fatto che Cristo aveva sposato la Maddalena e dato vita ad una scuola di pensiero più libera e universale rispetto alla tendenza moralizzatrice della Chiesa.


IL PROCESSO PER PLAGIO

Dopo il successo mondiale de Il codice da Vinci, Dan Brown è accusato dagli autori de Il santo Graal di aver copiato dal loro libro e viene citato in tribunale. Baigent e Leigh tornano ad affermare che la loro ricostruzione è rigorosa e parte da una seria e profonda ricerca storica, e con l’occasione si fanno anche un po’ di pubblicità davanti alle telecamere che immortalano il processo. Secondo la legge inglese è lecito utilizzare un saggio storico per trasformarlo in un romanzo e così la Corte d'appello di Londra scagiona Brown da ogni accusa, in quanto avrebbe potuto benissimo manipolare il materiale storico de Il santo Graal. Se quest’ultimo fosse stato riconosciuto dai suoi estensori come un’opera di pura invenzione, forse le cose sarebbero andate in maniera diversa.


LA TESSITURA ROMANZESCA

Brown in effetti assorbe il materiale di Plantard, di Baigent e Leigh, lo prende per oro colato, rimaneggia il corpus di opere mistificatorie e con riconosciuta abilità narrativa trasforma il tutto nello sfondo esoterico de Il codice da Vinci. Non sappiamo ancora se ci fa, o se c’è, ma crea una mitologia “verosimile” e si inventa persino dei nemici credibili, la setta dell’Opus Dei, i cui membri sono monaci che non vogliono salti fuori la verità del priorato di Sion. E poi con un tuffo nel passato ricostruisce la sempiterna ostilità della Chiesa nei confronti delle donne, del piacere, del sesso, e racconta che un primordiale culto della Dea e del femminino, affermati da Gesù e dal Priorato, siano stati ricacciati indietro dal Vaticano. In diverse pagine si sofferma a esplicitare come questo mondo alternativo così vitalistico e quasi paganeggiante del primo Cristo sia stato soppresso dai “cattivi” cattolici.
Si dirà: è un romanzo. Eppure Brown ci gode ad alzare il tiro, bolla le logge massoniche come lobby sanguinarie e nemiche della trasparenza e la Chiesa come il male assoluto. «Sono molto più benevolo nei confronti della massoneria che del Vaticano», ha ribadito in un’intervista di un paio di anni fa, soffiando sul fuoco. E’ arrivato a definire la massoneria come «un modello straordinario di tolleranza spirituale». E la Chiesa? Dan Brown la reputa «un’organizzazione che esclude chi non aderisce alla sua visione del mondo» e il Vaticano per lui è una «struttura di potere antica e sorpassata».

L’autore americano provoca? Sicuramente alimenta polemiche, con buona pace dei suoi (cattolici) detrattori. Ma ci viene il legittimo sospetto che sia una manovra commerciale. Forse anche il supposto anti-cattolicesimo di “Mister 100 milioni” è marketing. Uno dei tanti tasselli che ha contribuito a creare il più grande fenomeno letterario e mediatico di tutti i tempi. 

INTERVISTA AI REDATTORI DEL PIU' COMPLETO BLOG COLLETTIVO DEDICATO AGLI E-BOOK

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Da loro ci sono solo libri e racconti in formato elettronico in uno smisurato database. Descrizioni, link e commenti sugli e-book che spopolano sul web. Su www.ilpubdipub.blogspot.it tutti quelli che passano si possono abbeverare della narrativa in formato elettronico. E ce n’è per tutti i gusti, fantasy, giallo, horror, purché siate assetati.    
Ho incontrato per voi i blogger chiamati pubber che raccolgono informazioni sul vastissimo mondo degli ebook, e ho fatto loro delle domande sulla loro “community” e sulla rivoluzione digitale alle porte. E’ nato un dibattito originale, frizzante e pieno di spunti interessanti sull’editoria in Rete e sull'industria cartacea, sulle nuove tecnologie, sulle possibilità offerte dal web e sulle ataviche mancanze italiote...
E dopo che leggerete l’intervista, anche voi potrete dire la vostra. E-book sì, o ebook no?


1.    Un blog collettivo, aggiornatissimo, che raccoglie informazioni e recensioni sugli ebook in formato ePub. Come è venuta l’idea? E’ stato difficile metterla in pratica?

Raffaele: A questa domanda direi di dover rispondere io, visto che un po’ di paternità del Pub, ce l’ho. Si parlava, credo in chat, con Michela, di come fossimo travolti dagli ebook gratuiti, spesso anche di discreta qualità, dei nostri “amici di web”. Io, fresco di eReader, mi stavo lamentando e pensavo che ci vorrebbe uno strumento che ne gestisca la complessità, magari raccogliendo in un luogo unico tutte le indicazioni per scaricarli, e magari qualche indicazione di base, per sapere di che parlano, e magari, se qualcuno li ha già letti, se gli sono piaciuti o meno. Mi sono risolto il problema da solo, e ho aperto il blog…
Michela: Insieme a Gian mi sono occupata degli aspetti un po' più tecnici del blog. Vengo dalla programmazione, e questa è stata la prima volta in cui ho dovuto pensare anche alla bellezza di un risultato e non solo alla sua funzionalità. Ripensandoci ora direi che questa è stata la difficoltà maggiore, ma sul momento non me ne sono accorta, mi stavo divertendo troppo!

2.    Che cosa rappresenta oggi l’e-book nel mondo editoriale? Quali vantaggi fornisce all’utente?

Raffaele: Oramai mi sono allontanato, e rifuggo come una malattia, le diatribe, ancora vivissime, tra sostenitori della carta e del digitale. Chi non ha capito che sono due modi alternativi di leggere, che si completano e arricchiscono reciprocamente, è destinato ad essere superato dagli eventi. Il trust tacito dei grandi gruppi editoriali italiani – che ripercorre la via della decadenza già sperimentata dalle case discografiche – è penoso e avvilente. L’ebook – e la tecnologia e-ink (che ancora troppo pochi hanno capito essere diversa da un monitor) – è una miniera d’oro per la cultura e per la conoscenza in generale. So che il Miur, con passi di tartaruga, ha messo in piedi un progetto in questo senso, ma si pensi all’impatto che un avvento massivo e ragionato degli e-book potrebbe avere nel campo didattico e nel campo della saggistica/manualistica? I vantaggi del libro digitale, a livello di costi, spazi, tempi e modalità d’uso, sono facilmente riconoscibili, così come la carta mantiene intatti fascino e sue caratteristiche. Il lettore, quello vero, quello sano, ama leggere, e amerà entrambi.

Gianluca Santini: L’eBook è un elemento di cui non si possono ignorare le potenzialità, se si opera in ambito editoriale. Purtroppo qui in Italia siamo ancora fermi a farci la guerra sui formati, a creare fazioni pro cartaceo o pro eBook, dimenticandoci che quello che conta è la storia, ciò che l’autore voleva trasmettere, se ovviamente si sta parlando di un romanzo. Il formato è solo un formato, l’esperienza di lettura è data dalla storia, non dal formato. Il famoso “odore della carta”, argomentazione tipica di chi è contrario ai libri elettronici, non è altro che un modo per evitare il problema, per non conoscerlo, per non scoprirne le potenzialità.
Per un utente, appassionato di lettura, l’eBook rappresenta una rivoluzione. La possibilità di acquistare libri a prezzi ridotti (sempre che la casa editrice non stia giocando sporco mettendo il prezzo dell’eBook praticamente identico a quello del cartaceo, per sfavorire l’acquisto del digitale), di poterne portare con sé un numero elevato all’interno dell’eBook reader, di poterlo manipolare allo stesso livello del cartaceo (penso a segnalibri, sottolineature, ecc), sono tutti aspetti che qualunque utente riconoscerebbe subito come enormi potenzialità. Infatti chi ancora si barrica dietro l’odore della carta e nel contempo si professa appassionato di lettura non ha di certo ancora provato un eBook reader. Perché se lo facesse, e se fosse davvero appassionato di lettura, si renderebbe conto che leggere in eBook è una possibilità in più da cogliere e sfruttare, al fianco dei cartacei.
E poi, come dice Raffaele, si dovrebbe pensare ai vantaggi in ambito didattico. Ci lamentiamo sempre che le schiene degli scolari sono messe a dura prova dal peso dei libri di testo, l’eBook risolverebbe una volta per tutte questo problema. Così come tanti altri. Basta solo avere la voglia di cambiare la mentalità con cui viene visto – e demonizzato – il digitale.

Michela: Il libro in digitale per certi versi mi fa pensare alla stampa a caratteri mobili: il costo dei libri si abbatte e la diffusione dei testi diventa molto più semplice. Anche le reazioni sono simili: da una parte l'entusiasmo per un potenziale immenso, dall'altra la diffidenza e l'opposizione di chi vorrebbe mantenere il monopolio, e cerca di fermare qualcosa che non può essere fermato. Testi pubblicati solo in eBook, opere antiche portate in digitale, classici liberi dal diritto d'autore, libri senza le spese di materia prima e distribuzione, tutto disponibile a un costo molto inferiore e in tempi e spazi quasi nulli.
Senza contare cosa rappresenta la tecnologia degli eBook per le persone con difficoltà visive, che possono adattare le dimensioni e il formato della pagina alle proprie esigenze o sfruttare la funzione di sintesi vocale presente in alcuni lettori: per qualcuno questa è una possibilità unica per ricominciare a leggere.

Gian: Io invece sono dell’idea che l’ebook in futuro sostituirà del tutto la carta. Apriti cielo, tuoni e fulmini, polemiche a non finire. Tutta questa caciara intorno alla faccenda è semplicemente ridicola, fa parte dell’evoluzione umana cercare di migliorarsi e se si trovano nuovi supporti come è sempre successo da quando esiste l’uomo e la sua voglia di comunicare, è perché questi sono migliori dei predecessori. Chissà quanti in passato si saranno lamentati della pesantezza delle tavolette di cera o della fragilità del papiro, piuttosto che del puzzo di capra marcia della pergamena? Io non odio i libri come gli “odoratori della carta” odiano gli ebook, semplicemente li trovo bellissimi per arredare una casa e non mi strappo i capelli se devo leggere un libro “tradizionale”, però, se posso scegliere, scelgo l’ebook. Perché è più comodo, perché è ecologico (ma l’energia elettrica inquina: balle! Informatevi su quanto dura la batteria di un lettore e-ink), perché è più economico, perché più fruibile, perché aiuta la diffusione della cultura e per un sacco di altri motivi già scritti e riscritti centomila volte. Spesso poi le critiche piovono a prescindere, dettate da un’ignoranza di fondo che mi fa accapponare la pelle. Spesso chi critica non hai mai tenuto in mano un e-reader, non sa cos’è l’e-ink, non sa che si possono prendere appunti, usare dizionari, fare ricerche di testo. Non sa che la tanto ostentata fragilità è una balla (il mio Kindle ha preso più colpi della pentolaccia e ha subito anche diverse docce uscendone intonso, cosa che un libro cartaceo non sarebbe in grado di fare). Insomma: basta! Lasciate che l’evoluzione faccia il suo corso e se vi piacciono i libri potete sniffarli fino alla fine della vostra vita. Il passaggio non sarà così breve, le nuove generazioni cresceranno con una concezione diversa di “supporto di lettura” e magari quando sarete a marcire sottoterra, là sopra visiteranno musei pieni di libri e diranno “vedi, il tuo bis-bis-bis nonno leggeva con questi cosi. Che troglodita!"

Liliana: I vantaggi dell’e-book sono molteplici e per chi ama leggere tanto e spesso già li conosce tutti ma purtroppo (per lo spreco di carta in primis) credo che non rimpiazzeranno mai i libri normali, questo paese non ha voglia di “crescere”, le novità fanno paura anche se non mordono! Quando sono sui mezzi pubblici ho timore e lo dico con cognizione di causa a tirare fuori il mio e-book perché c’è ancora gente che lo guarda come un oggetto non identificato pronto ad esplodere…




3.    A parte la passione per la birra (che condivido), che tipo di letteratura preferite? Avete una predilezione per un genere? Credete che sul mercato digitale alcuni sottogeneri siano favoriti nel riscontro del pubblico?

Raffaele: Leggo di tutto, anche se ho una predilezione per il fantastico, in senso lato, magari spruzzato d’horror, ma non disdegno i noir e i thriller, cercando di recuperare i classici ogni tanto. Di recente, per altro, leggo molto poco, e mi sono gettato sulla letteratura per ragazzi, dai libri illustrati alle favole… e anche lì, c’è molto da imparare. Riguardo alla seconda domanda… è interessante e credo di sì, il fatto che l’editoria (a volte a ragione, magari) ignori o trascuri una certa “zona narrativa”, non significa

Gianluca Santini: Spazio abbastanza tra i vari generi, e a volte mi dedico anche ai classici. Il mio genere è comunque il fantastico, in particolare fantascienza e horror.

Fithz Hood: Io ho una strana predilezione per i libri scritti male con storie improbabili, soprattutto se di fantascienza o fantasy. Mi piace cercare in essi il capolavoro che il loro autore aveva in mente ma che non è riuscito a realizzare.

Gian: Mi piace leggere un po’ di tutto, dai grandi classici alle biografie romanzate e saggi di vario tipo. I generi che prediligo però sono sostanzialmente l’horror e la fantascienza. Un genere che non mi piace proprio leggere è il fantasy, forse ho fatto indigestione di Tolkien ai tempi del liceo.

Liliana: Faccio prima a dire cosa non mi piace … Politica e Romanzi d’amore! Per quanto riguarda il mercato non saprei, diciamo che nutro la speranza che la gente legga libri “impegnati” o comunque tali da avere uno scambio costruttivo quando si parla con qualcuno…

4.    Cosa deve fare uno scrittore per avere visibilità nel Pub di Pub?

Raffaele: Scriverci, mandarci l’epub, se non è di quelli che si scaricano free, e darci le indicazioni di base per pubblicare il post. Per ora la logica del Pub è quella di pubblicare post sugli ePub che possediamo, così ci è abbastanza facile gestire gli aggiornamenti legandoli alle nostre letture.


5.    Umberto Eco ha scritto: “I libri da leggere non potranno essere sostituiti da alcun aggeggio elettronico. Son fatti per essere presi in mano, anche a letto, anche in barca, anche là dove non ci sono spine elettriche, anche dove e quando qualsiasi batteria si è scaricata, possono essere sottolineati, sopportano orecchie e segnalibri, possono essere lasciati cadere per terra o abbandonati aperti sul petto o sulle ginocchia quando ci prende il sonno, stanno in tasca, si sciupano, assumono una fisionomia individuale a seconda dell'intensità e regolarità delle nostre letture. (…) La forma-libro è determinata dalla nostra anatomia."
Siete d’accordo con questa affermazione?

Raffaele: Ma ne ho lette a decine, di affermazioni simili, solitamente di vecchi dentro, con tutto il rispetto, che non hanno mai preso mai in mano un eReader di nuova generazione, che sembrano ignorare che la carta viene dagli alberi, è organica ed è un supporto, sembrano dimenticare che le biblioteche bruciano, che la carta marcisce e che in un’epoca dove non potremo ricaricare la nostra elettronica avremo ben poco bisogno dei libri a cui si stanno riferendo. Insomma, sembrano soprattutto ignorare che il sapore della minestra non è nel cucchiaio. E ho detto tutto.

Gianluca Santini: No. Come ho detto precedentemente, queste sono argomentazioni inutili, che non focalizzano davvero la questione. Con tutto il rispetto per Umberto Eco, ma affermazioni come quella sulle sottolineature o sui segnalibri fanno ben capire come certe persone non abbiano la minima idea di come funzioni un eBook reader.

Michela: Capisco la reazione istintiva di chi ha l'impressione che l'esperienza anche fisica della lettura sia minacciata. Quando si ama tanto qualcosa che ti accompagna da una vita, è difficile pensare di cambiarla. E poi siamo abituati a rispettare e difendere i libri in quanto tali, come oggetti, al di là del contenuto: per capirci, il pensiero di strappare un libro è intollerabile, qualsiasi esso sia. A chi ha questi timori vorrei far provare quello che ho provato io quando ho acquistato il primo lettore. In pochissimo tempo ho raccolto una biblioteca elettronica delle stesse dimensioni di quella che possedevo in volumi, un'intera stanza di libri, tutti insieme in quell'oggetto così piccolo; averli sempre con me, nessuna paura che si potessero rovinare... straordinario. I libri e tutto ciò che rappresentano vengono solo difesi, e non minacciati, dalle nuove tecnologie.

Fithz Hood: Anch'io come Eco penso che i libri cartacei non verranno sostituiti da questa nuova tecnologia, ma sicuramente coesisteranno con essa. Con il suo discorso Eco mette in evidenza i pregi dei libri cartacei, ma ciò è inutile perché si conoscono già da secoli. Invece gli e-book sono relativamente recenti e vanno provati per capirne i pregi e le potenzialità.

Gian: Nutro per Eco una profonda stima e un enorme riconoscimento per essere un vero uomo di cultura. E lui è davvero la prova che sugli e-reader esistono preconcetti e pregiudizi ingiustificabili da parte dei “cartai”. Quindi è davvero con un moto di orgoglio che posso dargli apertamente dell’ignorante in materia. Qualsiasi appunto scritto in queste poche righe è assolutamente falso. A parte la storia dell’anatomia… Per fortuna, aggiungo io.

Liliana:  Mah, stavo quasi per condividere Eco, la sua è una spiegazione molto romantica, mi ha anche commosso, sul serio … ma quando penso a tutti i libri che ho potuto leggere senza aver problemi di spazio o di soldi, dico che sto bene con il mio e-book reader...


6.    Quali sono i titoli di e-book, famosi o meno conosciuti, che nell’ultima stagione ti sentiresti di caldeggiare e di raccomandare come una ottima lettura?

Raffaele: ho letto troppo poco per essere attendibile. Ma posso fare dei nomi, come Alessandro Girola, Marco Siena, Samuel Marolla, Luigi Musolino, Alfredo Mogavero e gli ebooks della Mezzotints. Ecco… ho letto cose buone, quasi sempre gratis, di questa gente. Li trovate tutti sul Pub

Gianluca Santini: Posso consigliarvi gli eBook di un progetto di scrittura collettiva che è in corso in questi mesi. Si chiama “Due minuti a mezzanotte”, il genere è fantascientifico/supereroistico. Ideato dal blogger Alessandro Girola, il progetto consiste in una storia scritta a più mani su un blog dedicato, alla quale si affiancano degli spinoff sotto forma di eBook scritti dai singoli autori e leggibili indipendentemente dalla storia principale. Potete trovarli anche sul Pub.

Gian: I nomi li avete già fatti voi, anche se ce ne sarebbero molti altri, comunque il Pub è lì apposta, tutto ottimo materiale gratis o quasi. Su Mezzotints non si può che parlarne bene, hanno avuto il coraggio di investire su un progetto che (in Italia) definire rischioso è poco. I fatti gli stanno dando ragione, la qualità dei loro prodotti è indiscutibile e mi auguro che continuino per questa strada.

Liliana: Purtroppo anche io ultimamente non ho letto tanto, o comunque nulla al momento che valga la pena raccomandare, spero di rifarmi….

7.      Siete favorevoli al self publishing? Che livello e che qualità avete riscontrato nel mondo sommerso degli e-book auto-prodotti dagli autori?

Raffaele: favorevole fino a un certo punto… Se non si confonde il self publishing con un taglio nelle fasi del processo di produzione del prodotto libro, allora sì, favorevolissimo. Purtroppo, spesso non accade. Immaginatevi un diagramma di flusso: scrittura, riscrittura, editing, revisione, correzione bozze, copertina, impaginazione, [costruzione file/invio in stampa/costruzione audiolibro], promozione, ecc… Ecco, fra le quadre c’è la scelta del supporto e poco importa chi si occupa delle fasi precedenti – se una casa editrice o l’autore – purchè… se ne occupi!

Gianluca Santini: Favorevolissimo. Il livello di qualità degli eBook autoprodotti che ho avuto modo di leggere è piuttosto alto, nulla da invidiare a ciò che si trova pubblicato in maniera tradizionale, anzi. Bisogna rendersi conto che un autore può decidere spontaneamente di percorrere la strada del self publishing, affidandosi a persone competenti per sviluppare tutte le fasi di post-scrittura, e ottenere un risultato che non ha nulla di inferiore, a livello di dignità, rispetto a ciò che viene pubblicato tramite casa editrice. Del resto il giudice della qualità di una storia è solo il lettore, non è certo la presenza o meno di una scritta sulla copertina a conferire il certificato di qualità. Ci possono essere libri belli e brutti sia da una parte che dall’altra.

Fithz Hood: Sono sempre favorevole alle alternative e alle nuove possibilità, e il self publishing non fa eccezione. Credo che l'editoria classica possa trarre molto vantaggio da questo fenomeno che crea un vivaio impressionante di nuovi autori che aspettano solo di essere scoperti.


8.    A chi si accosta per la prima volta all’auto-pubblicazione si presenta un universo variegato e liquido, forse anche troppo caotico, fatto di molteplici alternative. Si va dalla piattaforma supportata dalla Mondadori, Writing Life, da Youcanprint fino alla partnership De Agostini-Newton Compton. Che piattaforma consigliereste ad un esordiente e cosa serve di più per farsi notare e vendere nel web?

Raffaele: non le conosco, quindi passo. Comunque… consiglierei in generale di non pubblicare schifezze e ingenuità, qualunque sia la piattaforma.

Gianluca Santini: Per quanto riguarda le piattaforme di self publishing non mi sono ancora informato abbastanza a riguardo. Per farsi notare e vendere nel mondo del web – e quindi ovviamente tramite i social network, che sono molto utili da questo punto di vista – occorre saper fare promozione, a un livello sufficiente da invogliare la gente ad acquistare ma non tale da allontanarli per leccessivo martellamento di link e condivisioni sui social network.

9.    E-reader, tablet e smartphone offrono a tutti la possibilità di avvicinarsi ad un libro in forma digitale e negli Stati Uniti, in Francia, in Inghilterra e persino in Spagna gli ebook sono diventati per forza di cose i nuovi protagonisti del mercato editoriale. Perché nel nostro paese si stanno diffondendo molto più lentamente che nel resto del mondo? Che tipo di resistenze ci sono?

Raffaele: Cecità dei grossi gruppi editoriali e mancanza di lettori, in primo luogo, poi la scarsa informatizzazione (leggo oggi su Repubblica che un italiano su tre non accede a internet), la scarsa cultura ed educazione nell’utilizzo della rete, scarsa responsabilità morale, un sistema scolastico obsoleto, una ritrosia nei cambiamenti di qualunque tipo… Insomma, succederà come è accaduto per la musica, per il cinema, per l’arte… non riusciremo più a produrre eccellenze, in nessun campo, tanto meno in quello letterario. Hai citato Eco, prima… morto lui, l’Italia non avrà più alcuno scrittore vivente degno di raccogliere l’eredità del secolo scorso. Eravamo la patria dei Calvino, dei Buzzati, dei Pirandello, dei Verga, degli Svevo, degli Ungaretti, dei Montale, dei D’Annunzio… non serve che continui… ora cosa resta? E stiamo lì, ancora a litigare se sia meglio la carta o il digitale, invece di permettere la miglior lettura al più ampio e vario pubblico possibile.

Gianluca Santini: Molte case editrici, come dicevo, giocano sporco. Ti mettono il formato digitale a pochi euro di differenza dal cartaceo. Un acquirente occasionale quindi sarà portato a comprare il cartaceo, così le suddette case editrici potranno dire che nessuno acquista in formato digitale, quindi è un mercato destinato a morire perché la gente non lo vuole. Ma qui sbagliano, perché stanno giocando sporco. Infatti le case editrici che lavorano in maniera pulita mettono gli eBook a prezzi comprensibili, e il lettore è invogliato ad acquistare proprio grazie al prezzo accessibile. Hanno paura, una grossa paura che il digitale li affossi, ma non si rendono conto che facendo così si scavano la fossa da soli. Se invece accogliessero la novità e il cambiamento, anziché ostacolarlo, si renderebbero conto che converrebbe anche a loro.

Fithz Hood: Può sembrare retorico ma purtroppo temo sia la verità: l'italiano medio è refrattario ai cambiamenti e alla cultura, in qualunque forma essa venga proposta.  L'editoria teme di non riuscire ad adeguarsi, non vuole correre rischi e cerca di mantenere lo status quo. Ma non si tratta di rischiare, si tratta di investire nel futuro. Credo infatti che gli e-book possano far avvicinare molti giovani alla lettura creando nuove fette di mercato editoriale.

Gian: Non posso che tristemente confermare quanto detto dai miei colleghi qui sopra. Il problema dell’Italia sono gli italiani.

Liliana:  Confermo quanto già detto da me in precedenza, ed appunto quanto dice anche Gian.


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ELENCO DEI PUBBER

Pubber n° 1 - gelostellato
gelostellato è il nick di Raffaele Serafini, ideatore e primo gestore di questo blog collettivo. gelostellato è anche il suo blog personale, su cui leggere le recensioni delle sue letture e altre follie, ma in rete si possono trovare tracce dei suoi pensieri e un blog in lingua friulana. Lettore, scrittore e direttore della collana Pigmei per Edizioni XII, potete facilmente contattarlo alla mail gelostellato[at]gmail.com

Pubber n° 2 -MichelaZ
Michela Zangarelli è una programmatrice, lavoro che la diverte in modo indecente, e legge, legge, legge. Ha un blog relativo alla programmazione e uno in cui parla di libri. Potete contattarla a info[at]libridaleggere.eu

Pubber n° 3 - Fithz Hood
Fithz Hood non ha un sito, non ha un blog e, solitamente, non scrive. Però legge, sia in italiano, sia in inglese, sia in cartaceo, sia in digitale. E' stato il primo a essere testato come "cliente" di questo pub ed è sempre in caccia di nuovi FREePUB in giro per la rete. Lo potete contattare a fithz.hood[at]gmail.com

Pubber n° 4 - Gianluca Santini
Gianluca Santini è uno studente di Ingegneria con la passione per la lettura e la scrittura. Cura il blog Nella mente di Redrum, dove è possibile leggere recensioni di eBook, libri e film, trovare approfondimenti sulla scrittura e il cinema, classifiche e la presentazione degli eBook scritti dall'autore. Inoltre cura il tumblr-blog Di punto in bianco, in cui pubblica gli articoli di documentazione e ricerca dei suoi racconti, le anticipazioni dei suoi eBook e racconti brevi auto-conclusivi. Potete contattarlo alla mail santinigianluca[at]gmail.com

Pubber n° 5 - Gian de Steja
Gian de Steja, già conosciuto come Gian_74, è diplomato in ingegneria ambientale e lavora nel campo della termotecnica. Scrive poco ma legge tanto; il suo motto è: "tutti questi libri e solo una vita a disposizione". Gestisce il blog DioDisseKung che tratta un po' di tutto e molto niente.
Potete contattarlo alla mail gian_74[at]tiscali.it

Pubber n° 6 - Lunaestelle

Lunaestelle: dal nome si potrebbe pensare che abbia la testa fra le nuvole. In realtà ce l'ha spesso reclinata a leggere: infatti legge di tutto, anche le locandine pubblicitarie sulla metropolitana o i bugiardini delle medicine. Potete contattarla alla mail lilianafrancesca[at]yahoo.it
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